Il passaparola sulla convenienza delle condizioni e sulla qualità del servizio è il canale di accesso attraverso il quale 6 immigrati su 10 scelgono la banca. Solo per il 5% degli immigrati la banca era già conosciuta nel Paese d'origine. I dati confermano il ruolo e l'importanza delle reti informali nel passaggio di informazioni per gli immigrati. E' una delle anticipazioni della ricerca ABI-CeSPI "Banche e nuovi italiani: i comportamenti finanziari degli immigrati" di cui si parlerà al quarto Forum sulla responsabilità sociale che si terrà il 27 e 28 gennaio a Roma.

La banca è vista soprattutto come il luogo dove depositare i propri risparmi per il senso di sicurezza che infonde. Per l'84% degli immigrati questa funzione di deposito è preminente, mentre per il 60% è significativa anche quella di accesso al credito. Tra i fattori determinanti nel rapporto con le banche, emergono innanzitutto vicinanza a casa e accoglienza, seguono condizioni economiche, vicinanza al lavoro, flessibilità degli orari e delle condizioni, consulenza. Importanti dunque elementi di prossimità e di stabilità, ma l'obiettivo è anche costruire una relazione forte

I servizi di pagamento - assegni, carte di debito, addebito delle bollette e accredito dello stipendio - sono i più utilizzati (47%); seguono quelli per la gestione della liquidità, che comprendono il conto corrente e i depositi a risparmio (36%). I finanziamenti (14%) e gli investimenti (1%) hanno un peso minore. Quasi l'80% usa il bancomat, il 10% l'home banking. I servizi di addebito - accredito dello stipendio sono utilizzati quasi da un immigrato su due. Mutui e prestiti personali sono utilizzati dal 27% dei correntisti, mentre le carte di credito da circa il 20%.

I mutui hanno il maggior incremento al crescere dell'anzianità migratoria, tanto che un immigrato su cinque residente in Italia da più di 10 anni ne ha sottoscritto uno. I prestiti personali hanno invece un ruolo per far fronte alle spese più importanti sin dalle prime fasi dell'integrazione per la maggiore flessibilità e accessibilità.

 

Stop del Garante Privacy alle telecamere che registrano anche l'audio all'interno di un locale e cancellazione delle registrazioni. È quanto disposto dal Garante per la Protezione dei Dati Personali, intervenuto con un provvedimento inibitorio dopo le segnalazioni di alcuni cittadini che lamentavano l'installazione, da parte di un negoziante, di numerose telecamere che riprendevano mezzi, persone in transito e accessi agli immobili.

Le segnalazioni, rende noto la newsletter del Garante, contestavano anche l'assenza di cartelli visibili che informassero della presenza delle telecamere. L'Autorità ha effettuato controlli e verificato che all'epoca della prima ispezione mancavano del tutto cartelli che informassero della presenza del sistema di videosorveglianza - quattro telecamere esterne e tre interne - mentre quelli apposti dopo non erano ben visibili. Soprattutto, una delle telecamere era collocata vicino al registratore di cassa e dotata di registratore audio. Secondo il provvedimento adottato, il negoziante dovrà dunque rimuovere le telecamera con audio e cancellare suoni e voci finora raccolti. Per l'Autorità la registrazione delle voci è infatti risultata illecita perchè "non conforme al principio di finalità, secondo cui il trattamento deve essere effettuato per finalità determinate, esplicite e legittime".

Nel 2005 oltre 500mila donne nel mondo sono morte per cause legate alla gravidanza o al parto; i bambini le cui madri muoiono dopo il parto hanno, purtroppo, elevate possibilità di morire nei primi 2 anni di vita. "E' allarmante il fatto che ancora oggi siamo costretti ad assistere ad un'alta mortalità materna" ha denunciato il Ministro delle Pari opportunità Mara Carfagna, intervenendo alla presentazione del Rapporto Unicef 2009 intitolato "Salute materna e neonatale".

"Per ogni neonato che muore - ha aggiunto Mara Carfagna - ce ne sono 20 che alla nascita subiscono gravi lesioni che li invalidano a vita. Quello che indigna sono le cause che troppo spesso determinano questi decessi, e cioè ignoranza, povertà, discriminazione e informazione. Purtroppo in troppe parti del mondo persiste una forte discriminazione di genere".

Il Ministro delle Pari opportunità ha ribadito che quest'anno l'Italia ha una grande occasione, quella delle presidenza del G8, che dovrà essere sfruttata per "accendere i riflettori su questo tema per portare a compimento il processo di liberazione e di emancipazione delle donne". "Perché non si può voltare lo sguardo dall'altra parte per non ascoltare questo impietoso bilancio, che il Rapporto Unicef fa emergere. Noi siamo qui per guardare in faccia questa realtà e quelle tante donne che nel mondo sono costrette a vivere la gravidanza come un evento difficoltoso e non come uno dei momenti più straordinari per la vita di ciascuna di noi".

Mara Carfagna insiste sul fatto che "bisogna agire sulle cause, avviando una sinergia tra istituzioni e operatori del settore". Fondamentali sono, secondo il Ministro, 3 concetti, che vengono evidenziati anche dal Rapporto, e cioè collaborazione, impegno e creatività, per investire in modo adeguato le risorse a disposizione, per offrire adeguate pratiche pre e postnatali. "Su questo offro il mio impegno affinché questa collaborazione in Italia possa davvero dare risultati concreti, visto che anche nel nostro Paese c'è ancora una percentuale di donne che muore per cause legate al parto e una percentuale di bambini che muoiono appena nati".

Il Ministro Carfagna ha infine chiesto al Presidente dell'Unicef Italia Vincenzo Spadafora di "collaborare sinergicamente verso l'obiettivo comune della garanzia dei diritti dell'infanzia al di sopra di ogni cosa, dell'annullamento della percentuale dei decessi, perché investire sull'infanzia significa ridare speranza al Paese".

A coronamento di quest'impegno il Presidente dell'Unicef Italia ha consegnato a Mara Carfagna la Pigotta, che è diventata il simbolo dell'organizzazione umanitaria, rappresentando il lavoro di tantissimi volontari. "Quest'anno siamo nel ventennale della Convenzione internazionale sui diritti dell'infanzia e questa può essere un'occasione per riprendere il tema della solidarietà consapevole" ha dichiarato Vincenzo Spadafora.

"Il dato che continua a farmi sperare è quello che nel 2008 l'Unicef Italia è riuscita a raccogliere 60 milioni di euro di contributi privati, dai singoli cittadini, alle scuole alle organizzazioni. Questa - ha detto Spadafora - è la testimonianza di come anche nei momenti di crisi economica l'opinione pubblica italiana sia attenta al tema della solidarietà e noi ci impegneremo in grandi progetti per portare soprattutto un'assistenza sanitaria dove non c'è.

Dal Rapporto Unicef emerge il fatto che le situazioni più critiche affliggono i paesi meno sviluppati. "Le donne dei paesi più poveri hanno 300 volte in più di probabilità di morire di parto o per complicanze legate alla gravidanza rispetto alle donne dei paesi industrializzati".

Basta questo paragone: in Irlanda il rischio di mortalità materna è il più basso al mondo, colpendo una donna su 47.600; in Niger il rischio di mortalità materna colpisce una donna su 7. In Sierra Leone muoiono per parto 2.100 donne su 100mila. Delle 500mila donne morte nel 2005 per cause legate a gravidanza o parto, il 99% viveva in Asia e Africa. Ogni giorno, in gran parte nei paesi in via di sviluppo, muoiono 25.200 bambini con meno di cinque anni (11 mila sono neonati).

Dal 1990 il dato sulla mortalità infantile è calato, anche se di poco: nel 1990 erano morti 13 milioni di bambini; nel 2007, si è scesi a 9.200.000. In testa alla classifica per neonati morti c'é la Liberia (66 morti ogni mille nati vivi); seguono la Costa d'Avorio (64), l'Iraq (63), l'Afghanistan (60), la Sierra Leone (56). Le cause sono infezioni (36%), asfissia (23%), nascite pre-termine (27%). Uno degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio è quello di ridurre del 75% il tasso di mortalità materna entro il 2015. L'Unicef sta lavorando per raggiungerlo.

L'Italia è in recessione e per il 2009 si prevede una diminuzione del Pil pari al 2%, con una ripresa dello 0,5% solo a partire dal 2010. L'Italia è in recessione, la crisi globale si è intensificata e dunque si prevede "un proseguimento nell'anno in corso della fase recessiva in atto; il prodotto riprenderebbe a espandersi, seppur di poco, solo nel 2010, beneficiando di una ripresa degli scambi internazionali. Valutiamo che, tenendo conto delle misure di sostegno alla domanda decise dal Governo, il PIL si contragga del 2,0 per cento nella media del 2009, per poi tornare a crescere dello 0,5 nel 2010". È quanto scrive la Banca d'Italia nel Bollettino economico pubblicato oggi.

"La crisi di fiducia - scrive Bankitalia - si è estesa dai mercati finanziari alle scelte di consumatori e imprese". Gli interventi di governi e banche centrali, all'indomani del fallimento della Lehman Brothers, hanno assicurato la continuità dei flussi di finanziamento ed evitato, anche in Italia, la paralisi dei mercati finanziari. Ma l'area euro è entrata in recessione e in recessione è anche l'Italia.

"Il PIL dell'Italia, diminuito dell'1,6 per cento in ragione d'anno nel secondo trimestre del 2008, è caduto del 2,0 nel terzo, riflettendo un forte calo degli investimenti delle imprese, una flessione delle esportazioni, una stagnazione dei consumi delle famiglie - scrive la Banca d'Italia - Il peggioramento congiunturale si è accentuato negli ultimi mesi del 2008: si stima che nella media del quarto trimestre l'indice della produzione industriale, corretto per il numero di giorni lavorativi e per i fattori stagionali, sia disceso di circa il 6 per cento. La fiducia delle imprese è scesa a livelli minimi nel confronto storico; recenti sondaggi congiunturali prefigurano la prosecuzione della fase di debolezza dell'attività di investimento nell'anno in corso, in un contesto di diffuso pessimismo sulle prospettive della domanda. L'occupazione, in crescita da oltre dieci anni, ha subito una battuta d'arresto nel terzo trimestre dell'anno scorso; si è intensificato nello scorcio del 2008 il ricorso alla Cassa integrazione guadagni".

Secondo le previsioni l'inflazione, "in forte discesa nel 2009, rimarrebbe ben al di sotto del 2 per cento anche nel 2010". Diminuirebbe all'1,1 per cento nel 2009 per poi risalire all'1,4 per cento nel 2010 a seguito, prima della caduta del prezzo delle materie prime poi del loro moderato recupero. "Le retribuzioni, dopo la temporanea accelerazione registrata nel 2008 a conclusione di molti rinnovi contrattuali, rallenterebbero nel 2009".

Le previsioni sono però soggette a incertezze legate all'eventuale ulteriore indebolimento dell'economia mondiale. E comunque le politiche economiche non devono compromettere la sostenibilità delle finanze pubbliche. Rileva infatti Bankitalia: "Vi è ampio consenso sul fatto che, in una fase ciclica eccezionalmente avversa, le politiche economiche debbano mettere in atto ogni possibile iniziativa per attenuare e abbreviare la recessione, purché non venga compromessa la sostenibilità nel medio e lungo periodo delle finanze pubbliche. Questa poggia in ultima analisi sulla prospettiva di riattivare il processo di crescita dell'economia".

LINK: Bollettino economico - gennaio 2009

Nel 2009 continueranno a diminuire Pil e consumi e, anche se con uno scenario meno pessimista rispetto ad altre previsioni, l'economia ripartirà solo a partire dalla seconda metà del 2010. Si addensano dunque "nuvole nere" sui consumi delle famiglie ma senza crolli. Come sintetizza il presidente di Confcommercio Carlo Sangalli: "Nessuna caduta verticale, ma la crisi c'è e si sente". A raccontare l'Italia appena uscita dal 2008 e le previsioni future è il Rapporto Consumi 2008 dell'Ufficio Studi Confcommercio, per il quale "la congiuntura dei consumi e la debolezza strutturale della nostra economia ci consegnano un 2008 caratterizzato da una forte contrazione della spesa delle famiglie (-0,7%) con il rischio che, alla fine del 2010, la spesa pro capite possa risultare inferiore a quella del 2006". Aumentano le spese obbligate per le famiglie e c'è un saldo negativo fra imprese iscritte e cessate di 30 mila unità nei primi nove mesi del 2008.

"Per il 2009 - rileva Confcommercio - le previsioni anche se meno pessimistiche di altri, faranno segnare ancora un risultato negativo per Pil e consumi - rispettivamente -0,6% e -0,7% - delineando uno scenario meno grave del previsto ma che richiederà un periodo di tempo più lungo per innescare la ripartenza della nostra economia che, con ogni probabilità, si avrà solo nella seconda metà del 2010". Non ci saranno impulsi positivi dalla formazione del reddito. Il Rapporto prevede inoltre 1,9 milioni di disoccupati nel 2009 come picco massimo, ma aggiunge che "un peggioramento più grave delle condizioni del mercato del lavoro va però considerato nel novero delle possibilità".

In ogni caso gli italiani ottengono meno soddisfazione dalla spesa per consumi rispetto agli altri paesi europei. Confcommercio ha elaborato un nuovo indicatore, chiamato Quoziente Qualitativo di Benessere (QQB), che rapporta le spese legate alla fruizione del tempo libero a quelle legate alla gestione ordinaria dell'economia familiare. Maggiore è tale rapporto, migliore è la posizione del cittadino medio rappresentativo di un Paese. Nel 2007 dietro l'italia ci sono solo alcuni paesi dell'Est Europa che si avvicinano comunque alle posizioni medie, mentre tutti i paesi (tranne l'Olanda) con un Pil maggiore dell'Italia hanno un quoziente superiore.

"Ciò vuol dire che, depurando questo fenomeno dalle differenze nei redditi pro capite, le condizioni dei mercati, oltre che le dinamiche dei redditi, consentono ai cittadini degli altri Paesi di ottenere dalla spesa per consumi una maggiore soddisfazione rispetto a quanto accade in Italia - spiega Confcommercio - Un risultato sul quale certamente influisce il maggior livello dei prezzi in Italia di tutte le spese legate all'energia, che entrano a vario titolo nella gestione dell'abitazione". Incidono dunque le "liberalizzazioni incompiute", in un contesto che rende più evidenti le debolezze italiane e che necessita anni per recuperare gli indicatori di reddito e benessere.

Commenta il presidente Confcommercio Sangalli: "Le vendite di Natale ed i saldi non hanno subito alcun crollo. Tuttavia, la crisi c'è e si sente, sarebbe irresponsabile non riconoscerlo. Tanto più che le nostre previsioni indicano che nel 2009 fronteggeremo una crisi più lunga, anche se meno acuta, e questo è un aspetto negativo". Sangalli si è detto preoccupato soprattutto per le previsioni sulla disoccupazione, che "se andasse oltre l'8% causerebbe una caduta verticale del reddito reale disponibile, con conseguente ulteriore impatto sui consumi". Dal Governo ci si aspetta dunque "provvedimenti importanti significativi" e dalle banche un "sostegno alla domanda di credito da parte delle piccole e medie imprese".


 

L'equo e solidale parla europeo. Sono infatti europei i consumatori che più degli altri conoscono i prodotti del commercio equo e solidale: se nel mondo un consumatore su due ne ha sentito parlare, in Europa la percentuale sale a due su tre. Nelle prime dieci posizioni di chi conosce tali prodotti si piazzano infatti le nazioni del Vecchio Continente, guidate da Finlandia (98%), Regno Unito (97%), e Francia (96%) mentre l'Italia raggiunge l'86%. A rilevarlo è la prima ricerca globale Nielsen su consapevolezza e attitudini dei consumatori verso il commercio equo e solidale.

"Fu nei Paesi Bassi che, nel 1988, un importatore di caffè formalizzò l'idea di creare un mercato per un prodotto realizzato eticamente; pertanto non sorprende che il commercio equo e solidale resti soprattutto un concetto europeo": è quanto dichiara Jonathan Banks, Business Insights Director Europe di The Nielsen Company.

Nel mondo tali prodotti sono conosciuti in media per il 49%, percentuale che sale al 69% in Europa. Sono invece in Russia (90%), in Turchia (86%) e in Lettonia (79%) i consumatori che dichiarano di non conoscere questi prodotti, che restano lontani della consapevolezza collettiva anche nei paesi emergenti e in America Latina, dove tre consumatori su quattro non ne hanno sentito parlare.

"L'acquisto di prodotti del commercio equo e solidale soddisfa la coscienza sociale dei consumatori, consapevoli di contribuire a rendere il mondo un posto migliore - spiega Banks - Una recente ricerca Nielsen ha rivelato che i consumatori preferiscono l'acquisto di prodotti etici piuttosto che fare beneficienza."

Forte è la riconoscibilità dei prodotti attraverso il logo Fairtrade. Gli europei concordano sul fatto che l'equo e solidale venga venduto nei grandi magazzini: secondo la ricerca Nielsen, il 73% dei consumatori francesi che conosce i prodotti del commercio equo e solidale, il 54% di quelli irlandesi, il 48% di quelli del Regno Unito e il 42% degli italiani concordano molto o moltissimo sul fatto che i prodotti del commercio equo e solidale possono essere acquistati nei grandi magazzini.

Il costo non ha rallentano il trend di crescita della vendita. Ma le considerazioni sul prezzo possono variare anche notevolmente. Il 39% dei consumatori nel mondo che ha sentito parlare dei prodotti del commercio equo e solidale concorda molto o moltissimo nel dire che essi sono più costosi degli altri. Pensano che siano più costosi, ad esempio, i consumatori della Danimarca, del Belgio, del Regno Unito. Diversa l'opinione dei consumatori di Austria, Finlandia, Germania e Svezia. L''81% dei consumatori austriaci e il 79% di quelli tedeschi dichiara invece che i prodotti del commercio equo e solidale non sono più costosi rispetto agli altri, e questo vale anche per tre consumatori su quattro in Svezia e Finlandia.

 

Il Sistema Sanitario Nazionale piace agli italiani, che anzi lo preferiscono di gran lunga al privato. Solo 3 italiani su dieci, infatti, dichiarano di aver più fiducia negli ospedali privati: secondo il 30% la sanità costerebbe meno e sarebbe migliore se fosse data ai privati. La sanità pubblica dunque sfata il pregiudizio negativo diffuso in Italia e si scopre anche che i pazienti considerano i medici abbastanza o del tutto competenti.

E' quanto emerge dall'indagine promossa dal sindacato medico Anaao Assomed e realizzata dalla Swg di Trieste su un campione rappresentativo della popolazione italiana di età superiore ai 25 anni. Nel periodo tra il 1 e il 4 dicembre 2008 mille soggetti, che presumibilmente hanno avuto a che fare con la sanità ospedaliera italiana, rispondendo a domande precise, hanno espresso la loro customer satisfaction.

"Le iniziative di customer satisfaction sono un pezzo importante della programmazione" ha detto il Sottosegretario alla Salute Ferruccio Fazio, intervenendo oggi alla presentazione dell'indagine "Gli italiani e il SSN". "Ci conforta vedere che la fiducia degli italiani nella competenza dei medici è elevata; emerge una mancanza di umanizzazione nei confronti dell'ammalato ed è su questo che dobbiamo lavorare. Sono soddisfatto che la materia di base, che è rappresentata dagli uomini, ci sia perché questa è la cosa fondamentale.

Sul binomio pubblico/privato vorrei chiarire una cosa - ha aggiunto Fazio - nessuno mette in discussione la governance pubblica del nostro sistema sanitario nazionale. Esiste comunque un privato virtuoso, che spesso si identifica con i grandi ospedali che riescono ad inserirsi bene in questa governance, ed esiste poi un privato dannoso, rappresentato a volte da piccole strutture".

Un dato sicuramente già noto, che emerge anche da quest'ultima analisi è una disparità di situazioni tra Nord e Sud: al Nord è il 66% della popolazione a fidarsi della sanità pubblica, mentre al Sud la percentuale scende al 41%. Nello specifico è la qualità dei servizi sanitari regionali ad essere percepita in modo estremamente differente: soddisfacente o del tutto soddisfacente per il 74% degli italiani al Nord, contro il 24% degli italiani al Sud.

Secondo l'82% degli italiani al Meridione negli ospedali della propria Regione sono diffuse o molto diffuse le carenze organizzative (il valore medio è del 57%) e questo significa che la maggior parte della sfiducia è basata sulla malasanità che non ha a che fare con il sistema sanitario in sé, ma con la sua gestione.

"La gestione delle inadeguatezze - ha spiegato il Sottosegretario Fazio - è di competenza regionale. Le Regioni più critiche sono Campania, Sicilia e Lazio, per cui abbiamo predisposto piani di rientro che aiuteranno queste Regioni ad uscire dalle condizioni non ottimali di gestione dei servizi. Il Ministero metterà la sanità a sistema, con indicatori di input e output, per misurare anche ciò che il sistema produce".

Oltre alla mancanza di umanizzazione gli italiani lamentano una scarsa assistenza agli anziani, su cui sposterebbero molte più risorse, visto che andiamo incontro ad un invecchiamento della popolazione. Tutto sommato quest'indagine dimostra come, a trent'anni dalla sua nascita, il Sistema Sanitario Nazionale stia al passo con gli altri paesi con cui l'Italia si confronta anzi dimostra di avere le potenzialità per essere uno dei migliori sistemi sanitari del mondo.

"Inoltre - ha evidenziato Fazio - alla domanda se è meglio una tutela pubblica della salute o è meglio fare da soli, gli italiani hanno confermato una tendenza, che è propria dell'Europa, a volere una sicurezza pubblica per il loro bene primario". Il Sottosegretario alla Salute ha portato l'esempio dell'ospedale ideale del Prof. Umberto Veronesi: "è il nostro modello, ma ha costi troppo elevati e cozza con le situazioni concrete che ci troviamo di fronte. Per il momento prevediamo corsi di educazione per i medici verso un'umanizzazione delle cure e con i piani di rientro speriamo di risolvere presto le inefficienze".

Alla domanda sulla situazione dei LEA, i livelli essenziali di assistenza Fazio ha risposto così: "a settembre abbiamo concordato con le Regioni i nuovi LEA, in cui sono stati inseriti tutti quelli previsti per le categorie più deboli. Il problema è politico e siamo in attesa che la Presidenza del Consiglio ci convochi per inserirli nel Patto della Salute, che sarà complessivo per i prossimi anni".

 

Ogni anno migliaia di bambini finiscono al pronto soccorso in seguito ad incidenti causati dai girelli. Questi strumenti che dovrebbero aiutare il bambino ad imparare a camminare rappresentano purtroppo anche un rischio, come attestano i dati raccolti presso i centri di pronto soccorso dell'Unione Europea e degli Stati Uniti. Ricerche effettuate in Australia indicano che tra i bambini che usano girelli almeno uno su tre riporterà prima o poi una lesione; secondo il Child Accident Prevention Trust del Regno Unito i girelli, rispetto a qualsiasi altro articolo di puericoltura, sono all'origine del maggior numero degli incidenti di cui sono vittima i bambini. Ribaltamenti o cadute dalle scale con il girello possono causare gravi danni o lesioni del capo.

Da tempo l'Unione Europea stava cercando una soluzione e oggi la Commisisone Ue ha adottato una norma comunitaria di sicurezza che introduce una disposizione relativa a test di stabilità durante la produzione dei girelli per ridurre il rischio di ribaltamento.

La nuova norma contiene anche disposizioni e metodi di prova per la fabbricazione dei girelli in modo da ridurre la possibilità per i bambini di sporgersi per raggiungere oggetti pericolosi e di cadere in luoghi instabili come ad esempio scale o curve. Infine la nuova norma impone di corredare i girelli di istruzioni per attirare l'attenzione degli adulti sul fatto che il prodotto non è destinato a bambini al sopra di un certo peso o ai bambini che sono ancora troppo giovani per poter stare seduti senza aiuto.

Tutti gli operatori economici e le autorità preposte alla sorveglianza del mercato avranno dunque un riferimento unico, chiaro e di facile applicazione per la produzione, l'importazione e il controllo dei girelli nell'ottica della sicurezza.

Il nuovo standard di sicurezza è stato sviluppato dal Comitato europeo di normalizzazione (CEN) ed è già utilizzata dalle autorità preposte alla sorveglianza del mercato negli Stati membri nei loro controlli sul mercato per individuare prodotti di puericoltura carenti sul piano della sicurezza. Sebbene queste norme siano volontarie conferiscono al prodotto una presunzione di sicurezza e tendono a diventare norme comuni all'industria.

"Questa norma contribuirà alla sicurezza dei più giovani e dei più vulnerabili tra i cittadini dell'Ue. Anche se la sorveglianza dei genitori o di un adulto costituisce la massima garanzia di protezione per un bambino, un extra di precauzioni di sicurezza nella fabbricazione dei prodotti per l'infanzia è anch'esso cruciale", ha commentato così l'introduzione del nuovo standard di sicurezza per i girelli il Commissario Ue responsabile per la protezione dei consumatori, Meglena Kuneva.

Questi alcuni dei dati allarmanti sugli incidenti causati da cadute o ribaltamenti con il girello. In Portogallo 850 bambini tra i 7 e i 15 mesi hanno avuto bisogno di cure d'emergenza per le lesioni riportate a causa dei girelli. La metà di questi casi era dovuta a cadute dalle scale e più del 60% delle lesioni interessava il capo.

Nel Regno Unito il Child Accident Prevention Trust ritiene che i girelli causino più incidenti di tutti gli altri prodotti di puericoltura: nel 2002 più di 2 350 bambini sono finiti all'ospedale in seguito a incidenti dovuti ai girelli, e quasi il 70% di loro aveva meno di un anno di età. Uno studio del "Centre Hospitalier Universitaire de Toulouse" effettuato tra il 2003 e il 2006 ha riscontrato che 178 bambini tra i 7 e i 12 mesi sono stati accolti in ospedale per un trattamento pediatrico in seguito a cadute dovute ai girelli.

 

Nell'Unione Europea sono state bandite alcune sostanze altamente tossiche ed è stato vietato l'uso dei pesticidi nei giardini pubblici e nei parchi gioco. Approvando con 624 voti favorevoli un maxicompromesso con il Consiglio europeo, il Parlamento Ue ha adattato una direttiva che istituisce un quadro per realizzare un uso sostenibile dei pesticidi. Gli obiettivi sono quelli di ridurre i rischi e gli impatti sulla salute umana e sull'ambiente e la promozione dell'uso della difesa integrata e di approcci o tecniche alternativi, quali le alternative non chimiche ai pesticidi.

Il provvedimento dovrà essere applicato due anni dopo la sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale dell'Ue, quindi a inizio 2011. Entro 5 anni dall'entrata in vigore della direttiva, gli Stati membri dovranno adottare piani d'azione nazionali per definire i propri obiettivi quantitativi, le misure e i tempi per la riduzione dei rischi e degli impatti dell'utilizzo dei pesticidi sulla salute umana e sull'ambiente. Il fine ultimo è quello di ridurre la dipendenza dall'utilizzo di pesticidi.

La direttiva impone di assicurare che l'uso di pesticidi sia ridotto al minimo o vietato in aree specifiche, quali parchi, giardini pubblici, campi sportivi e aree ricreative, cortili delle scuole e parchi gioco nonché in prossimità di aree in cui sono ubicate strutture sanitarie o le aree protette. Si dovrà privilegiare l'uso di prodotti fitosanitari a basso rischio, nonché misure di controllo biologico.

Sarà vietata anche l'irrorazione aerea, che resta consentita "solo in casi speciali" e purché non vi siano alternative praticabili, l'operatore che effettua l'operazione sia in possesso del certificato di formazione e l'impresa responsabile sia certificata da un'autorità competente. La zona da irrorare non dovrà comunque essere "in stretta prossimità di zone residenziali".

La direttiva chiede poi agli Stati membri di assicurare l'adozione di misure appropriate per tutelare l'ambiente acquatico e le fonti di approvvigionamento di acqua potabile dall'impatto dei pesticidi. Tra queste, figura la creazione di "zone cuscinetto" e la riduzione, per quanto possibile, o l'eliminazione dell'applicazione dei pesticidi sulle o lungo le strade, le linee ferroviarie in prossimità di acque superficiali o sotterranee. Gli Stati membri dovranno anche provvedere affinché tutti gli utilizzatori professionali, i distributori e i consulenti abbiano accesso ad una formazione adeguata e certificata tramite organi designati dalle autorità competenti.

Il Parlamento ha adottato anche un testo legislativo che attualizza una direttiva europea del 1991 relativa all'autorizzazione, all'immissione sul mercato, all'impiego e al controllo dei prodotti fitosanitari. Il nuovo regolamento si applica ai prodotti, contenenti o costituiti da sostanze attive, antidoti agronomici o sinergizzanti e destinati a proteggere i vegetali o i prodotti vegetali da tutti gli organismi nocivi o prevenire gli effetti di questi ultimi, influire sui processi vitali dei vegetali, conservare i prodotti vegetali, distruggere vegetali o parti di vegetali indesiderati e frenare o evitare una crescita indesiderata dei vegetali.

Verrà comunque stilato un elenco positivo delle sostanze attive autorizzate a livello comunitario, sulla base dei criteri e della procedura stabiliti dal provvedimento stesso, che assegna un ruolo fondamentale all'Autorità europea per la sicurezza alimentare. Un nuovo prodotto fitosanitario, invece, potrà essere immesso sul mercato o impiegato solo se autorizzato nello Stato membro interessato in conformità alle disposizioni del regolamento e a condizione che le sostanze in esso contenuti siano state approvate. L'autorizzazione dovrà stabilire su quali vegetali o prodotti vegetali e aree non agricole (ad es. ferrovie, spazi pubblici, magazzini) e a quali fini può essere usato il prodotto fitosanitario e precisare i requisiti concernenti l'immissione sul mercato e l'uso del prodotto fitosanitario.

Soddisfazione espressa dalla Cia-Confederazione italiana agricoltori per il voto del Parlamento europeo. "Bisogna, però, evitare - si legge in un comunicato della Cia - che ci siano riflessi negativi sulla produzione. I nostri agricoltori hanno ridotto l'utilizzo dei fitofarmaci. Le produzioni agricole nazionali, in particolare frutta e verdura, sono le più sicure in Europa".


 

Per vacanza, divertimento, riposo, cultura, visita a parenti e amici: i viaggi brevi di un solo giorno fatti in Italia registrano un aumento di oltre il 40% dal 2005 al 2007, mentre aumentano anche gli escursionisti coinvolti. Nel 2007 infatti sono stati 12 milioni e 613 mila le persone che, in media in un trimestre, hanno effettuato almeno un'escursione per motivi personali, pari al 21,4% della popolazione residente, per un totale di 188 milioni e 663 mila escursioni effettuate nell'anno. La fotografia dei viaggi brevi degli italiani è restituita dall'Istat nelle stime preliminari su "Le escursioni per motivi personali in Italia" relative al 2007.

Considerato il triennio 2005-2007 si tratta di un fenomeno che aumenta sia nel numero complessivo di escursioni sia nel numero di viaggiatori. Dal 2005 al 2007 infatti il numero di escursioni aumenta del 43,7% e gli escursionisti del 16,6% (media trimestrale). Si tratta di un fenomeno, rileva l'Istat, che interessa di più i bambini e gli adolescenti (tra i 6 e i 14 anni) e gli adulti tra i 25 e i 44 anni, soprattutto chi vive nell'Italia Centrale o in comuni periferia delle aree metropolitane o risiede in grandi comuni (sopra i 50 mila abitanti).

Le escursioni, evidenzia ancora l'Istat, sono un fenomeno differenziato nelle diverse realtà territoriali. Le prime dieci regioni meta di escursioni hanno accolto l'81,5% dei viaggi brevi annui. In particolare, le più visitate sono nell'ordine la Lombardia (13,9% del totale delle escursioni), la Toscana (10,3%), il Lazio (9,9%), la Campania (9,9%) e il Veneto (8,8%).

E le città metropolitane? In ogni trimestre dell'anno emergono Roma, Milano, Firenze e Napoli, principali meta di viaggi brevi. Spiccano inoltre, ma con una componente stagionale maggiore, anche Torino, Cagliari, Venezia. Roma è la principale meta delle escursioni durante tutti i trimestri dell'anno tranne il primo, in cui è preceduta da Firenze.

 

Rendere i tetti di spesa dei libri scolastici più stringenti, eliminando dalle liste dei testi da adottare i volumi "consigliati", o prescrivendo esplicitamente che anche questi ultimi rientrino nei tetti stessi. E' quanto chiede l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato con una segnalazione inviata al Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca e al Presidente del Consiglio dei Ministri.

La segnalazione è stata decisa alla luce degli accertamenti sui prezzi dei libri scolastici, effettuati dall'Autorità, in collaborazione con le Unità Speciali della Guardia di Finanza, nel mese di agosto 2008, per verificare gli effetti del procedimento istruttorio nei confronti di AIE (Associazione Italiana Editori) e dei principali editori scolastici, concluso nell'aprile 2008 con accettazione di impegni.

Dalla mole di dati elaborati emergono aumenti del prezzo di copertina dei libri scolastici sostanzialmente in linea con il tasso d'inflazione. Parallelamente si riscontra però uno sforamento rilevante dei tetti di spesa adottati dal Ministero, se si inseriscono nella dotazione scolastica, oltre ai testi da adottare, anche i testi "consigliati".

Di qui l'opzione suggerita dall'Antitrust. In alcuni casi infatti i testi consigliati rappresentano uno strumento che evidentemente l'insegnante intende utilizzare e senza il quale gli studenti non possono seguire efficacemente le lezioni: per questo sarebbe più coerente inserirli nella lista dei volumi "da acquistare", o quanto meno computarli ai fini della verifica del rispetto del tetto di spesa. Per altri volumi (ad esempio dizionari o vocabolari) lo studente dovrebbe essere lasciato libero di utilizzare i testi già eventualmente in possesso della famiglia o di acquistare il testo più economico.

Nella segnalazione l'Antitrust evidenzia anche la necessità di specifiche iniziative, da parte del Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, per promuovere un uso sistematico, da parte dei docenti, dell'elenco telematico AIE (Associazione Italiana Editori): gli insegnanti, potendo individuare i libri avendo a disposizione i testi in commercio per ogni materia, con i relativi prezzi, potranno effettuare scelte che tengono conto dell'intero ventaglio di offerta disponibile.

Secondo l'Autorità un'attuazione stringente dei tetti di spesa con i criteri indicati, unita all'utilizzo della banca dati Aie, potrà esporre le imprese editrici ad una maggiore pressione concorrenziale, promuovendo l'effettiva attuazione delle novità introdotte nel mercato dell'editoria scolastica grazie all'istruttoria dell'Autorità, con effetti positivi in termini di riduzione dei prezzi e miglioramento della qualità.

Più concorrenza e tutela dei consumatori, regolazione e controlli a favore della qualità e della economicità dei servizi. Promozione della concorrenza, tutela ambientale, semplificazione delle norme. Sono alcuni degli obiettivi del Piano strategico triennale 2009-2011 approvato con la prima delibera dell'anno dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas. Nel piano c'è il programma delle iniziative più rilevanti con tempi e responsabilità organizzative.

"Con questa iniziativa - informa una nota - l'Autorità intende non solo disporre di un adeguato strumento interno di gestione e programmazione, ma anche rendere noti preventivamente gli orientamenti della sua futura azione; ciò per consolidare ulteriormente l'interlocuzione trasparente ed il processo di consultazione con tutti i soggetti interessati. Infatti, lo stesso Piano sarà pure oggetto di un'audizione generale a consultazione pubblica, subito dopo la presentazione al Parlamento ed al Governo della prossima Relazione annuale".

Fra gli obiettivi del Piano c'è quello di promuovere lo sviluppo di mercati concorrenziali e dunque "sviluppare e armonizzare i mercati dell'elettricità e del gas; promuovere l'adeguatezza dell'offerta e contenere il potere di mercato degli operatori dominanti; promuovere la formazione di mercati transnazionali dell'elettricità e del gas; garantire un accesso trasparente e non discriminatorio alle infrastrutture regolate". Il piano intende inoltre sostenere e promuovere efficienza ed economicità dei servizi infrastrutturali; tutelare i clienti dei servizi energetici ("gestire la completa apertura dei mercati lato domanda; garantire il servizio universale e tutelare specifiche categorie di clientela; sviluppare i livelli di qualità e sicurezza dei servizi"), promuovere l'uso razionale dell'energia e la tutela ambientale.

L'Autorità per l'energia elettrica ed il gas ha disposto un programma annuale di controlli documentali e di verifiche ispettive nei confronti delle società iscritte all' "elenco venditori" del mercato libero dell'energia elettrica. L'obiettivo è quello di mantenere adeguati livelli di affidabilità per le forniture ed i servizi, a beneficio dei consumatori ed a tutela degli stessi operatori che hanno inteso partecipare ad una concorrenza qualificata e trasparente.

I controlli e le ispezioni riguarderanno l'effettivo possesso dei requisiti di affidabilità dichiarati dagli operatori e saranno svolti in collaborazione con le Unità Speciali della Guardia di Finanza.

Dal luglio 2007, ovvero da quando il mercato dell'energia è stato liberalizzato, è infatti consultabile sul sito internet dell'Autorità (www.autorita.energia.it) un elenco di società che svolgono l'attività di vendita di energia elettrica ai clienti finali, domestici e non, connessi in bassa tensione. L'iscrizione all'elenco è volontaria ma, per ottenerla, le società di vendita devono possedere determinati requisiti e rispettare obblighi, sia formali che sostanziali, definiti dalla delibera n. 134/07. Attualmente risultano iscritte 85 imprese.

Nel dettaglio, con il programma di controlli si intende accertare:

  • il possesso effettivo dei requisiti ed il rispetto degli obblighi comunicati con le dichiarazioni sostitutive rese dagli operatori all'atto di presentazione dell'istanza per l'iscrizione all'elenco;
  • eventuali violazioni delle disposizioni dell'Autorità in materia di vendita di energia elettrica, nonché possibili ulteriori cause che possano comportare la cancellazione dall'elenco (ad esempio: il mancato invio dei bilanci di esercizio redatti secondo gli schemi di unbundling previsti dall'Autorità, il mancato invio di informazioni richieste nell'ambito di istruttorie sui mercati al dettaglio, ecc.).

Più di 800mila elettrodomestici a basso consumo, circa 21 milioni di lampadine ad "alta efficienza" e oltre 230mila mq di pannelli solari per produrre acqua calda. E' questo il bilancio delle apparecchiature installate nelle case degli italiani nel periodo gennaio 2005-maggio 2008 che hanno assicurato l'80% del risparmio energetico totale ottenuto con i "certificati bianchi" o "titoli di efficienza energetica".

Sono dati del Terzo Rapporto Annuale dell'Autorità per l'energia, pubblicato il 2 gennaio 2009, sul sistema dei "certificati bianchi" che sta offrendo grandi incentivi a sostegno di un utilizzo sempre più efficiente ed intelligente dell'energia.

Nei primi quattro anni di applicazione (dal gennaio 2005 al dicembre 2008) il risparmio complessivo ha già superato i 2 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (tep). Un risparmio che equivale alla produzione elettrica di una centrale da più di 1.100 MW ed ai consumi domestici di più di 2,5 milioni di abitanti, evitando più di 5 milioni di tonnellate di emissioni di CO2.

A fronte di incentivi per circa 110 milioni di euro erogati dall'Autorità, il costo energetico evitato dai consumatori (presso i quali sono stati realizzati gli interventi) è stato dalle 9 alle 14 volte il costo degli stessi incentivi (per ogni unità di energia risparmiata).

Nel corso degli ultimi 12 mesi analizzati nel Rapporto, il sistema dei "certificati bianchi" si è andato progressivamente e ulteriormente rafforzando e consolidando rispetto ai 2 anni precedenti. Infatti:

  • i risparmi energetici certificati hanno continuato a crescere e a superare ampiamente gli obiettivi nazionali predefiniti;
  • i prezzi di scambio dei certificati e, dunque, l'incentivo allo sviluppo di interventi di risparmio energetico, hanno registrato una marcata ripresa, soprattutto per gli interventi sugli usi elettrici;
  • il settore delle società di servizi energetici conferma ed accresce ulteriormente il proprio sviluppo e la propria attività nell'ambito del meccanismo;
  • si evidenzia una preferenza crescente per lo scambio di "certificati bianchi" in borsa, con una conseguente maggiore trasparenza e funzionalità del mercato;
  • l'entità degli incentivi e degli investimenti sostenuti dagli operatori, per conseguire i risparmi energetici certificati, rimangono ampiamente inferiori al costo evitato per l'acquisto di energia dagli utenti finali.

Analizzando complessivamente i circa 1,8 milioni di tep certificati dall'Autorità dal gennaio 2005 al 31 maggio 2008 (a fine 2008 sono stati superati i 2 milioni di tep), emerge una ripartizione percentuale (degli interventi di efficienza energetica realizzati) che conferma la prevalenza delle misure per il risparmio di energia elettrica in ambito civile, con un aumento del 4% rispetto al secondo anno di attuazione.

Di 5 punti percentuali è cresciuta anche la quota relativa agli interventi per la riduzione dei fabbisogni termici in ambito civile; gli interventi sugli usi di illuminazione pubblica e sui sistemi di produzione e distribuzione di energia in ambito civile segnano quindi una minor quota percentuale; rimane invece ancora sostanzialmente stabile il contributo relativo agli interventi per la riduzione dei fabbisogni energetici nel settore industriale.

Al 31 maggio 2008 gli operatori iscritti al Registro dei titoli di efficienza energetica, quindi con possibilità di compra-vendita di certificati, erano 215, dei quali 46 distributori, 160 società di servizi energetici e 8 traders. Dei 215 operatori iscritti al Registro, cresciuti del 23% rispetto all'anno precedente, 175 hanno richiesto ed ottenuto dal GME anche la qualifica di "operatori di mercato".

Con una delibera del 15 dicembre 2008, l'Autorità ha anche fissato i nuovi obiettivi di risparmio energetico 2009 per 75 distributori per raggiungere i quali le imprese potranno sia realizzare interventi di risparmio energetico presso i consumatori finali, sia acquistare "certificati bianchi" che dimostrino il conseguimento di risparmi energetici da parte di altri soggetti.

Sempre più famiglie italiane usano internet, telefono o cellulare per le operazioni bancarie di tutti i giorni: dai bonifici al pagamento di tasse e bollette, dalla ricarica del telefonino alla compravendita di titoli, o anche solo per consultare il proprio estratto conto. Ma qual è il canale "preferito" dalle famiglie italiane e quali le operazioni più frequenti via internet o telefono? Ecco, in sintesi, la fotografia che emerge dall'indagine dell'e-Committee, svolta su di un campione di 273 banche.

Internet banking: raddoppiati i bonifici e più che quadruplicati i pagamenti online
Con quasi 12,2 milioni di conti correnti abilitati ad operare online (il 39% del totale dei conti correnti delle famiglie) ed un incremento del 17% rispetto al 2006, internet si conferma anche per il 2007 il canale "preferito" dai clienti delle banche italiane. Anche quest'anno - con oltre un miliardo di informazioni su saldo, movimenti e condizioni di conto corrente richieste alle banche, contro i 462 milioni dell'anno passato - la consultazione dell'estratto conto è l'operazione più "cliccata", con una media di oltre due volte a settimana. Al secondo posto, invece, si confermano i bonifici: nel 2007 ne sono stati fatti 42 milioni via internet, pari al 35% del totale, per un valore complessivo di oltre 82 miliardi di euro (contro i 19 milioni, pari ad un quarto del totale, per un valore complessivo di oltre 30 miliardi di euro del 2006). Sul fronte dei pagamenti, invece, quelli online crescono di oltre quattro volte rispetto al 2006, con oltre 22 milioni di operazioni pari al 12% del totale contro 5 milioni di operazioni pari al 2% del totale dell'anno precedente. In particolare, tra i più frequenti via internet si confermano il pagamento delle tasse con F24 (oltre 14 milioni contro 1,6 milioni del 2006), i pagamenti Riba per le bollette (oltre 6 milioni contro 721 mila) e le ricariche del cellulare (oltre 14 milioni contro quasi 11 milioni).

Phone banking: per 9,7 milioni di famiglie informazioni e trading anche al telefono
I conti correnti abilitati al Phone Banking raggiungono quota 9,7 milioni, pari al 31% del totale dei conti correnti delle famiglie e con un incremento del 6% rispetto al 2006. Nella gran parte dei casi il cliente usa il telefono per chiedere informazioni sul proprio conto corrente (oltre 17 milioni di richieste) o sull'attività di trading (circa 4 milioni di richieste). Complessivamente gli italiani utilizzano il Phone Banking 17 volte l'anno, con una media di circa un contatto al mese. Nel 2007, hanno fatto circa un milione di operazioni in borsa, 727 mila delle quali solo sul mercato azionario italiano, per un valore complessivo di quasi 6 miliardi di euro, in linea con il 2006.

Mobile banking: ricariche e bonifici le operazioni più frequenti col cellulare
Resta invariato il numero delle famiglie che utilizzano anche il cellulare per fare un bonifico o verificare il proprio estratto conto. Nel 2007 i conti attivi su questo canale sono 1,1 milioni, in linea con il 2006, mentre i conti abilitati sono 5,1 milioni, pari al 17% del totale dei conti correnti delle famiglie. I servizi più diffusi via cellulare sono le richieste di informazioni (circa 15 milioni, quasi 250 mila delle quali relative alle operazioni di trading) e quelli cosiddetti "di allerta" (oltre 9 milioni). Le ricariche telefoniche (1,2 milioni) ed i bonifici (120 mila) tra le operazioni effettuate più spesso col cellulare.

 

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