Domani è in calendario l'incontro fra Mr Prezzi e le aziende della distribuzione.

Ma intanto dal Garante per la sorveglianza dei prezzi Antonio Lirosi arriva una considerazione: "Esistono i presupposti e le condizioni per una riduzione del prezzo della pasta. Alcuni marchi e alcuni produttori locali hanno già avviato la riduzione dei prezzi, a riprova che è possibile andare in questa direzione".

È quanto ha commentato Lirosi a conclusione degli incontri con le principali industrie del settore, nel quadro dell'azione di controllo e contenimento del caro vita disposta dal Ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola.

Nel dossier sul prezzo della pasta, informa il Ministero, è possibile osservare l'accentuarsi dal 2007 a oggi del divario fra l'andamento dei prezzi di grano e semola e l'andamento dei prezzi della pasta di semola di grano duro, con un ulteriore allargamento della forbice nell'ultimo trimestre.

I produttori hanno confermato l'entità e la dinamica delle variazioni dei prezzi e hanno comunicato di aver operato, nell'ultimo anno, aumenti dei listini anche per consentire di "spalmare" su un tempo più lungo l'impatto del rialzo del costo delle materie prime che si è avuto fra l'estate 2007 e la primavera 2008.

I produttori, afferma una nota del MSE, hanno inoltre sottolineato che fra i fattori che influenzano le strategie commerciali c'è "la difficoltà connessa all'attuale fase di negoziazione per il rinnovo dei contratti con la grande distribuzione, dal cui esito dipenderà il prezzo della pasta nel 2009". Tema che sarà oggetto fra gli altri dell'incontro che il Garante terrà domani con le aziende della distribuzione.

"I consumatori - ha detto il Ministro Scajola - non possono attendere che si risolvano le trattative commerciali tra le singole industrie e le grandi catene distributive per poter beneficiare del calo delle quotazioni del grano. Auspico pertanto una immediata e serena conclusione dei negoziati in modo da consentire, anche in vista del periodo natalizio, una rapida estensione delle riduzioni del prezzo della pasta, anche con l'avvio di campagne promozionali".

 

"La famiglia è un problema morale prima che politico. C'è un impoverimento strutturale della nostra società che pesa sulle spalle delle famiglie più numerose. Entro dicembre ci impegniamo, come Governo, a portare a casa almeno il provvedimento sulla detrazione fiscale sui pannolini per l'infanzia". E' quanto ha dichiarato Andrea Ronchi, Ministro per le Politiche Europee durante la conferenza stampa, che si è tenuta oggi a Roma, in cui si è presentata la proposta di riduzione dell'Iva sui prodotti per l'infanzia.

Alcuni eurodeputati, tra cui Roberta Angelilli che ha preso parte alla conferenza di oggi, hanno firmato una petizione che sarà inviata al Presidente del Parlamento Ue, in cui si chiede un maggior coordinamento tra le politiche macroeconomiche e le politiche sociali, affinché la crescita e la produttività dell'Unione Europea rispondano alle sfide dell'invecchiamento demografico in atto nel nostro continente.

"Il Parlamento europeo ha sempre spinto verso l'adozione di politiche sociali, di contrasto alle nuove povertà - ha dichiarato Roberta Angelilli. "Le nuove povertà non sono solo un problema italiano e per questo a Bruxelles si aprirà un tavolo il 25 novembre per affrontare le emergenze di crescita zero e di invecchiamento demografico. In Italia - ha spiegato Angelilli - esiste un problema di cultura della maternità e della famiglia e anche gli immigrati, che sono abituati a fare 4 o 5 figli, quando arrivano in Italia ne fanno di meno".

Il Ministro Ronchi ha insistito sulla necessità di "imporre un'Europa sociale, di sussidiarietà e non solo un'Europa delle banche". L'appello lanciato oggi è quello di aprire un dibattito istituzionale a livello europeo, e soprattutto a livello italiano, visto che i dati fanno emergere quanto il nostro Paese sia indietro nelle politiche sociali, di aiuto alle famiglie.

Basti pensare che in Irlanda e nel Regno Unito si applica un'aliquota zero al vestiario ed alle calzature per bambini, mentre in Lussemburgo l'aliquota su questi prodotti è del 3%; Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca e Malta applicano un'Iva ridotta sui pannolini e la maggior parte degli Stati membri sono favorevoli ad introdurre vantaggi fiscali per il consumo dei prodotti per l'infanzia.

"Queste non sono politiche assistenziali, ma investimenti strategici per il futuro dei paesi che, tra qualche anno, dovranno sostenere, l'Italia soprattutto, il problema delle pensioni" ha spiegato Angelo De Santis, Presidente dell'Associazione Famiglie Numerose.

"Spero che l'introduzione di riduzioni fiscali sui pannolini sia soltanto un inizio e non un punto d'arrivo, visto che le spese per le coppie che hanno dei figli sono moltissime" ha detto De Santis. E infatti in Italia le famiglie non possono spendere meno di 400 euro all'anno per i pannolini e meno di mille euro all'anno per il latte.

Sul problema del latte ha illustrato il pesante quadro Grazia Passeri, Presidente dell'Associazione Salvabebè e Salvamamme. "Nonostante i Ministeri abbiamo fatto più volte pressione per l'abbassamento dei prezzi, in Italia ci sono dei tipi di latte, che sono quelli più conosciuti, che applicano il doppio del prezzo applicato dallo stesso gruppo industriale in altri paesi.

Ma c'è un problema ancora più grave - ha continuato Passeri - e cioè quello che negli ospedali si consigliano i tipi di latte più costosi e non si guarda neanche in faccia la mamma. Tra tutte le nazionalità che si rivolgono a noi, che sono 79, quella più numerosa è l'italiana. Questo significa che sono molte le mamme italiane che si trovano con le spalle al muro".

In Italia il 23% dei nuclei familiari con figli a carico è a rischio di povertà mentre la media europea è del 17%. Oggi l'Eurostat ha diffuso alcuni dati allarmanti sulle nuove povertà e sulla spesa sociale dell'Ue. Secondo l'ufficio europeo di statistiche l'Italia è tra gli ultimi paesi europei in termini di prestazioni sociali a favore delle famiglie e dei bambini: solo il 4,5% del totale delle prestazioni sociali vengono destinate a questo settore, contro una media europea dell'8%.

L'Irlanda registra la percentuale più alta che è del 14,7%. Le donne italiane hanno in media la prima gravidanza intorno ai 31 anni e l'instabilità economica è tra i motivi principali per cui si tende a costruire sempre più tardi il nucleo familiare.

Le associazioni che hanno partecipato alla conferenza stampa di oggi hanno chiesto al Ministro Ronchi di "sorvegliare su chi mangia sulla povertà" e il Ministro ha prontamente risposto che il Governo "ha messo a punto una task force per andare a controllare non solo le frodi ma tutte le situazioni di speculazione".

 

Nel 2009 la recessione sarà più pesante nel Sud Italia, che più delle altre aree pagherà il prezzo della crisi economica. Meno 0,6% la diminuzione del Pil prevista nel Mezzogiorno contro una media nazionale di meno 0,3%. L'economia rallenterà soprattutto in Basilica, Molise, Puglia e Calabria. E solo l'Emilia Romagna registrerà una debole crescita con un più 0,1% del Pil.

È quanto rilevano gli "Scenari di sviluppo delle economie locali italiane" elaborati dal Centro Studi di Unioncamere in collaborazione con Prometeia. Il rallentamento della crescita delle esportazioni nel 2009 sarà più accentuato nel Meridione, l'area dove i consumi delle famiglie conosceranno la diminuzione più sensibile.

Per Unioncamere la contrazione della spesa per consumi delle famiglie - previsti in flessione dello 0,3% sia per il 2008 che per il 2009 - è conseguenza degli aumenti dei prezzi delle materie prime, del deterioramento del clima di fiducia e delle condizioni di indebitamento. Ad eccezione di Lombardia e Umbria, la spesa per consumi delle famiglie dovrebbe diminuire ancora dello 0,3% in tutta Italia, con le flessioni più accentuate in tutto il Mezzogiorno (meno 0,6%) e specialmente in Molise e Campania (meno 0,7%), seguite da Puglia, Basilicata e Calabria (meno 0,6%).

L'aggravamento della crisi finanziaria internazionale ha portato a rivedere le prospettive di crescita dell'economia italiana: per il 2008 si prevede per l'Italia una contrazione del prodotto interno lordo pari a meno 0,2% e per il 2009 una flessione dello 0,3%.

"In tutte le regioni del Mezzogiorno l'andamento del Pil nel prossimo anno appare preceduto da un segno meno, compreso tra il meno 0,9% della Basilicata e il meno 0,3% della Sicilia - rileva Unioncamere - Nel Nord-Ovest (meno 0,3% la media della ripartizione) è la Liguria che preannuncia maggiori difficoltà (meno 0,4%), mentre Lombardia e Piemonte si allineano al dato medio nazionale (meno 0,3%). Al Centro (meno 0,2%) dovrebbero essere invece le Marche (meno 0,4%) la regione più penalizzata. Solo il Nord-Est (0,0%) fa sperare in una stabilità sostanziale, con l'Emilia Romagna unica regione a registrare una debole crescita (più 0,1% il Pil previsto nel 2009)".

E' atteso inoltre un aumento del tasso di disoccupazione, che a livello nazionale salirebbe dal 6,1% del 2007 al 6,8% del 2008 fino al 7,2% nel 2009, con una dinamica che peserà maggiormente nelle regioni meridionali.

"Il quadro è sicuramente difficile, soprattutto perché mostra che la crisi attuale si abbatterà con maggior violenza sulle regioni economicamente più deboli del Paese - ha commentato il presidente di Unioncamere, Andrea Mondello - Tuttavia il nostro sistema produttivo è fondamentalmente sano e sta già lavorando per reagire alla congiuntura negativa. Questo mi fa guardare al futuro con l'ottimismo della ragione". Per Mondello la priorità è dunque "assicurare l'accesso al credito delle imprese" che altrimenti rischiano di non riuscire ad agganciare la ripresa.

"Serve un rilancio del Mezzogiorno altrimenti la crescita sarà difficile in tutta l'Italia": questo il commento del presidente nazionale della Confederazione Italiana Esercenti Commercianti (Cidec) Agostino Goldin. "Infrastrutturazione, servizi e legalità sono le tre priorità per il Mezzogiorno - commenta Goldin - la sicurezza del territorio è un problema centrale insieme alla disoccupazione giovanile. Su questo la Cidec ha un impegno continuo. E poi la burocrazia: gli imprenditori lamentano una pubblica amministrazione asfissiante. Occorre perciò uno snellimento delle procedure burocratiche e l'ottimizzazione dell'impiego delle risorse sul territorio". Per la Confederazione sono necessari la stabilizzazione del credito d'imposta, l'attivazione della fiscalità di vantaggio nel Mezzogiorno e la capacità di investire al meglio le risorse che arrivano sul territorio.

C'è un "differenziale strutturale" fra i prezzi medi italiani dei carburanti e quelli europei. Bisogna dunque interrogarsi "sul perchè siamo costretti a pagare stabilmente prezzi alla pompa della benzina e del gasolio più cari di queli francesi o tedeschi di 3, 4 o 5 centesimi di euro".

È quanto ha detto oggi il presidente dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato Antonio Catricalà, in audizione alla Commissione Industria del Senato sulla dinamica dei prezzi all'interno della filiera petrolifera e sulle ricadute in termini di prezzi dell'energia elettrica e del gas.

Nella filiera dei prodotti petroliferi, ha detto l'Antitrust, "l'impressione generalmente percepita dall'opinione pubblica nazionale è che le società petrolifere abbiano adeguato i propri prezzi finali in maniera rapida e completa rispetto alle variazioni verso l'alto delle quotazioni Platt's durante i periodi di crescita del barile, mentre abbiano ribaltato con un certoritardo ed in misura non perfetta le variazioni verso il basso. Da questa sensazione deriva una periodica accusa alle società petrolifere di scarsa concorrenza nelle fasi di discesa delle quotazioni internazionali".

Per Catricalà "innegabili fenomeni di inerzia verso il basso dei prezzi dei prodotti petroliferi si riscontrano in quasi tutti i paesi". "Ma assume maggiore importanza e preoccupa molto di più, in una prospettiva concorrenziale, il permanere - ha aggiunto - di un differenziale strutturale tra i prezzi medi italiani dei carburanti e quelli medi europei". Di conseguenza, oltre a interrogarsi sul tasso di adeguamento del prezzo italiano alle variazioni internazionali, per l'Antitrust "dovremmo interrogarci sul perchè siamo costretti a pagare stabilmente prezzi alla pompa della benzina e del gasolio più cari di quelli francesi o tedeschi di 3, 4 o 5 centesimi di euro".

L'Antitrust ha ricordato in audizione l'impegno dell'Eni a praticare per il triennio 2008-2011 su almeno 3mila impianti che erogano in modalità Iperself prezzi alla pompa in media pari ai prezzi europei, con prezzi Iperself che siano almeno 5 centesimi inferiori rispetto al "servito".

Se Eni ottempera a questi impegni, ha spiegato Catricalà, "i consumatori italiani possono già da ora, qualora prescelgano una modalità self service di acquisto, pagare la benzina ed il gasolio allo stesso prezzo medio dei Paesi" che hanno reti distributive più efficienti di quella italiana.

La chiave di volta è rappresentata dalla concorrenza.

Spiega Catricalà che "nel contesto oligopolistico che caratterizza attualmente il mercato della distribuzione di carburanti in rete italiano - con otto società verticalmente integrate nelle fasi della logistica e della raffinazione che si dividono il mercato - gli stimoli per politiche di riduzione dei margini lordi lucrati sulla vendita della benzina e del gasolio sarebbero sicuramente rafforzati in presenza di una concreta minaccia concorrenziale rappresentata dall'ingresso sul mercato di competitors nuovi ed aggressivi non verticalmente integrati. Si pensi, come esempio, agli operatori della Grande Distribuzione Organizzata, interessati a forme di vendita che utilizzano estesamente la modalità self service e a costi contenuti".

Di conseguenza "è la concorrrenza effettiva e potenziale esercitata dalla minaccia di entrata su larga scala di nuovi operatori aggressivi la chiave, nel medio periodo, per costringere le società petrolifere a attivare un processo virtuoso di ristrutturazione della rete: incremento del self service, abbattimento dei costi commerciali, riduzione strutturale dei prezzi alla pompa".

Catricalà si è inoltre soffermato sulle ricadute degli aumenti delle materie prime energetiche sui prezzi dell'energia elettrica e del gas e sulle nuove proposte tariffarie concorrenziali. Per Catricalà "è necessario che i mercati della vendita al dettaglio di energia elettrica e gas divengano più concorrenziali di quanto non lo siano ora". E dunque "cambiare fornitore di energia elettrica e di gas deve diventare un'operazione facile sia per il consumatore finale, in termini di minor costo di ricerca e di confrontabilità delle varie opportunità, sia per i venditori, in termine di accessibilità alle informazioni necessarie e minore burocrazia connessa all'acquisizione di un nuovo cliente. Solo così sarà possibile abbassare i costi commerciali e rafforzare il processo di discesa dei prezzi nel regime di libero mercato".

 

Racconta il tuo caso di consumo in Italia o in un altro paese europeo: aneddoti e storie di diritti lesi, oppure di diritti affermati e fatti valere, situazioni curiose o paradossali, esperienze positive e negative legate all'acquisto e all'uso di beni e servizi e ai diritti dei consumatori in Europa. Il Centro Europeo Consumatori ECC-Net Italia lancia un concorso a premi per le scuole secondarie inferiori e superiori.

I partecipanti potranno utilizzare qualsiasi forma espressiva elettronica o cartacea: e-mail, SMS ed MMS, videoclip, presentazione PPT, fotografie o disegni, vignette, brevi storie in prosa o poesie, pagine htm, animazioni di flash... insomma quello che si presta meglio al caso.

I lavori saranno tutti pubblicati sul sito Web del Centro Europeo Consumatori www.ecc-netitalia.it e i tre contributi più originali saranno premiati con una breve cerimonia a Roma (viaggio spesato per i tre vincitori ed un accompagnatore ciascuno). Il premio consisterà in una strenna natalizia (tradizionale cesto con dolci e doni, incluso un lettore MP3) ed un set di pubblicazioni sul tema del consumo in Europa e della cittadinanza europea.

I contributi dovranno pervenire entro il 10 dicembre 2008 alla sede centrale ECC-Net Italia in Via G. M. Lancisi n. 31 - 00161 Roma, o all'indirizzo e-mail Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo..


 

Rispetto al 2007 gli acquisti su internet sono cresciuti del 21% e il fatturato di quest'anno dovrebbe essere di 7 miliardi di euro (oltre l'1% del totale delle vendite al dettaglio), se si contano anche gli acquisti fatti dagli italiani da siti esteri. Ma il commercio elettronico italiano ha ancora un grosso potenziale inespresso: sono, infatti, 18 milioni gli italiani che usano il web per ricercare informazioni su prodotti e servizi (il cosiddetto "info-commerce"), e, per ora, solo un terzo di questi (6 milioni di italiani) completano la propria transazione online.

Il comparto con il tasso di crescita più elevato è l'abbigliamento che registra un +43%, seguito dal turismo (+28%) e dall'editoria, musica ed audiovisivi (+20%), mentre tutti gli altri comparti faranno registrare tassi di crescita inferiori alla media del mercato. Il settore dell'abbigliamento presenta alcune interessanti novità, con modelli di business innovativi e l'ingresso di alcune grandi "griffe" del Made in Italy che hanno aperto negozi on line.

Sono alcuni dati della Ricerca dell'Osservatorio eCommerce B2c Netcomm - School of Management del Politecnico di Milano, presentata oggi in occasione del Convegno "L'eCommerce B2c in Italia: una crescita che sfida la crisi" che si è svolto presso l'Aula Rogers del Politecnico di Milano.

L'analisi è basata su oltre 200 casi di studio e fornisce una fotografia completa del mercato italiano dell'eCommerce B2c nel 2008; in più, nello studio di quest'anno ci sono due ulteriori approfondimenti: una lettura dell'e-commerce in una prospettiva multicanale e una valutazione critica della user experience dei siti di e-commerce italiani.

Sebbene il mercato italiano del commercio elettronico sia in continua crescita, resta l'ampio divario con i Paesi industrializzati: in termini di valore assoluto dell'e-commerce l'Italia è un decimo della Gran Bretagna e un terzo della Francia. Alcune delle cause sono: i limiti strutturali dell'Italia (penetrazione di Internet e della banda larga, costi della logistica distributiva), le attitudini degli Italiani, che conservano una forte diffidenza verso l'utilizzo della carta di credito online e una scarsa propensione all'acquisto a distanza; l'oggettiva difficoltà nel vendere online alcune tipologie di prodotti.

Ma il motivo principale, che non può essere nascosto, è la presenza di significativi "buchi" nell'offerta, specialmente in talune categorie merceologiche: abbigliamento, prodotti per la casa, auto e accessori, vino e gastronomia. Inoltre si fatica a sfruttare sapientemente la multicanalità, in particolare tra canale online e canali fisici "tradizionali".

"Sembra che in Italia sia in atto un circolo vizioso difficile da scardinare - ha spiegato Alessandro Perego, Responsabile Scientifico dell'Osservatorio eCommerce B2c di Netcomm. "Vi sono pochi web shopper in quanto l'offerta online è deficitaria e nel contempo gli operatori del commercio più affermati sono restii ad andare online perché ritengono la domanda ancora immatura e numericamente non significativa. Come scardinare questo circolo vizioso ed attivare invece quel circolo virtuoso per cui l'offerta attira la domanda e la domanda attira l'offerta?"

Secono Perego "è decisivo che la distribuzione moderna giochi seriamente la partita del commercio elettronico. Senza distribuzione moderna, come l'esperienza all'estero testimonia inequivocabilmente, non si colgono almeno due obiettivi primari: la crescita di fiducia del consumatore verso lo strumento dell'e-commerce, che può essere enormemente rafforzata dalla presenza online delle insegne e dei marchi di riferimento, e la capacità di sfruttare le sinergie tra il canale fisico ed il canale online. I consumatori - ha dichiarato Perego - sarebbero i primi a sentire gli effetti positivi della discesa in campo della distribuzione moderna, ma tali effetti si estenderebbero di riflesso sulla crescita complessiva del mercato a beneficio di tutti gli operatori.

In secondo luogo - ha concluso il Responsabile dell'Osservatorio - per tutte le categorie merceologiche più tipiche del Made in Italy - dal turismo al fashion, dalla gastronomia all'arredamento - occorre puntare sui consumatori stranieri che del circolo virtuoso dell'eCommerce sono già protagonisti. Non è un caso che i comparti con i più alti tassi di crescita in questi ultimi anni siano proprio i comparti del Turismo e dell'Abbigliamento che hanno una significativa componente di vendite fuori dall'Italia."

LINK: Scarica il Rapporto (PDF)

"In una recente pagina pubblicitaria sotto forma di "lettera aperta", Coop prospetta il tema straordinariamente complesso e critico dei prezzi in una chiave semplicistica e prettamente demagogica, che occulta le dinamiche reali del mercato". Mentre "nessun produttore può permettersi di aumentare i propri listini se non assolutamente costretto e nella misura minima indispensabile". È quanto scrive Centromarca, l'associazione italiana dell'industria di marca, in risposta alla lettera pubblicata sabato sui giornali italiani dalla Coop (leggi la lettera sul sito della Coop).

Nella lettera la Coop scriveva che le industrie non hanno abbassato i prezzi nonostante la discesa del prezzo delle materie prime: "In molti settori, soprattutto ad opera delle industrie multinazionali, ci troviamo invece di fronte a richieste di aumenti, dal 4% fino all'8%, su prodotti importanti per la spesa delle famiglie italiane. Richieste ingiustificate e incompatibili con la necessità di contenere i prezzi e favorire i consumi in un momento di grave crisi; si corre il rischio, dopo l'ondata di crescita dei prezzi di inizio 2008, di una ulteriore crescita dell'inflazione nel 2009. Per questo Coop non accetterà richieste ingiustificate di aumento dei prezzi. Lo diciamo apertamente e pubblicamente".

Risponde Centromarca: "Nessun produttore - con mercati stagnanti, potere d'acquisto calante e competizione feroce - può permettersi di aumentare i propri listini se non assolutamente costretto e nella misura minima indispensabile".

"D'altra parte - continua Centromarca - la fissazione dei prezzi di cessione è un momento cruciale dell'esercizio di impresa e dei rischi connessi, massimizzati oggi da un contesto drammatico in cui la tenuta delle imprese non è certo meno importante dei prezzi dei loro prodotti: consumatori e lavoratori sono le stesse persone".

L'associazione ribadisce dunque che "l'industria di marca è tale grazie alla reputazione costruita con il rigore, la passione e la fatica di intere generazioni".

Intanto, dopo la pubblicazione della lettera, il Codacons ha deciso di inviare un esposto alla magistratura affinchè vengano aperte indagini sui prezzi al dettaglio in tutta Italia. "Se è vero quanto denunciato da Coop - ha detto il presidente Codacons Carlo Rienzi - ossia una evidente incongruenza tra andamento dei costi produttivi e andamento dei listini nel settore alimentare, allora siamo di fronte ad un illecito che danneggia la moltitudine di cittadini che ogni giorno va a fare la spesa. Chiediamo alla Procura della Repubblica di Roma di analizzare e approfondire la denuncia di Coop, aprendo delle indagini per aggiotaggio, contro i responsabili dell'incremento ingiustificato dei prezzi al dettaglio''.

Pagare le rate di mutui e prestiti crea difficoltà anche serie all'84% degli italiani tanto che per il prossimo anno un'ampia maggioranza di intervistati - il 64% - esclude categoricamente di accendere nuovi mutui e solo l'8% si dice pronto a farne di nuovi. Sono alcuni dei risultati di un sondaggio Confesercenti-Swg.

Ma la rinuncia a rate, prestiti e mutui - si legge nel comunicato stampa - è già stata forte: solo quest'anno c'è un 50% che ha girato alla larga da queste forme di indebitamento. "Non c'è dubbio che il Governo deve intervenire subito - sostiene Marco Venturi Presidente della Confesercenti - imponendo alle banche di tagliare gli interessi per evitare il concreto rischio usura e, se è utile, allungare i tempi. Ormai c'è un vero e proprio allarme mutui e credito.

"Secondo il sondaggio Confesercenti-Swg ogni mese in media escono dai bilanci familiari 478 euro, ma per il 23% degli intervistati la spesa si colloca fra i 500 e i 1000 euro. E c'è infine anche un 10% che spende fra i 1000 e i 2000 euro. Ma quante volte ricorrono gli italiani a varie forme di prestito? Fino ad oggi in media circa tre volte negli ultimi tre anni. Anche se c'è un 7% che vi è ricorso più di 5 volte. Le motivazioni più gettonate sono due: il 57% degli intervistati intendeva ridurre l'impatto del pagamento, un altro 41% non possedeva l'intera cifra.

La "regina" dei desideri per i quali si ricorre ai prestiti è la casa (ristrutturazioni o acquisto di prima o seconda casa) segue l'auto elettrodomestici e mobili, computer e altri prodotti tecnologici. Ma c'è anche un 6% che si indebita per cerimonie e un 2% per regalare o regalarsi un gioiello.

Per poter sostenere le spese mensili fisse le famiglie riorganizzano i bilanci e tagliano in primo luogo le risorse per le vacanze (lo fa un 21%). Subito dopo a rimetterci è il tempo libero su cui si abbatte il taglio di un altro 20% del campione. Notevole anche la rinuncia a comprare nuovi capi di abbigliamento o scarpe con un altro 17% di intervistati. E si arriva ad un 9% che usa le "forbici" per rifilare tutte le voci del proprio bilancio.

Fino ad oggi i risparmiatori italiani intervistati ritengono di aver perso quasi il 17% in termini di rendimento dei propri investimenti fatti. Ma la maggioranza delle "formiche" italiane ha suddiviso i suoi risparmi in conti correnti (22%), in fondi ( 17%), in Bot ed altri titoli di Stato (15%). Solo un 10% si è indirizzato verso le azioni, mentre un 2% ha riscoperto il ... materasso e tiene i soldi in casa. Questo 2% è destinato a salire di un punto nei prossimi mesi che saranno dominati - stando alle risposte date al sondaggio - dalla preferenza dei risparmiatori verso i titoli di Stato.

Poi vengono gli immobili e i conti correnti bancari. Solo un altro 2% si farà abbagliare dal colore dell'oro. Ma la prudenza degli investitori emerge anche da un'altra percentuale: quella di chi non modificherà i propri investimenti e che si aggira attorno all'11%.

L'economia perde colpi e i consumi calano, ma qual è la percezione dei prezzi dei consumatori italiani? A questa domanda tenta di dare una risposta una ricerca effettuata da GFK Panel Services su un campione di 1.000 famiglie rappresentative dell'universo dei consumatori italiani.

Secondo i risultati della ricerca, oltre l'83% degli intervistati da Gfk Panel Services ha osservato un incremento consistente e inesorabile dei prezzi. Tra le categorie di beni maggiormente colpite dalla crescita dei prezzi si trovano i carburanti, le bollette di luce e gas, il comparto alimentare e in particolare prodotti di base come il pane, la pasta, il riso, la frutta e verdura, il pesce e il latte. A questa categoria si aggiungono poi le spese relative alla casa (affitti, ristrutturazioni, interventi di manutenzione...).

Per tentare di combattere l'inarrestabile caro-vita, oltre il 52% degli intervistati dichiara di cambiare spesso punto vendita nel tentativo di individuare il più conveniente e il 58,9% ammette di acquistare sempre più spesso prodotti no logo, proprio per evitare di pagare un surplus di prezzo per un prodotto di marca.

Significativa la percentuale di persone che ultimamente cercano di ridurre il consumo di prodotti superflui: oltre l'82% dichiara infatti di aver tagliato l'acquisto di prodotti non strettamente necessari. Il 70,5% delle famiglie, inoltre, dichiara di prestare molta attenzione ai prezzi.

Solo il 33,3% degli intervistati dichiara che non ridurrà alcun consumo, mentre un 33,1% ridurrà il consumo di bevande analcoliche e il 34,3% ridurrà il consumo di merendine.

"L'indagine nasce con lo scopo di indagare il sentimento generale degli italiani verso i consumi in una situazione storico-economica particolare per il nostro Paese - spiega Marco Pellizzoni, Key account manager di GFK e autore della ricerca - In questo periodo di recessione, l'analisi ha confermato una preoccupazione diffusa e un'attenzione alla spesa particolare che ha portato il consumatore ad avvicinarsi ancor più al mondo del discount, delle marche private e del risparmio attraverso la ricerca delle promozioni."

Il mondo è in deficit ecologico. Servirebbe un altro pianeta nel 2035 per mantenere lo stile di vita attuale. E l'Italia è quarta al mondo per consumo di acqua. È quanto denuncia il Living Planet Report 2008 del WWF.
 
"Recessione ecologica". L'umanità è in debito ecologico nei confronti del pianeta Terra: consuma un terzo in più di quanto questo possa sostenere tanto che, al ritmo attuale, nel 2035 servirebbe un altro pianeta tutto intero per mantenere gli stessi stili di vita. E dal 1970 a oggi si è perso il 30% di biodiversità.

E l'Italia? Non brilla se si piazza 24ma al mondo nella classifica dei paesi con maggiore Impronta ecologica e quarta per Impronta idrica. Il Bel Paese è insomma il quarto paese al mondo consumatore di acqua. Questa la fotografia scattata dal WWF nel Living Planet Report 2008, la pubblicazione che restituisce lo stato di salute del pianeta attraverso i risultati di indicatori quali l'Indice del pianeta vivente, l'Impronta ecologica e, per la prima volta nell'edizione di quest'anno, l'Impronta idrica.

Non è solo tempo di crisi economica ma è tempo di "recessione ecologica". La domanda di capitale naturale mondiale provocata dalle attività umane è infatti superiore di un terzo rispetto a quanto il pianeta può sostenere, denuncia il WWF, e questo provoca un "debito ecologico". Praticamente c'è uno spicchio di Terra, pari a un terzo, che l'umanità consuma ma che non si è ancora rigenerato. Oltre i tre quarti della popolazione - afferma il Report prodotto dal WWF insieme alla Società Zoologica di Londra e al Global Footprint Network - vive in Paesi debitori in termini ecologici, nei quali i consumi nazionali hanno superato la capacità biologica nazionale.

L'Impronta ecologica misura la domanda dell'umanità sulla biosfera in termini di superficie di terra e mare produttiva dal punto di vista biologico, necessaria alla produzione delle risorse che le persone usano e all'assorbimento dei materiali di rifiuti che generano. L'analisi dell'Impronta ecologica - rileva il Report del WWF, giunto alla VII edizione - mostra come la biocapacità globale (l'area necessaria a produrre le risorse primarie per i nostri consumi e a "catturare" le nostre emissioni di gas serra) è di circa 2,1 ettari globali procapite mentre l'Impronta ecologica sale a 2,7 ettari globali procapite, con un deficit procapite di 0,6 ettari.

Ci sono naturalmente differenze nazionali. Le Impronte ecologiche nazionali più estese sono di Stati Uniti e Cina, che consumano ognuno il 21% circa di biocapacità globale. Diverso è il livello procapite, per il quale gli Stati Uniti si confermano i maggiori divoratori del pianeta con una media di 9,4 ettari globali. Che significa? Che ogni americano vive con le risorse di quattro pianeti e mezzo, spiega il WWF. L'Italia è 24ma e presenta un'impronta di 4,8 ettari globali procapite e una biocapacità di 1,2 ettari globali procapite. È quindi in deficit ecologico per 3,5 ettari globali procapite.

"Il mondo - ha detto James Leape, direttore del WWF Internazionale - sta vivendo l'incubo di una recessione economica per aver sovrastimato le risorse finanziarie a disposizione ma una crisi ancor più grave è alle porte, ovvero l'erosione del debito ecologico causato dall'aver sottovalutato l'importanza delle risorse ambientali come base del benessere di ogni società. Se la nostra pressione sulla Terra continuerà a crescere ai ritmi attuali, intorno al 2035 potremmo avere bisogno di un altro pianeta per mantenere gli stessi stili di vita". "In un momento di crisi economica - ha detto Michele Candotti, direttore generale WWF Italia - il primo capitale dove si va a raschiare è quello naturale".

Il Report segnala inoltre la perdita di biodiversità nel corso del tempo. Attraverso l'Indice del Pianeta vivente si registra infatti come, dal 1970 a oggi, si sia perso circa il 30% di biodiversità nel mondo. Sono i risultati di un'analisi su circa 5mila popolazioni di 1.686 specie di animali vertebrati.

Altro tema è il consumo di acqua, risorsa scarsa. Per produrre una maglietta di cotone servono 2.900 litri di acqua, 15.500 per un kg di carne di manzo e 1.500 litri per un kg di zucchero di canna. Novità del Report 2008 è l'Impronta idrica del paese, rappresentata dal volume totale di risorse idriche utilizzate per produrre beni e servizi consumati dagli abitanti di quella stessa nazione. A sua volta, questa si divide in impronta idrica interna (l'acqua necessaria per produrre beni e servizi prodotti e consumati all'interno del paese) e impronta idrica esterna (che deriva dal consumo delle merci importate). L'Italia in classifica si piazza fra i principali consumatori di acqua al mondo, al 4° posto, preceduta solo da Stati Uniti, Grecia e Malesia e con un'Impronta idrica quasi spacca a metà fra interna ed esterna.

 
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"Le stazioni sono dei non luoghi, ma sono decisive per l'immagine delle città perché rappresentano le porte d'accesso e devono essere spazi socialmente qualificanti". Così il sindaco di Roma Gianni Alemanno ha salutato stamattina, presso Palazzo Valentini a Roma, la "Carta europea per lo sviluppo di iniziative sociali nelle stazioni", firmata in primis da Ferrovie dello Stato, e da altre tre imprese di trasporto europee: la SNCF francese, la B Holding belga e la CLF lussemburghese. Il fine di questa Carta è appunto quello di promuovere azioni di solidarietà nelle stazioni ferroviarie, grandi e piccole, per garantire una maggiore sicurezza ai cittadini.

"Quest'iniziativa parte dal principio di solidarietà sociale, che deve essere una delle principali responsabilità di un'azienda - ha dichiarato Alemanno - soprattutto le aziende che hanno una funzione pubblica, come quelle dei trasporti, devono dare l'esempio e sprigionare, dal proprio interno, azioni come queste, collocandole dentro il proprio processo industriale". Secondo il sindaco di Roma, dunque, la firma di questa Carta è proprio un simbolo di questa responsabilità sociale dell'azienda ed è importante che rappresenti un intervanto concreto e condiviso a livello europeo.

Anche il Presidente della Provincia di Roma, Nicola Zingaretti, è soddisfatto di quest'iniziativa di cui Ferrovie dello Stato è la capofila. "Il tema della solidarietà accompagnata dalla sicurezza, promosso da Ferrovie dello Stato, è tutt'uno con la nostra politica - ha spiegato Zingaretti. "Le società europee non sono mai state così insicure, poiché è forte la percezione della paura verso un futuro incerto. Per competere meglio le nostre società hanno bisogno di una grande coesione sociale e questa battaglia va combattuta su più piani. Le stazioni sono luoghi della socialità - ha concluso il Presidente della Provincia di Roma - da sempre importanti nella costruzione del tessuto sociale delle città e per questo noi siamo pronti a investire sulla loro sicurezza".

L'Amministratore delegato del Gruppo Ferrovie dello Stato, Mauro Moretti ha presentato questa Carta come una dimostrazione concreta della responsabilità sociale di un'azienda. "Da un po' di tempo le stazioni - ha dichiarato Moretti - sono state emarginate dall'attenzione dei servizi e noi stiamo cercando di recuperarle, rendendole degli spazi normali in cui il cittadino si senta tranquillo. Si potrebbe addirittura prevedere degli asili nido nelle stazioni, per aiutare le giovani coppie. Ma tutte queste iniziative - ha concluso Moretti - le stiamo facendo in collaborazione con le autorità locali e le forze dell'ordine".

La Carta firmata oggi è un documento di condivisione di valori sociali e le imprese firmatarie si sono impegnate a considerarla la base di ispirazioni delle loro iniziative, nel rispetto dei progetti autonomamente elaborati dalle rispettive aziende. Queste si incontreranno periodicamente per condividere le problematiche dell'emarginazione sociale e scambiarsi informazioni ed esperienze.

Questi alcuni degli impegni condivisi:

  • programmare interventi sociali nelle aree urbane e ferroviarie, coinvolgendo le istituzioni pubbliche, le associazioni, la società civile e le forze di pubblica sicurezza;
  • monitorare l'evoluzione del disagio sociale attraverso analisi e ricerche, condividendone i risultati;
  • prevedere percorsi formativi per sensibilizzare il personale ferroviario alla gestione del disagio sociale;
  • strutturare un apposito sito web che permetta la conoscenza, diffusione e valorizzazione delle iniziative sociali attuate.
  • Il Gruppo Ferrovie dello Stato è impegnato sul fronte della sicurezza e rivalutazione delle stazioni fin dal 2002, quando, in collaborazione con gli enti locali, le associazioni di volontariato e del Terzo Settore, ha istituito gli Help Center, centri di prima accoglienza e orientamento presenti nelle principali stazioni d'Italia.

L'Help Center si trova al centro di vari soggetti, le ferrovie e le autorità locali da una parte, i servizi e i cittadini dall'altra, e svolge un importante ruolo di collegamento. Oggi sono 11 gli Help Center attivi in tutta Italia ed è stato allestito un grande database per lo scambio delle informazioni; un altro obiettivo prioritario di questi centri è quello di diffondere anche un'uniformità di linguaggio, per far comprendere al cittadino "normale" chi è veramente quel bisognoso che spesso incontra in stazione, spiegando la differenza tra un barbone, un "senza fissa dimora" eccetera.

La rete in cui si muovono gli Help Center è quella dell'Osservatorio nazionale sul disagio e la solidarietà, nato in collaborazione con l'ANCI, l'Associazione Nazionale Comuni Italiani. L'Osservatorio ogni semestre pubblica un Rapporto con alcuni numeri significativi sul lavoro svolto. A settembre 2008 è risultato che la media giornaliera dei contatti degli Help Center è di 258, 48 dei quali sono nuove identificazioni, la maggior parte sono uomini e stranieri.
 

Il confine tra legale e illegale nell'agricoltura italiana è spesso ambiguo. E non solo nel campo della sicurezza alimentare: mafia, frodi fiscali, abigeato sono alcuni dei problemi che affliggono il settore. Questa la fotografia dell'agroalimentare italiano scattata dal Primo Rapporto sulla legalità e la sicurezza in agricoltura nell'era della globalizzazione, ricerca che la Fondazione Cloe ha presentato oggi a Roma.

Due le sezioni del rapporto: sicurezza e qualità dell'agroalimentare e criminalità, illegalità e fattori di rischio in agricoltura. Per quanto riguarda la prima parte Francesco Baldarelli, segretario generale della Fondazione ha detto: "Il sistema italiano è un riferimento non solo per l'economia del Paese ma anche per la qualità e l'identità del nostro cibo. La legislazione europea e in particolare quella italiana contengono norme estremamente vincolanti per far sì che sulla nostra tavola giunga solo cibo sano e sicuro. Sul processo di rintracciabilità manca però la trasparenza soprattutto perché non è di facile accesso per i consumatori".

Non solo maggiore trasparenza in tema di rintracciabilità ma anche un modello normativo più organico in tutta la materia della sicurezza alimentare. Il rapporto effettua infatti una ricognizione della normativa regionale di recepimento delle direttive europee e dei principali progetti di tracciabilità a livello regionale. Quello che emerge è un quadro normativo frammentato e disorganico. C'è il rischio - si legge nella ricerca - che l'organicità e la congruenza delle linee-giuda Ue possano incrinarsi dal momento che le diverse regioni si muovono liberalmente nella pianificazione e nell'applicazione delle direttive e dei regolamenti Ue.

"Un altro limite - ha proseguito Baldarelli - è rappresentato dalla presenza di una molteplicità di soggetti istituzionali non perfettamente coordinati tra di loro per cui in futuro occorrerà indirizzare ogni sforzo per semplificare e razionalizzare il modello nazionale di sicurezza alimentare".

La seconda parte del rapporto è invece dedicata al ruolo della criminalità nel settore agroalimentare, un comparto che "oggi ricopre - ha commentato Massimo D'Alema, presidente della Fondazione Italianieuropei - un ruolo cruciale dell'economia del nostro paese. Basti pensare alla enorme crescita del fabbisogno mondiale e all'aumento della richiesta di qualità. Non è un caso che la criminalità si interessi a questo settore".

Un interesse che tradotto in cifre è rappresentato dai 2,4 miliardi di euro del volume di affari delle macellazioni abusive o dai 3mila euro per ogni capo di bestiame rubato. Secondo il rapporto, solo nel 2006 i furti di animali da allevamento in Italia sono aumentati del 20% rispetto all'anno precedente. In Sardegna la percentuale è arrivata al 33,4%.

I fenomeni di illegalità sono quindi sempre più diffusi e pervasivi: dal mercato del lavoro al controllo di quello ortofrutticolo e florovivaistico, ai segmenti della catena produttiva, commerciale e logistica. Ammontano a oltre 2.600 le presone denunciate e a 419 le aziende sequestrate dalla magistratura e dalle forze di polizia nel biennio 2005-2006. Come ha spiegato il presidente della Fondazione Cloe, Marco Minniti " si sono verificati casi in cui anche grosse catene distributive e titolari di marchi noti hanno operato sotto il controllo di organizzazioni mafiose attraverso l'uso di prestanome e la copertura di insospettabili imprenditori. Il controllo della distribuzione avviene sia attraverso la richiesta del pizzo, sia imponendo alle imprese commerciali la vendita e la collocazione sugli scaffali di determinati prodotti oppure l'assunzione di manodopera. E quando l'attività di impresa entra in crisi scattano le modalità usuraie".

Altro dramma dell'agricoltura italiana è quello del lavoro nero o non regolare. Secondo l'Istat nel 2005 il tasso di irregolarità in agricoltura è pari al 22,2%, un dato in crescita rispetto al 2004 (19,9%), al 2003 (18,3%) e al 2001 (20,9%). Si tratta di un problema che affligge soprattutto il Mezzogiorno dove il 25,3% delle unità di lavoro sono irregolari.

Al lavoro nero si affianca il fenomeno degli infortuni in agricoltura. Secondo il rapporto nel periodo 2001-2007 sono stati 481.394 gli incidenti di cui 999 mortali (fonte Inail-Istat). L'indice di incidenza degli infortuni nel 2007 è pari a 61,9 in agricoltura, al 57,5 per quanto riguarda l'industria e 29,6 per i servizi.

"Il fenomeno criminale in agricoltura - ha concluso Minniti- sembra rappresentatre la metafora più efficace del dispiegarsi della vocazione totalitaria di 'ndrangheta, mafia e camorra. La mafia tende a monopolizzare il mercato alimentare fissando prezzi e quantità; compromette l'integrità del territorio con lo smaltimento dei rifiuti; è responsabile di adulterazioni e sofisticazioni alimentari. Non solo: la mafia arriva anche ad imporre gusti e scelte ai consumatori. Molti affari conclusi nell'Europa dell'Est da alcuni boss mafiosi hanno inciso sulle abitudini alimentari degli italiani. Si pensi al caso di alcune varietà d'uva coltivate nell'est europeo e importate in Italia dalla mafia e che oggi sono tra le più diffuse in Sicilia e Puglia".

 

Da oggi i consumatori europei avranno a disposizione un Forum per l'energia, in cui i cittadini affronteranno i problemi che incontrano nel mercato energetico dell'Ue e potranno proporre soluzioni concrete per far sì che i diritti dei consumatori su scala europea siano rispettati.

Il Forum, inaugurato oggi dal Commissario Ue alla Tutela dei Consumatori, Meglena Kuneva e dal Commissario Ue all'Energia Andris Piebalgs, ha anche l'intento di fornire ai cittadini informazioni chiare e dirette sulle scelte che si prospettano loro quando devono acquistare le forniture di gas e di elettricità e punta ad assicurare più efficaci mercati al dettaglio dell'elettricità e del gas.

"I prezzi elevati dell'energia costituiscono una delle grandi preoccupazioni per i cittadini europei - ha ricordato Kuneva - Abbiamo bisogno di uno sforzo su scala europea per elevare gli standard su tutta una serie di questioni che vanno da bollette più chiare a contatori intelligenti e al cambio dei fornitori per far sì che i consumatori abbiano una scelta effettiva, possano ridurre i consumi e fare i loro acquisti energetici in modo economico. Dobbiamo sorvegliare attentamente il mercato dell'energia per poter intervenire nel caso di eventuali abusi. E dobbiamo porre - ha concluso Meglena Kuneva - in primo piano nella nostra agenda politica la protezione dei consumatori vulnerabili poiché ci aspetta un inverno duro".

La Commissione Ue ha calcolato che, con scelte intelligenti, una famiglia media può risparmiare ogni anno 1000 euro o più di bollette del gas e dell'elettricità. L'impatto di tali scelte è tanto più importante considerato che circa il 40% dell'energia nell'Ue è utilizzata negli edifici, comprese le nostre case e le nostre aziende. Anche la riduzione delle emissioni di carbonio che ne deriverebbe rappresenterebbe un risultato positivo.

"Considerato l'aumento dei costi dell'energia e gli eventi registrati di recente sui mercati finanziari mondiali - ha dichiarato Piebalgs - è essenziale operare in stretta collaborazione per proteggere gli interessi dei consumatori e produrre risultati effettivi in modo da fare la differenza per i nostri cittadini. L'inclusione, per la prima volta, di rappresentanti dei consumatori in un simile forum introdurrà una nuova dinamica e fornirà un utile strumento per dar voce ai consumatori sul mercato dell'energia" ha ribadito il Commissario Ue all'Energia.

L'idea del Forum è stata proposta nell'ambito di un'iniziativa della Commissione Ue, il 3° pacchetto legislativo sul mercato interno dell'energia, ed ha conferito a questo un nuovo potere: gli Stati membri riferiranno anche al Forum in relazione alle loro attività di monitoraggio dei prezzi alle famiglie, dei tassi di cambio di fornitore o dei reclami.

Questi sono alcuni dei soggetti che verranno discussi nel Forum dei cittadini per l'energia:

fatturazione: la bolletta del gas o dell'elettricità è l'indicatore migliore e più semplice del consumo di energia per il consumatore medio; la bolletta deve essere semplice, accurata e permettere il raffronto tra fornitori;

efficienza energetica: le etichette relative all'efficienza degli apparecchi che utilizzano energia devono essere semplici e chiare;

cambio di fornitori: il passaggio da un fornitore all'altro deve essere agevole, rapido e esente da oneri; le informazioni sul modo per passare da un fornitore all'altro devono essere chiare e accessibili;

contatori intelligenti: le nuove tecnologie possono contribuire a migliorare l'accuratezza delle bollette, a capire più facilmente quanto si paga e possono consentire alle società di meglio consigliare i consumatori a seconda del loro profilo di consumo;

protezione dei consumatori vulnerabili: le persone che dipendono dall'energia per sopravvivere devono essere protette; il forum affronterà questioni quali: come evitare l'interruzione dell'alimentazione energetica per le persone che usano apparecchi cardiaci e di respirazione o si sottopongono a dialisi? Cosa fare per le persone che si trovano in difficoltà finanziarie e non sono in grado di pagare le loro bollette energetiche? Le autorità nazionali, le organizzazioni dei consumatori e l'industria dovrebbero elaborare soluzioni per questa problematica.

Il Forum riunisce le organizzazioni nazionali dei consumatori, l'industria, le autorità nazionali di regolamentazione e le autorità governative per trattare di questioni chiave quale il passaggio da un fornitore di energia all'altro, la fatturazione user-friendly o la tutela di gruppi vulnerabili.

Per saperne di più vai sul sito della Commissione UE

Centottantamila visitatori in 5 giorni. E' questo il bilancio conclusivo del Salone del Gusto che si è chiuso ieri a Torino. Rispetto alla scorsa edizione si è registrato un aumento del 4%.

"Quello che però mi fa più piacere - ha detto Carlo Petrini, presidente Slow Food, durante la conferenza stampa di chiusura - è il forte incremento della presenza di giovani. In quello che qualcuno ha già definito il Salone dei trentenni, le adesioni di ragazzi al Movimento Slow Food sono addirittura sestuplicate. Inoltre, 2280 bambini, provenienti da 76 scuole, hanno partecipato alle attività didattiche di Orto in Condotta".

Notevole anche la presenza di stranieri, stimata intorno al 25%: molti gli americani, ma anche tanto Oriente ed Est Europa. Un Laboratorio del Gusto dedicato all'aceto balsamico tradizionale di Modena ha visto la partecipazione di 35 stranieri su un totale di 40 partecipanti. Hanno avuto un grande successo l'iniziativa Strada Maestra e le conferenze di Terra Madre, simboli del tratto distintivo del Salone del Gusto e cioè il binomio tra enogastronomia e tematiche ambientali.

Importante è il dato sul basso impatto ambientale del Salone: secondo l'Amiat, l'Agenzia multi servizi igiene ambientale Torino Spa, è stato differenziato circa il 60% dei 100 000 chili di rifiuti di cui si è stimata la produzione durante i 5 giorni di eventi. Quantitativo già fortemente ridimensionato (meno 90 000 chili) rispetto all'edizione 2006 grazie alle iniziative messe in atto in fase di progettazione e allestimento.

Carlo Petrini ha quindi concluso il suo intervento annunciando la volontà di Lingotto Fiere di Torino di allestire un quinto padiglione in tempo per l'edizione 2010 del Salone del Gusto e di Terra Madre: "un modo per rendere ancora più fruibili e ariose le due manifestazioni".

Il presidente della Regione Piemonte Mercedes Bresso ha espresso grande soddisfazione per l'aumento inaspettato delle presenze, considerando il periodo di crisi che stiamo attraversando: "Un risultato che va a sottolineare come il Salone sia considerato non solo un grande mercato ma prima di tutto luogo di scambio culturale. Inoltre, dall'incremento delle presenze di stranieri si può constatare come sia nata una rete di persone che abbraccia la stessa filosofia in diverse parti del mondo. E infatti - ha sottolineato Mercedes Bresso - l'appuntamento biennale del Salone rappresenta il momento per il confronto tra coloro che appartengono a un movimento di opinione internazionale.

Questo aspetto, insieme alla compresenza dell'evento di Terra Madre, ci differenzia dagli altri saloni gastronomici. Non c'è dubbio che sia aumentato l'interesse ai prodotti tipici dei territori e ai sapori antichi, che tornano a essere presenti sulle tavole anche attraverso i 300 Presìdi Slow Food.

Risulta vincente - ha concluso il presidente della Regione Piemonte - l'intreccio tra tutela dei prodotti, attenzione ai valori delle comunità contadine e attenzione al paesaggio e all'ambiente. Il passaggio tra la civiltà passata e il cibo è molto importante e bisogna saperne sottolineare l'innovazione".

A chiusura della conferenza, l'assessore Alessandro Altamura ha aggiunto un ulteriore dato a quelli già illustrati: "nei 5 giorni del Salone presso lo stand della Città sono stati distribuiti oltre 20 000 depliant d'informazione turistica e vendute più di 400 tessere Torino+Piemonte".

 

"Verso un'energia a basso tenore di carbonio", è questo lo slogan del convegno internazionale che si svolge oggi a Parigi, per discutere del Piano europeo strategico per le tecnologie energetiche (SET PLAN). Nell'ambito della conferenza è stata firmata un'Alleanza per la ricerca sull'energia che è stata sottoscritta dai dieci principali Istituti Europei di Ricerca (European Energy Research Alliance - EERA).

L'Alleanza si pone l'obiettivo di creare iniziative di ricerca congiunte con cui, mediante la condivisione di competenze, risorse umane e strumentali, venga favorita l'accelerazione tecnologica, obiettivo principale del SET PLAN. Le prime due aree tecnologiche oggetto di valutazione comune saranno quelle del Carbone Zero Emission e del Solare a concentrazione, cui seguiranno nel 2009 le altre tematiche, dal nucleare all'eolico ai Biocarburanti.

EERA avrà una struttura di governo rappresentata dai 10 Enti di ricerca sottoscrittori e sarà aperta a tutti i potenziali attori dei paesi Europei in grado di contribuire con le loro risorse e competenze allo sviluppo delle attività di ricerca. Oltre alle risorse proprie, EERA potrà utilizzare finanziamenti provenienti da programmi Europei di Ricerca.

Gli attuali membri dell'EERA sono:

  • il CEA, Commissariato all'Energia Atomica, in Francia;
  • il CIEMAT, Centro di Investigazione Energetica Medioambientale e Tecnologica. In Spagna;
  • il CRES, Centro per le Fonti di Energia Rinnovabili, in Grecia;
  • l'ECN, il Centro di Ricerca Energetica, nei Paesi Bassi;
  • l'ENEA, l'Ente per le Nuove Tecnologie, l'Energia e l'Ambiente, in Italia;
    il FZ, in Germania;
  • l'INETI, Istituto Nazionale di Energia, Tecnologie e Innovazione, in Portogallo;
  • il Laboratorio nazionale delle energie rinnovabili, in Danimarca;
  • l'ERC, Centro di Ricerca Energetica, nel Regno Unito;
  • il Centro di Ricerca Tecnica, in Finlandia;
  • l'Associazione Europea delle Università;
  • l'Associazione dei presidenti dei consigli di ricerca europei

Il Presidente dell'ENEA, Prof. Luigi Paganetto ha sottoscritto l'istituzione dell'Alleanza, evidenziando che: "L'iniziativa a suo tempo presa da ENEA di realizzare un incontro di lancio del piano strategico Europeo per le tecnologie dell'energia ha avuto un seguito nell'Alleanza che si è concretizzata oggi."

L'Alleanza è stata salutata con entusiasmo dal Commissario Europeo per la Ricerca Janez Potocnik che ha dichiarato: "Per sviluppare delle tecnologie energetiche di punta è necessario mettere in comune, al di là delle frontiere nazionali, i cervelli e le risorse migliori. La creazione di un'Alleanza europea per la ricerca nell'ambito dell'energia che coordinerà i programmi nazionali e comunitari in materia è un passo decisivo su questa strada".

Nei luoghi stessi della conferenza è stata allestita una mostra: vetrina del sapere in materia di tecnologie per la riduzione delle emissioni di CO2 attuali e future, essa offre uno spazio di espressione e d'incontro, su una superficie totale di 1600 mq, nelle pause durante i lavori della giornata.

LINK: Il sito dedicato a questa iniziativa

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