La liberalizzazione del mercato dell'energia elettrica è in linea con le tendenze europee ma il cambiamento è in media basso fra i consumatori domestici, che sono interessati a valutare offerte sul mercato libero solo se queste portano a risparmi del 15-20%. È quanto dichiara Paolo Vigevano, amministratore delegato di Acquirente Unico, in occasione della presentazione della ricerca RIE sul comportamento dei clienti tutelati ed in particolare quelli del mercato domestico. "La liberalizzazione del mercato dell'energia elettrica in Italia è in linea con il trend europeo, ma la propensione al cambiamento è soprattutto dei grandi utenti, ossia delle imprese industriali e commerciali, mentre è mediamente bassa fra i consumatori domestici - ha detto Vigevano - In un anno e mezzo circa 2,3 milioni di clienti, infatti, sono passati dalla maggior tutela al mercato libero, un tasso di trasmigrazione (switching) che è in linea con le migliori esperienze europee".

In particolare, "il numero di clienti serviti in maggior tutela è passato da 34 milioni a poco più di 31 così che il numero di famiglie che continuano ad avere la fornitura di energia elettrica nel regime di maggior tutela è passato da 28 milioni a circa 26 milioni". I consumatori, ha continuato l'ad di Acquirente Unico, "si sono dichiarati interessati a valutare offerte sul mercato libero solo allorché i risparmi conseguibili fossero dell'ordine di grandezza di almeno 15-20%. Per un consumatore domestico tipo (2.700 kWh l'anno) dei 500 euro circa di spesa annua, due terzi soltanto riguardano l'energia elettrica e la commercializzazione e vendita. È evidente, quindi, come sia difficile per una società di vendita fare offerte commerciali sul mercato domestico con sconti elevati come quelli attesi dai consumatori".

 

Cosa pensano le famiglie e le imprese italiane a proposito dei servizi pubblici locali? Ad esempio, vengono considerati al pari di altri diritti di cittadinanza, sono troppo "burocratizzati" e segmentati? Ma soprattutto soddisfano gli utenti e le imprese? Sono questi gli interrogativi alla base di una ricerca condotta da Censis-Confservizi, presentato oggi a Roma.

Il servizio idrico integrato risulta il servizio pubblico locale più importante per le famiglie italiane, in relazione allo stile di vita del nucleo familiare; seguono i rifiuti, l'energia elettrica, il gas, le aziende sanitarie e i servizi assistenziali di cura. All'ultimo posto ci sono i servizi culturali, per il turismo e il tempo libero. Per le imprese sono i servizi pubblici dell'energia elettrica a rivestire maggior importanza; restano secondi i rifiuti, ma al terzo posto troviamo il trasporto pubblico locale; il servizio idrico integrato arriva quarto e ultimo il gas.

Parliamo di liberalizzazioni. Il 53% delle famiglie italiane riconosce grande importanza ai processi di messa in concorrenza delle aziende che erogano i servizi pubblici locali; il 55,7% si aspetta un miglioramento della qualità del servizio a prezzi inferiori e il 24,9% a prezzi immutati.

Ed è il prezzo a determinare la scelta dell'operatore, in un ipotetico contesto concorrenziale (per il 51,9% delle famiglie); il 39% sceglie in base alla chiarezza delle condizioni contrattuali, il 31,2% in base alla credibilità dell'interlocutore o alla notorietà dell'azienda. Solo per il 7,5% delle famiglie è importante l'informazione sui servizi erogati. Secondo il 65,9% delle imprese le aziende che offrono servizi integrati di pubblica utilità secondo il modello multi service semplificano i passaggi burocratici e rendono più facile interloquire con un unico soggetto di offerta. Per il 61,1% delle famiglie il modello di multi utilities offre all'utente vantaggi di interloquire con un unico soggetto.

Com'è il rapporto tra il consumatore e l'azienda che offre servizi pubblici locali? Il 64,8% delle famiglie si rivolge direttamente all'azienda erogatrice per far presente le proprie esigenze, il 10,2% lo fa attraverso le associazioni dei consumatori, il 23,6% non ha mai avuto occasioni di farlo. Inoltre il 43,8% delle famiglie ritiene che le procedure conciliative siano il modo più efficace per fronteggiare eventuali controversie con le aziende; il 24,8% preferisce le azioni collettive risarcitorie.

 

 

E' disponibile, da qualche giorno sul sito dell'Agenzia delle Entrate, il modello di comunicazione per la ricezione telematica, da parte dei sostituti d'imposta, dei dati relativi ai 730-4, con gli importi da trattenere o da rimborsare, tra i quali, per esempio, l'Irpef. Il modello è accompagnato dal provvedimento di approvazione ed è completo di istruzioni e specifiche tecniche. Quest'anno si allarga il ventaglio delle province interessate dalla modalità sperimentale di scambio telematico, sempre più rapida, economica e sicura.

Il modello consente ai sostituti d'imposta con domicilio fiscale nelle province coinvolte nella sperimentazione di comunicare l'utenza telematica presso cui l'Agenzia renderà disponibili i dati dei 730-4 trasmessi dai Caf - dipendenti. Questo flusso informativo a tre vie, realizzato grazie ai servizi telematici dell'Agenzia, rappresenta una procedura necessaria per consentire i conguagli su retribuzioni e pensioni con vantaggi evidenti in termini economici e di sicurezza.

Le province coinvolte sono: Agrigento, Aosta, Arezzo, Ascoli Piceno, Asti, Belluno, Benevento, Biella, Brindisi, Caltanissetta, Campobasso, Chieti, Cosenza, Cremona, Crotone, Enna, Gorizia, Imperia, Isernia, L'Aquila, Lecco, Livorno, Lodi, Macerata, Matera, Oristano, Perugia, Pistoia, Pordenone, Potenza, Ravenna, Reggio Emilia, Rieti, Rimini, Rovigo, Salerno, Sassari, Savona Taranto, Terni, Trento, Verbania, Verona, Viterbo. I sostituti d'imposta devono presentare la comunicazione, esclusivamente in via telematica, entro il 31 marzo 2009. Possono farlo direttamente o tramite un intermediario abilitato alla trasmissione telematica delle dichiarazioni.

Banche e immigrati, un rapporto fatto di una pluralità di strumenti finanziari e di una clientela che in genere esprime esigenze "medie" anche se con diverse specificità nazionali. Così gli albanesi preferiscono il bancomat (80% a fronte di una media di circa il 67%), i ghanesi puntano sulla carta di credito (32%), i filippini sulle carte prepagate (24%). La comunità cinese è al primo posto per l'uso di libretti di risparmio (56%) e i prestiti personali (40%) mentre l'Ecuador è al primo posto per l'uso dell'home banking (oltre il 13%). Il lavoro è il canale di accesso al sistema bancario per le comunità del Senegal e del Marocco, mentre per la Romania la banca è soprattutto custode del risparmio e canale di accesso al credito. Fra i migranti, l'82% è cliente medio, ossia fa ricorso a una pluralità di strumenti finanziari che rispondono ad esigenze semplici e basilari. Il 16% appartiene invece a un profilo che investe e valorizza i risparmi.

Sono i dati della ricerca ABI-Cespi "Banche e nuovi italiani: i comportamenti finanziari degli immigrati" sul grado di utilizzo dei servizi bancari da parte degli immigrati, presentata al Forum Corporate Social Responsibility oggi a Roma.

Come ha spiegato Giuseppe Zadra, Direttore Generale dell'ABI, "oggi le banche si confrontano sempre più con le aspettative e i bisogni finanziari anche di nuovi soggetti, in particolare degli immigrati, che si sono inseriti nel nostro tessuto economico e sociale e che rappresentano un segmento del mercato non più trascurabile". Zadra ha sottolineato che "diviene perciò necessario comprendere le esigenze che emergono dal lato della domanda ed individuare soluzioni che possano rispondere ai bisogni ed alle attese degli interlocutori".

 

La maggior parte degli italiani paga con la carta, invece che in contanti, perché la considera uno strumento più comodo e veloce. Secondo un sondaggio condotto dall'ISPO, l'Istituto per gli Studi sulla Pubblica Opinione, diffuso oggi, il 77% degli intervistati considera la "moneta elettronica" lo strumento più comodo, soprattutto durante viaggi e vacanze o periodi intensi di shopping, infatti permette movimenti o acquisti in maggiore tranquillità, senza preoccupazioni di furti o smarrimenti.

Il 65% degli italiani preferisce la carta perché fa "saltare" le code, soprattutto ai caselli autostradali o ai supermercati (53%); l'80% degli intervistati si sente più tranquillo perché sa che in caso di furto è sufficiente una telefonata a bloccare la carta, il 92% della popolazione, infatti, considera rischioso girare con molti contanti in tasca.

Un altro strumento prezioso per il 68% degli italiani è l'estratto conto che facilita la gestione delle spese; per le casalinghe e per gli ultrassessantacinquenni è un utilissimo mezzo di pianificazione finanziaria.

Ma quando si tratta di affrontare le spese quotidiane, gli italiani sono ancora legati al "contante", e da questo punto di vista il nostro Paese è ancora in ritardo rispetto al resto d'Europa. Un italiano fa in media 21,6 operazioni all'anno con la carta, mentre la media europea è di 50,5.

 

 

 

Ottenere un prestito bancario nonostante bassi salari, poche garanzie e mancanza di una storia di credito. È questa la possibilità offerta dalla Regione Puglia per dare modo ai più deboli, che si trovano di fronte a barriere insormontabili, di accedere al credito. Ogni cittadino potrà certificare la propria affidabilità creditizia, attraverso il curriculum del "buon pagatore" che attesta il puntuale pagamento delle bollette; a cominciare da quelle dell'Acquedotto Pugliese, ma anche del gas, dell'elettricità, del telefono. Si risolve così il problema della mancanza di "informazioni certificate" che le banche o le finanziarie possano utilizzare per valutare l'affidabilità del cliente.

Sono circa un milione le persone che ne potrebbero beneficiare: i giovani di età inferiore ai trent'anni che si stimano intorno ai 700mila, gli immigrati adulti, in Italia da almeno un anno, che secondo i dati Inail sfiorano le 68mila unità. A questi si aggiungono i giovani imprenditori e tutti i pugliesi che pur avendo già contratto prestiti desiderano incrementare l'accesso al credito.

Si chiama "Credito e inclusione sociale" il protocollo d'intesa firmato ieri dalla Regione Puglia, dall'Acquedotto Pugliese (AQP) società di proprietà regionale, che fornendo i servizi idrici alla Puglia detiene i dati sulla storia dei pagamenti delle utenze da parte dei cittadini, da Crif S.p.A, società bolognese specializzata nella gestione di informazioni e modelli di valutazione del merito di credito, utilizzati dalle principali banche e finanziarie italiane. Per 3-6 mesi si studierà la fattibilità del progetto cercando di definire le risorse umane e finanziarie necessarie per realizzare l'iniziativa, i ruoli che ciascuna istituzione o società ricoprirà nel progetto e gli investimenti necessari.

Se lo studio di fattibilità avrà esito positivo, la Regione e Crif daranno il via al progetto. Funzionerà così: il cittadino intenzionato a chiedere un finanziamento o che si è già visto respingere una richiesta, si rivolge a Crif per il Servizio Attestazione. L'azienda bolognese chiede alle società che erogano acqua, elettricità, gas, servizi telefonici i dati relativi ai pagamenti: in particolare la data in cui è stata attivata l'utenza, la storia dei pagamenti negli ultimi tre anni e gli importi pagati, la data in cui si sono verificati eventuali ritardi nei pagamenti e quando il ritardo è stato sanato. Crif verificherà anche la presenza di informazioni di rilievo sulle banche dati pubbliche e sul sistema di informazioni creditizie per includerle nella valutazione. L'esito della valutazione di affidabilità viene fornita al cittadino che può presentarla all'istituto di Credito al quale richiede il finanziamento.

 

In Italia si stima che a fine 2008 la diffusione della televisione digitale terrestre - intesa come numero di famiglie in possesso di almeno un ricevitore per il digitale terrestre nella propria abitazione - raggiunga quota 7,6 milioni di abitazioni pari al 34% del totale. La Tdt risulta così più diffusa del satellite: le famiglie dotate di almeno un ricevitore satellitare sono infatti 6,6 milioni, il 28% del totale, di cui 4,7 milioni ricevono la tv a pagamento. Il 2008 è anche l'anno del sorpasso della televisione digitale (tutte le piattaforme, 53%) sull'analogico (47%).

E' quanto emerge dal Terzo Rapporto sulla Televisione Digitale Terrestre in Europa elaborato da DGTV,intitolato "Niente è come prima". Il Rapporto concentra l'analisi sui 4 paesi europei in cui la televisione terrestre costituisce l'infrastruttura prevalente in analogico: Regno Unito, Spagna, Francia e Italia.

Nel 2008, in questi 4 paesi, la Tdt ha registrato un doppio sorpasso: ha superato il satellite e rappresenta oggi il primo canale di accesso alla Tv digitale; ha superato la Tv analogica che si è ridotta a meno di un terzo delle abitazioni Tv.

La Tdt si sta dimostrando terreno di crescita di una nuova generazione di canali di intrattenimento, molti dei quali prodotti dai broadcaster analogici. Contrariamente a quanto si pensava in una prima fase, lo sviluppo della TV multicanale ha infatti dimostrato di non comprimere lo spazio delle offerte generaliste, ma piuttosto di rafforzarlo, spingendo gli editori a una sorta di rigenerazione nelle organizzazioni di palinsesti e programmi.

Nel triennio 2005-2008, i canali mini-generalisti disponibili su Tdt nei 4 Paesi sono raddoppiati da 13 a 25. Molti sono prodotti dagli stessi broadcaster generalisti che vedono nella crescita del proprio portafoglio d'offerta la possibilità di intercettare target progressivamente allontanatisi dai canali storici e sono il risultato dell'estensione di brand televisivi consolidati o della creazione di sinergie editoriali con altri operatori.

In Italia, la TV a pagamento su Tdt è disponibile già dal gennaio 2005, quando vennero lanciati i due servizi Mediaset Premium e La7 Cartapiù dai due broadcaster commerciali. Entrambi avevano adottato un innovativo modello Ppv tramite carta prepagata ricaricabile, che permetteva l'accesso a "singoli titoli" e su decoder unico (ossia non proprietario). Inizialmente limitata alle partite di serie A, l'offerta veniva successivamente allargata ad altri generi (film, serie Tv etc.). A partire dall'inizio del 2008, Mediaset Premium si è arricchita di 3 nuove proposte: Joi, Mya e Steel (intrattenimento, con prevalenza di fiction e film) a cui si è aggiunto Disney Channel (luglio 2008).

Questi 4 servizi, più le rispettive versioni time-shifted, sono confluiti nel pacchetto Premium Gallery, a cui si affianca il pacchetto Premium Calcio (Calcio 24 e accesso a singoli eventi sportivi). A dicembre 2008, Mediaset Premium ha allargato l'offerta con Premium Fantasy, dedicato a bambini e ragazzi (Cartoon Network, Disney Channel, Playhouse Disney e Hiro). Nel dicembre 2008, Telecom Italia Media ha perfezionato la cessione delle proprie attività pay su Tdt all'operatore svedese AirPlus TV, specializzato nella fornitura di servizi pay su Tdt e già attivo in Finlandia. Infine, Il mercato pay su Tdt in Italia comprende un terzo player, Pangea, che fornisce a editori terzi soluzioni tecnologiche (mantenimento, head-end, sicurezza etc.) a supporto della gestione di servizi di pay.

Le 555 imprese televisive locali attualmente operanti sul territorio italiano (440 a carattere commerciale e 115 a carattere comunitario) rappresentano una componente significativa del sistema radiotelevisivo nazionale e rivestono un ruolo che non ha confronto nel resto d'Europa. Con oltre 4.800 dipendenti, di cui circa 1.500 giornalisti, le imprese televisive locali danno lavoro al 38% degli addetti dell'intero settore televisivo privato e rappresentano un importante bacino per la formazione di autori, registi, tecnici, giornalisti e artisti che alimentano da sempre le reti nazionali.

Nei nuovi scenari digitali le Tv locali intendono assumere un ruolo protagonista, svolgendo sia l'attività di operatore di rete, sia quella di fornitore di contenuti e servizi, dando vita ad una serie di nuove offerte televisive che rafforzano il loro insostituibile ruolo sul territorio. Svolgendo l'attività di operatore di rete, le Tv locali hanno la possibilità di incrementare la propria offerta di programmi orientati al territorio, nel prossimo futuro anche attraverso trasmissioni in alta definizione. Le stesse, inoltre, possono fungere da carrier per nuove iniziative editoriali.

Uno dei problemi più delicati per le Tv locali è però quello della mancanza di canali ridondanti, che non consente loro di effettuare il cosiddetto "simulcast". Infatti le Tv locali, pur esercendo, nel complesso, circa un terzo dei canali analogici, non dispongono, nella stragrande maggioranza dei casi, di canali doppi nelle aree servite che permettano loro di trasmettere simultaneamente in analogico e in digitale.

Nella fase di switch-over, le Tv locali, non disponendo di canali ridondanti, effettuano quindi le trasmissioni digitali a carattere sperimentale prevalentemente nelle ore notturne, sugli stessi canali eserciti in analogico nelle ore diurne. In questo modo, infatti, la perdita di ascolti che interviene nelle ore dedicate alla sperimentazione non ha ricadute significative sulla raccolta pubblicitaria delle trasmissioni analogiche. Ma, allo stesso tempo, non permette di ottenere alcun posizionamento nel mercato della Tv digitale. Ne consegue l'esigenza di uno switch-over estremamente limitato nel tempo.

Efficienza e concorrenza. Maggiore efficienza e maggiore concorrenza. Queste sono state le parole più utilizzate dagli attori intervenuti al workshop organizzato questa mattina a Roma da Consumers'Forum dal titolo "Filiere lunghe, filiere corte, filiere estemporanee". Dopo una breve introduzione di Lorenzo Miozzi, presidente di CF, che ha ricordato i successi dell'associazione che si appresta a festeggiare il suo decimo compleanno, al professore Paolo De Castro, senatore e vicepresidente della Commissione Agricoltura di Palazzo Madama, è stato affidato il compito di entrare nel vivo del dibattito suscitandolo con una serie di valutazioni tecniche ed economiche sulle filiere nel settore agroalimentare.

Il professore ha iniziato il suo intervento dal tono di una lezione universitaria con una definizione di filiera del compianto Vito Saccomandi secondo il quale per filiera agroalimentare si intende l'insieme degli agenti economici, amministrativi e politici che direttamente o indirettamente delimitano il percorso che un prodotto agricolo deve seguire per arrivare dallo stadio iniziale di produzione a quello finale di utilizzazione, nonchè il complesso delle interazioni delle attività di tutti glia genti che determinano questo percorso.

Spesso e volentieri quando si parla di rincari dei prodotti agroalimentari e non, si punta il dito verso le filiere accusandole di essere troppo lunghe. In realtà - ha spiegato De Castro - il vero problema non sta nella lunghezza quanto nella efficienza della filiera: in altre parole filiera lunga non è sempre sinonimo di filiera inefficiente e al contrario filiera corta non è sempre sinonimo di filiera efficiente. Secondo il Senatore quello che manca nel nostro sistema distributivo, caratterizzato da una significativa presenza di operatori commerciali e distributivi, è l'organizzazione. Si pensi che solo il 35% dell'ortofrutta nel nostro Paese è commercializzata in forma organizzata: in Abruzzo la percentuale è bassissima (si parla del 5%) ma ci sono anche esempi virtuosi come il Trentino Alto Adige dove il 100% della produzione ortofrutticola è commercializzata in forma organizzata. L'efficienza. Ma quando si può parlare di filiera efficiente? Secondo De Castro una filiera è efficiente quando riesce a minimizzare i costi industriali di produzione e distribuzione. In secondo luogo, come si diceva prima, aprioristicamente non è possibile affermare che la filiera corta è più efficiente di quella lunga dato che sono le caratteristiche tecnico economiche del comparto/prodotto agroalimentare a determinarne la lunghezza. Infine, è altresì vero che la lunghezza della catena tende a ridursi quanto più organizzati risultano entrambi gli operatori posti agli estremi della stessa permettendo in tal modo una diminuzione di quelle "sacche di inefficienza" che spesso conducono ad una riduzione dei margini degli stessi operatori e un contestuale aumento dei prezzi per i consumatori.

E' d'accordo con il Senatore quando si parla di maggiore organizzazione, Vito Bianco (Confagricoltura) secondo il quale oltre ai consumatori, la scarsa organizzazione pregiudica il mercato e non consente ulteriore crescita. La via d'uscita - sostiene Bianco - sta nella razionalizzazione del lavoro attraverso accordi con il mondo della trasformazione e della grande distribuzione organizzata.

In effetti, anche nella visione del professore De Castro, le nostre industrie hanno una forte propensione all'export che tuttavia necessita di essere sempre più incoraggiato dal momento che dal confronto con i partner europei usciamo - come sempre - sconfitti.

Non è totalmente d'accordo con una maggiore organizzazione delle filiere Luciano Sita (Centromarca) secondo il quale c'è una parte delle efficienze delle filiere che non può essere misurata. Sita fa riferimento alla estemporaneità, alla vivacità che caratterizza la nostra filiera. L'esempio rende meglio l'idea: il consumatore che va ad acquistare un litro di latte dal contadino attribuisce al gesto una serie di valori che non si possono misurare (ad esempio l'esperienza di recarsi in campagna, alle stalle, la mungitura). Secondo Sita, ciò afferma il concetto di carattere generale che più numerose sono le filiere maggiore è la possibilità di scelta per i consumatori e il livello di competizione del mercato. Dunque ritorna un'intuizione "antica": più competizione, maggiore vantaggio per i consumatori. E' vero, ma la vera concorrenza sui prodotti ortofrutticoli non esiste. L'ha fatto notare Paolo Landi (Adiconsum) intervenuto al workshop secondo il quale a differenza degli altri prodotti, su quelli ortofrutticoli non c'è una grande concorrenza che permette di scegliere al consumatore il prodotto che più soddisfa la propria capacità di spesa.

Se è vero come ha spiegato De Castro supportato da Bianco che filiera corta non è sinonimo di efficienza come ci hanno fatto credere in questi ultimi tempi, perchè nei farmer market - dove si saltano diversi passaggi della filiera dal momento che il contadino vende direttamente al consumatore il frutto del suo lavoro - è possibile risparmiare e soprattutto perchè se aumenta il prezzo del grano all'origine la pasta costa di più e ad una diminuzione del costo all'origine non corrisponde quasi mai una diminuzione del costo della pasta per il consumatore finale? C'è qualcosa che non torna.

 

Il lavoratore non perde il diritto alle ferie annuali retribuite che non ha potuto esercitare a causa di malattia. È quanto afferma la Corte di giustizia delle Comunità europee in riferimento a due richieste di intervento provenienti dalla Germania e dal Regno Unito nell'ambito di controversie sulle ferie annuali retribuite dei lavoratori che si trovano in congedo per malattia.

"Il diritto alle ferie annuali retribuite - afferma la Corte - non può estinguersi allo scadere del periodo di riferimento e/o di un periodo di riporto fissato dal diritto nazionale anche quando il lavoratore sia stato in congedo per malattia per l'intera durata o per una parte del periodo di riferimento e la sua inabilità al lavoro sia perdurata fino al termine del rapporto di lavoro, ragione per la quale egli non ha potuto esercitare il suo diritto alle ferie annuali retribuite".

Per quanto riguarda invece il diritto a un'indennità finanziaria sostitutiva delle ferie annuali retribuite e non godute, la Corte afferma che "l'indennità deve essere calcolata in modo da porre il lavoratore in una situazione analoga a quella in cui si sarebbe trovato se avesse esercitato tale diritto nel corso del rapporto di lavoro".

L'economia verde può rappresentare un fattore di sviluppo e creare posti di lavoro ovunque, in una sfida che mette insieme crescita verde, sviluppo sostenibile, riduzione dell'inquinamento, energie rinnovabili e rispetto della dignità dei lavoratori e delle condizioni di lavoro. Sono 2,3 milioni oggi i lavoratori impiegati nel settore delle energie rinnovabili in tutto il mondo. A livello globale, circa 300 mila lavoratori sono impiegati nel settore dell'energia eolica, circa 170 mila nel solare fotovoltaico, più di 600 mila nel solare termico e fra questi la maggior parte è in Cina. Si stima inoltre che quasi la metà degli "ecolavori", circa 1,2 milioni, siano impiegati nel settore biocombustibili nei quattro paesi leader Brasile, Stati Uniti, Germania e Cina. È la fotografia che emerge dal rapporto "Green Jobs. Verso lavori dignitosi in un mondo sostenibile a basse emissioni di CO2", commissionato e finanziato dall'Unep (United Nations Environment Programme) insieme a Ilo (International Labour Organization), Ioe (International Organization of Employers) e Ituc (International Trade Union Confederation). Lo studio disegna il panorama internazionale degli ecolavori ed è stato presentato oggi nell'ambito di un'iniziativa di due giorni organizzata dal Polo energia ambiente della Regione Lazio e dalla rivista Modus Vivendi.

I 2,3 milioni di ecolavori del 2006 potrebbero diventare 20 milioni di posti di lavoro nel 2030, secondo le stime presentate da Ana Belen Sanchez, Climate Change Specialist, Policy Integration Department dell'Ilo. E si tratta di stime per difetto. In vista c'è "una seconda grande trasformazione dell'economia" che avrà "un profondo impatto sulle imprese e sui lavoratori". "Non è solo necessario - ha detto Sanchez - avere lavori verdi se questi non sono anche lavori dignitosi".

In Europa i paesi leader sono Germania e Spagna. Ma i "green jobs" interessano anche paesi emergenti e in via di sviluppo. Nel settore dei riciclo, ad esempio, sono 500 mila i posti di lavoro in Brasile e ben 10 milioni in Cina, dove però - ha sottolineato Sanchez - si registrano cattive condizioni di lavoro che riguardano sia l'impatto sull'ambiente sia la salute dei lavoratori. Esperienze interessanti si registrano però anche in condizioni caratterizzate da disagio o povertà: in Bangladesh ad esempio ci sono progetti per l'installazione di impianti fotovoltaici attraverso il microcredito, mentre in Sud Africa ci sono interventi negli slums che prevedono installazione di pannelli solari, isolamento delle baracche, installazione di lampadine ad alta efficienza energetica.

"Una transizione globale verso un'economia sostenibile e con un consumo minore di CO2 - si legge nella sintesi del Rapporto - può creare un elevato numero di ecolavori nei vari settori dell'economia, diventando in tal modo un motore per lo sviluppo. La creazione di questi lavori sta avendo luogo sia nei Paesi ricchi che in alcuni Paesi emergenti e in via di sviluppo".

A livello di ripercussioni sull'occupazione, queste prevedono quattro diversi casi: creazione di lavori aggiuntivi, sostituzione di alcuni lavori, eliminazione di altri, trasformazione e ridefinizione di alcune occupazioni. Ma gli ecolavori "devono necessariamente essere lavori dignitosi, vale a dire lavori che offrono un salario adeguato, condizioni di lavoro sicure, sicurezza del posto di lavoro, prospettive ragionevoli di carriera e rispetto dei diritti del lavoro". Di conseguenza, non sono affatto verdi e dignitosi quei lavori nel riciclaggio di materiale elettronico in Asia, o nelle piantagioni di prodotti per biocarburante in America Latina, che sfruttano i lavoratori e li privano della libertà. Mentre nei "green jobs" quali opportunità per il futuro "non ci sarà - ha detto Ana Belen Sanchez - nessuna necessità di scegliere fra la protezione dell'ambiente e lo sviluppo, la giustizia sociale, la crescita economica".

E in Europa? Il rapporto evidenzia che "secondo le previsioni, entro il 2010 si creeranno 950.000 posti di lavoro a tempo pieno direttamente o indirettamente legati al settore, che saliranno a 1,4 milioni entro il 2020". Se si adottasse una strategia avanzata per le rinnovabili, questi numeri salirebbero a 1,7 milioni di posti di lavoro entro il 2010 e 2,5 milioni entro il 2020. Nel frattempo i paesi leader sono Germania e Spagna.

La Germania aveva 157 mila green jobs nel 2004 che sono diventati 236 mila nel 2006 e ben 249.500 nel 2007. Nel 2006 ha esportato più del 70% degli impianti a energia eolica e circa un terzo delle turbine eoliche e delle celle fotovoltaiche nel mondo sono prodotte in Germania. Secondo la società di consulenza del lavoro Roland Berger, le previsioni stimano per la Germania dalle 400 alle 500 mila persone impiegate nelle rinnovabili entro il 2020 e 710 mila entro il 2030.

La Spagna di recente ha visto espandersi il settore delle rinnovabili: da un recente sondaggio emerge che oggi oltre mille imprese dedicate alle rinnovabili danno lavoro a 89 mila lavoratori in maniera diretta e a 99 mila in maniera indiretta per un totale di 188 mila impiegati nel settore.

PDF: Green Jobs: Towards decent work in a sustainable, low-carbon world

E' a disposizione on line, sul sito dell'Agenzia delle Entrate, per 13 milioni di contribuenti italiani, la versione definitiva del modello 730 per la dichiarazione dei redditi del 2008. La nuova versione semplificata presenta le seguenti novità:

  • la possibilità per i nuclei familiari a basso reddito di chiedere il "bonus straordinario", meglio conosciuto come bonus famiglia;
  • l'aumento del limite di detraibilità per interessi passivi su mutui;
  • la detrazione d'imposta del 19 per cento per le spese di acquisto degli abbonamenti ai servizi di trasporto pubblico;
  • l'inclusione del comune di residenza tra i possibili beneficiari del cinque per mille dell'Irpef;
  • la possibilità di optare per una differente modalità di tassazione dei compensi percepiti per lavoro straordinario;
  • la detrazione del 19 per cento riconosciuta agli studenti universitari fuori sede anche nel caso in cui le spese sono sostenute per canoni relativi a contratti di ospitalità;
  • la possibilità per i docenti di fruire della detrazione del 19 per cento per le spese di formazione e autoaggiornamento;
  • la detrazione del 19 per cento sui contributi versati per il riscatto del corso di laurea dei familiari fiscalmente a carico.

Inoltre anche per il 2009 sono state prorogate:

  • le detrazioni per le spese di riqualificazione energetica e di ristrutturazione edilizia, rispettivamente pari al 55 e al 36 per cento;
  • la detrazione del 20 per cento per la sostituzione di frigoriferi e congelatori e per l'acquisto di motori ad elevata efficienza e di variatori di velocità;
  • la detrazione del 19 per cento per le spese sostenute dai genitori per la frequenza di asili nido.

I contribuenti potranno anche restituire, se indebitamente fruiti, sia il "bonus fiscale", relativo all'anno 2006, sia il "bonus straordinario" relativo all'anno 2007 o 2008 previsto per i nuclei familiari a basso reddito.

Il modello 730 può essere utilizzato per dichiarare i seguenti tipi di reddito posseduti nel 2008:

  • di lavoro dipendente e assimilati
  • dei terreni e dei fabbricati
  • di capitale
  • di lavoro autonomo per i quali non è richiesta la partita Iva
  • alcuni dei redditi diversi
  • alcuni dei redditi assoggettabili a tassazione separata

Il passaparola sulla convenienza delle condizioni e sulla qualità del servizio è il canale di accesso attraverso il quale 6 immigrati su 10 scelgono la banca. Solo per il 5% degli immigrati la banca era già conosciuta nel Paese d'origine. I dati confermano il ruolo e l'importanza delle reti informali nel passaggio di informazioni per gli immigrati. E' una delle anticipazioni della ricerca ABI-CeSPI "Banche e nuovi italiani: i comportamenti finanziari degli immigrati" di cui si parlerà al quarto Forum sulla responsabilità sociale che si terrà il 27 e 28 gennaio a Roma.

La banca è vista soprattutto come il luogo dove depositare i propri risparmi per il senso di sicurezza che infonde. Per l'84% degli immigrati questa funzione di deposito è preminente, mentre per il 60% è significativa anche quella di accesso al credito. Tra i fattori determinanti nel rapporto con le banche, emergono innanzitutto vicinanza a casa e accoglienza, seguono condizioni economiche, vicinanza al lavoro, flessibilità degli orari e delle condizioni, consulenza. Importanti dunque elementi di prossimità e di stabilità, ma l'obiettivo è anche costruire una relazione forte

I servizi di pagamento - assegni, carte di debito, addebito delle bollette e accredito dello stipendio - sono i più utilizzati (47%); seguono quelli per la gestione della liquidità, che comprendono il conto corrente e i depositi a risparmio (36%). I finanziamenti (14%) e gli investimenti (1%) hanno un peso minore. Quasi l'80% usa il bancomat, il 10% l'home banking. I servizi di addebito - accredito dello stipendio sono utilizzati quasi da un immigrato su due. Mutui e prestiti personali sono utilizzati dal 27% dei correntisti, mentre le carte di credito da circa il 20%.

I mutui hanno il maggior incremento al crescere dell'anzianità migratoria, tanto che un immigrato su cinque residente in Italia da più di 10 anni ne ha sottoscritto uno. I prestiti personali hanno invece un ruolo per far fronte alle spese più importanti sin dalle prime fasi dell'integrazione per la maggiore flessibilità e accessibilità.

 

Stop del Garante Privacy alle telecamere che registrano anche l'audio all'interno di un locale e cancellazione delle registrazioni. È quanto disposto dal Garante per la Protezione dei Dati Personali, intervenuto con un provvedimento inibitorio dopo le segnalazioni di alcuni cittadini che lamentavano l'installazione, da parte di un negoziante, di numerose telecamere che riprendevano mezzi, persone in transito e accessi agli immobili.

Le segnalazioni, rende noto la newsletter del Garante, contestavano anche l'assenza di cartelli visibili che informassero della presenza delle telecamere. L'Autorità ha effettuato controlli e verificato che all'epoca della prima ispezione mancavano del tutto cartelli che informassero della presenza del sistema di videosorveglianza - quattro telecamere esterne e tre interne - mentre quelli apposti dopo non erano ben visibili. Soprattutto, una delle telecamere era collocata vicino al registratore di cassa e dotata di registratore audio. Secondo il provvedimento adottato, il negoziante dovrà dunque rimuovere le telecamera con audio e cancellare suoni e voci finora raccolti. Per l'Autorità la registrazione delle voci è infatti risultata illecita perchè "non conforme al principio di finalità, secondo cui il trattamento deve essere effettuato per finalità determinate, esplicite e legittime".

Nel 2005 oltre 500mila donne nel mondo sono morte per cause legate alla gravidanza o al parto; i bambini le cui madri muoiono dopo il parto hanno, purtroppo, elevate possibilità di morire nei primi 2 anni di vita. "E' allarmante il fatto che ancora oggi siamo costretti ad assistere ad un'alta mortalità materna" ha denunciato il Ministro delle Pari opportunità Mara Carfagna, intervenendo alla presentazione del Rapporto Unicef 2009 intitolato "Salute materna e neonatale".

"Per ogni neonato che muore - ha aggiunto Mara Carfagna - ce ne sono 20 che alla nascita subiscono gravi lesioni che li invalidano a vita. Quello che indigna sono le cause che troppo spesso determinano questi decessi, e cioè ignoranza, povertà, discriminazione e informazione. Purtroppo in troppe parti del mondo persiste una forte discriminazione di genere".

Il Ministro delle Pari opportunità ha ribadito che quest'anno l'Italia ha una grande occasione, quella delle presidenza del G8, che dovrà essere sfruttata per "accendere i riflettori su questo tema per portare a compimento il processo di liberazione e di emancipazione delle donne". "Perché non si può voltare lo sguardo dall'altra parte per non ascoltare questo impietoso bilancio, che il Rapporto Unicef fa emergere. Noi siamo qui per guardare in faccia questa realtà e quelle tante donne che nel mondo sono costrette a vivere la gravidanza come un evento difficoltoso e non come uno dei momenti più straordinari per la vita di ciascuna di noi".

Mara Carfagna insiste sul fatto che "bisogna agire sulle cause, avviando una sinergia tra istituzioni e operatori del settore". Fondamentali sono, secondo il Ministro, 3 concetti, che vengono evidenziati anche dal Rapporto, e cioè collaborazione, impegno e creatività, per investire in modo adeguato le risorse a disposizione, per offrire adeguate pratiche pre e postnatali. "Su questo offro il mio impegno affinché questa collaborazione in Italia possa davvero dare risultati concreti, visto che anche nel nostro Paese c'è ancora una percentuale di donne che muore per cause legate al parto e una percentuale di bambini che muoiono appena nati".

Il Ministro Carfagna ha infine chiesto al Presidente dell'Unicef Italia Vincenzo Spadafora di "collaborare sinergicamente verso l'obiettivo comune della garanzia dei diritti dell'infanzia al di sopra di ogni cosa, dell'annullamento della percentuale dei decessi, perché investire sull'infanzia significa ridare speranza al Paese".

A coronamento di quest'impegno il Presidente dell'Unicef Italia ha consegnato a Mara Carfagna la Pigotta, che è diventata il simbolo dell'organizzazione umanitaria, rappresentando il lavoro di tantissimi volontari. "Quest'anno siamo nel ventennale della Convenzione internazionale sui diritti dell'infanzia e questa può essere un'occasione per riprendere il tema della solidarietà consapevole" ha dichiarato Vincenzo Spadafora.

"Il dato che continua a farmi sperare è quello che nel 2008 l'Unicef Italia è riuscita a raccogliere 60 milioni di euro di contributi privati, dai singoli cittadini, alle scuole alle organizzazioni. Questa - ha detto Spadafora - è la testimonianza di come anche nei momenti di crisi economica l'opinione pubblica italiana sia attenta al tema della solidarietà e noi ci impegneremo in grandi progetti per portare soprattutto un'assistenza sanitaria dove non c'è.

Dal Rapporto Unicef emerge il fatto che le situazioni più critiche affliggono i paesi meno sviluppati. "Le donne dei paesi più poveri hanno 300 volte in più di probabilità di morire di parto o per complicanze legate alla gravidanza rispetto alle donne dei paesi industrializzati".

Basta questo paragone: in Irlanda il rischio di mortalità materna è il più basso al mondo, colpendo una donna su 47.600; in Niger il rischio di mortalità materna colpisce una donna su 7. In Sierra Leone muoiono per parto 2.100 donne su 100mila. Delle 500mila donne morte nel 2005 per cause legate a gravidanza o parto, il 99% viveva in Asia e Africa. Ogni giorno, in gran parte nei paesi in via di sviluppo, muoiono 25.200 bambini con meno di cinque anni (11 mila sono neonati).

Dal 1990 il dato sulla mortalità infantile è calato, anche se di poco: nel 1990 erano morti 13 milioni di bambini; nel 2007, si è scesi a 9.200.000. In testa alla classifica per neonati morti c'é la Liberia (66 morti ogni mille nati vivi); seguono la Costa d'Avorio (64), l'Iraq (63), l'Afghanistan (60), la Sierra Leone (56). Le cause sono infezioni (36%), asfissia (23%), nascite pre-termine (27%). Uno degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio è quello di ridurre del 75% il tasso di mortalità materna entro il 2015. L'Unicef sta lavorando per raggiungerlo.

L'Italia è in recessione e per il 2009 si prevede una diminuzione del Pil pari al 2%, con una ripresa dello 0,5% solo a partire dal 2010. L'Italia è in recessione, la crisi globale si è intensificata e dunque si prevede "un proseguimento nell'anno in corso della fase recessiva in atto; il prodotto riprenderebbe a espandersi, seppur di poco, solo nel 2010, beneficiando di una ripresa degli scambi internazionali. Valutiamo che, tenendo conto delle misure di sostegno alla domanda decise dal Governo, il PIL si contragga del 2,0 per cento nella media del 2009, per poi tornare a crescere dello 0,5 nel 2010". È quanto scrive la Banca d'Italia nel Bollettino economico pubblicato oggi.

"La crisi di fiducia - scrive Bankitalia - si è estesa dai mercati finanziari alle scelte di consumatori e imprese". Gli interventi di governi e banche centrali, all'indomani del fallimento della Lehman Brothers, hanno assicurato la continuità dei flussi di finanziamento ed evitato, anche in Italia, la paralisi dei mercati finanziari. Ma l'area euro è entrata in recessione e in recessione è anche l'Italia.

"Il PIL dell'Italia, diminuito dell'1,6 per cento in ragione d'anno nel secondo trimestre del 2008, è caduto del 2,0 nel terzo, riflettendo un forte calo degli investimenti delle imprese, una flessione delle esportazioni, una stagnazione dei consumi delle famiglie - scrive la Banca d'Italia - Il peggioramento congiunturale si è accentuato negli ultimi mesi del 2008: si stima che nella media del quarto trimestre l'indice della produzione industriale, corretto per il numero di giorni lavorativi e per i fattori stagionali, sia disceso di circa il 6 per cento. La fiducia delle imprese è scesa a livelli minimi nel confronto storico; recenti sondaggi congiunturali prefigurano la prosecuzione della fase di debolezza dell'attività di investimento nell'anno in corso, in un contesto di diffuso pessimismo sulle prospettive della domanda. L'occupazione, in crescita da oltre dieci anni, ha subito una battuta d'arresto nel terzo trimestre dell'anno scorso; si è intensificato nello scorcio del 2008 il ricorso alla Cassa integrazione guadagni".

Secondo le previsioni l'inflazione, "in forte discesa nel 2009, rimarrebbe ben al di sotto del 2 per cento anche nel 2010". Diminuirebbe all'1,1 per cento nel 2009 per poi risalire all'1,4 per cento nel 2010 a seguito, prima della caduta del prezzo delle materie prime poi del loro moderato recupero. "Le retribuzioni, dopo la temporanea accelerazione registrata nel 2008 a conclusione di molti rinnovi contrattuali, rallenterebbero nel 2009".

Le previsioni sono però soggette a incertezze legate all'eventuale ulteriore indebolimento dell'economia mondiale. E comunque le politiche economiche non devono compromettere la sostenibilità delle finanze pubbliche. Rileva infatti Bankitalia: "Vi è ampio consenso sul fatto che, in una fase ciclica eccezionalmente avversa, le politiche economiche debbano mettere in atto ogni possibile iniziativa per attenuare e abbreviare la recessione, purché non venga compromessa la sostenibilità nel medio e lungo periodo delle finanze pubbliche. Questa poggia in ultima analisi sulla prospettiva di riattivare il processo di crescita dell'economia".

LINK: Bollettino economico - gennaio 2009

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