L'imponibile evaso in Italia nel 2008 è stato di circa 331 miliardi di euro l'anno. In termini di imposte sottratte all'erario siamo nell'ordine dei 125,8 miliardi di euro. È questa la stima calcolata da KRLS Network of Business Ethics per conto di Contribuenti.it - Associazione Contribuenti Italiani elaborando dati ministeriali, dell'Istat, della Banca d'Italia e dello Sportello del Contribuente

Cinque sono le aree di evasione fiscale analizzate: l'economia sommersa, l'economia criminale, l'evasione delle società di capitali, l'evasione delle big company e quella dei lavoratori autonomi e piccole imprese.

La prima riguarda l'economia sommersa che sottrae al fisco italiano un imponibile di circa 125 MLD di euro l'anno. L'esercito di lavoratori in nero è composto da circa 2,2 milioni. Di questi 850.000 sono lavoratori dipendenti che fanno il secondo o il terzo lavoro. Si stima un'evasione d'imposta pari a 30 MLD di euro.

La seconda è l'economia criminale realizzata dalle grandi organizzazioni mafiose che, in almeno 3 regioni del Mezzogiorno, controllano buona parte del territorio. Si stima che il giro di affari non "contabilizzati" si attesta sui 120 miliardi di euro l'anno con un'imposta evasa di 40 MLD di euro.

La terza area è quella composta dalle società di capitali, escluso le grandi imprese. Secondo i dati ministeriali e dello Sportello del Contribuente, il 79% circa delle società di capitali italiane dichiara redditi negativi (52%) o meno di 10 mila euro (27%). In pratica su un totale di circa 800.000 società di capitali il 79% non versa le imposte dovute. Si stima un'evasione fiscale attorno ai 17 miliardi di euro l'anno.

La quarta area è quella composta delle big company. Una su tre chiude il bilancio in perdita e non paga le tasse. Inoltre il 94 % delle big company abusano del "transfer pricing" per spostare costi e ricavi tra le società del gruppo trasferendo fittiziamente la tassazione nei paesi dove di fatto non vi sono controlli fiscali sottraendo al fisco italiano 30 MLD di euro. Inoltre, negli ultimi cinque anni, le 100 maggiori compagnie del paese hanno ridotto del 7 per cento le imposte dovute all'erario grazie all'uso di conti offshore.

Infine c'è l'evasione dei lavoratori autonomi e delle piccole imprese dovuta alla mancata emissione di scontrini, di ricevute e di fatture fiscali che sottrae all'erario circa 8,8 miliardi di euro l'anno.

In testa nel 2008, tra le regioni, dove sono aumentati numericamente gli evasori fiscali, risulta la Campania, con +9,4%. Secondo e terzo posto spettano rispettivamente al Veneto con + 9,1% e alla Lombardia +8,9%. A seguire il Lazio con +7,5%, la Liguria con +6,8%, l'Emilia Romagna con +6,3%, la Toscana con +5,9%, il Piemonte con +5,7%, le Marche con +5,3%, la Puglia con +4,8%, l'Abruzzo con +4,6%, la Sicilia con +4,3% e il Trentino Alto Adige con +4,1%. La Lombardia, invece, in valore assoluto ha fatto registrare il maggior aumento dell'evasione fiscale.

 

Confcommercio aggiorna in negativo le previsioni macroeconomiche: nel 2009 il Prodotto interno lordo diminuirà del 2,3% e avrà crescita zero nel 2010, mentre i consumi delle famiglie scenderanno quest'anno dell'1% e nel 2010 saliranno di appena lo 0,2%. La crisi economica porta l'Italia indietro di dieci anni ai livelli del 2000. Sono i dati della ricerca "Note per evitare la depressione (economica): meno fisco per le famiglie, più credito alle imprese", realizzata dall'Ufficio Studi Confcommercio e presentata in apertura della decima edizione del Forum di Cernobbio.

Secondo la ricerca della Confcommercio, le regioni che si troveranno più in difficoltà saranno Piemonte e Basilicata per il ruolo del settore auto, Puglia per il peggioramento dei saldi turistici e Calabria per il crollo della produttività e l'aumento delle migrazioni dirette al Nord. Si accentuerà invece per le imprese la forbice fra le cessazioni e le nuove iscrizioni.

Per Confcommercio l'economia italiana è dunque nel mezzo di una crisi che sarà più lunga e profonda del previsto sopratutto per la scarsa produttività dei fattori produttivi e per i redditi delle famiglie che non aumentano. Far ripartire i consumi delle famiglie e facilitare l'accesso al credito per le imprese sono dunque considerati i due fattori principali per affrontare la crisi.

Quali interventi per rilanciare l'economia? Le proposte sono quella di ridurre la pressione fiscale con un abbassamento della prima aliquota Irpef dal 23% al 22% e di prevedere benefici agli incapienti e sostegno ai disoccupati: misure che, secondo Confcommercio, avrebbero un costo di 9,8 miliardi di euro che si potrebbe coprire dai risparmi nella spesa pubblica.

Bisogna ripensare i modelli di consumo, soprattutto in un momento di crisi economico come quello attuale. E' questo il messaggio principale che è venuto fuori dalla Decima Giornata Europea del consumatore che si celebra ufficialmente il 15 marzo. Il Comitato economico e sociale europeo ha anticipato i temi della Giornata, organizzando oggi un dibattito con tutte le figure istituzionali.

Il Presidente del Cese, Mario Sepi, ha ricordato che il Comitato economico e sociale è all'origine della Giornata europea del consumatore, portando la rappresentanza dei consumatori, degli attori del mercato, così come delle istituzioni comunitarie. Per Sepi oggi è necessaria una riflessione di fondo che ri-orienti il nostro consumo, che è troppo spesso legato ai bisogni di riconoscimento sociale e di simboli di status. Questa riflessione, però, non può non implicare il concetto di sostenibilità, principio che al giorno d'oggi diventa fondamentale. "Il modello di protezione dei consumatori come lo conosciamo noi europei è unico al mondo" ha dichiarato il Presidente del Cese.

"Questa Giornata del consumatore costituisce in una certa misura una nuova partenza, soprattutto per far fronte alla crisi attuale, che è la più grave dal 1930 - ha detto Meglena Kuneva, Commissario Ue alla tutela dei consumatori - la politica dei consumatori, quindi, è in equilibrio con le preoccupazioni attuali, anzi ne costituisce un elemento di soluzione".

Kuneva ha sottolineato l'importanza del "consumatore istruito", che sia ad un tempo informato e comprenda il funzionamento del mercato unico. "La legislazione comunitaria non significa nulla se non viene messa in atto dagli Stati membri" ha spiegato il Commissario Ue. Dunque la nuova direttiva propone regole sane e il miglioramento della tutela dei consumatori del digitale, che costituiscono uno dei cantieri di lavoro del momento.

Marianne Thyssen, membro del Parlamento europeo, si è detta soddisfatta della cooperazione tra le istituzioni in materia di politica dei consumatori; ha sottolineato l'importanza dell'aspetto qualitativo dell'informazione al consumatore e della sorveglianza del mercato. Thyssen ha dichiarato, infine, che "la liberalizzazione, soprattutto quella dei servizi, non deve assolutamente nuocere ai consumatori".

"Un'Europa senza barriere!" è l'appello finale che arriva da Karel Machotka, direttore generale al Ministero dell'Industria e del Commercio della Repubblica Ceca, intervenuto alla Giornata europea del consumatore in rappresentanza della Presidenza ceca dell'Ue.

 

15 marzo 2009, dieci anni dall'istituzione della Giornata europea dei diritti del consumatore. Le associazioni si mobilitano: per l'occasione l'Adiconsum sarà presente a Roma con sei stand di informazione mentre il CEC Italia dedicherà la giornata di quest'anno al tema delle pratiche commerciali scorrette.

Istituita il 15 marzo 1999 su iniziativa del Comitato economico e sociale europeo, la Giornata - ricorda il Centro Europeo Consumatori ECC-Net Italia nella Newsletter "Europa Consumi" - coincide con la Giornata mondiale del consumatore, che a sua volta trae origine da una dichiarazione del presidente statunitense Kennedy al Congresso americano il 15 marzo 1962 nel corso del quale vennero enunciati per la prima volta alcuni diritti fondamentali dei consumatori. Quest'anno il CEC Italia ha deciso di incentrare la sua Giornata sulle pratiche commerciali scorrette, "comportamenti ingannevoli o aggressivi - informa - che, purtroppo, sempre più professionisti assumono, al fine di indurre con l'inganno o la pressione fisica o psicologica il consumatore all'acquisto di un prodotto, alterando la sua capacità di decisione e di scelta".

Adiconsum celebrerà la giornata con una domenica a contatto dei consumatori: appuntamento dalle 10,30 alle ore 17,30 a Roma alla Galleria Alberto Sordi con sei stand di informazione e con gli esperti dell'associazione. I temi coperti: viaggi e acquisti transfrontalieri, con la consulenza degli esperti dello Sportello europeo ECC-Net Italia; servizi bancari e dunque mutui, credito al consumo, risparmio; servizi assicurativi (Rc auto e polizze varie); sicurezza dei prodotti alimentari e sana alimentazione; utenze domestiche come luce, gas, telefono fisso e mobile, tv; risparmio di energia nelle abitazioni, nei condomini e incentivi 55%.

Sempre presso la Galleria Colonna ci sarà il Centro Europeo Consumatori, con uno stand presso cui sarà possibile ricevere consulenza e materiale informativo sui diritti dei consumatori europei nel Mercato Unico. Sarà un'occasione per chiedere consulenza su argomenti quali il trasporto aereo e i pacchetti turistici, la garanzia post- vendita sui beni e le vendite a distanza. Il focus tematico della Giornata è però proprio la tutela dalle pratiche commerciali scorrette. La Commissione Europea ha dedicato loro un sito web in 22 lingue: www.isitfair.eu.

Una seconda iniziativa di Adiconsum si svolgerà invece sui treni Alta velocità Roma-Milano delle ore 9.30 e 10.30 e Milano-Roma delle 14.30 e 15.30: l'associazione distribuirà il materiale informativo sul Tavolo di conciliazione istituito fra Trenitalia e le principali Associazioni dei Consumatori.

Ma cosa è cambiato per il consumatore europeo in dieci anni? Quali le conquiste e gli obiettivi sui quali deve puntare l'Unione europea nella tutela dei consumatori? In occasione della Giornata, Cittadini in TV, la TV-Web del Movimento Difesa del Cittadino, ha intervistato Anna Bartolini, rappresentante italiana nel Consiglio dei consumatori dell'Unione Europea. L'intervista è online sul sito di MDC.

Il 2008 si chiude con 391.688 ristrutturazioni effettuate con regime fiscale agevolato. Il dato, di poco inferiore al record del 2007, -2,7%, è comunque la seconda migliore performance dal 1998 a oggi. A dare nuova linfa al settore edilizio è arrivato anche il via libera della Ue all'applicazione permanente dell'Iva al 10%. Nel 2006, in assenza dell'autorizzazione comunitaria, le ristrutturazioni edilizie scontavano l'imposta al 20% e, per compensare l'aggravio economico, era stata innalzata la percentuale della detrazione Irpef dal 36 al 41%. Solo dopo la direttiva europea del 14 febbraio 2006, è stato possibile riconoscere di nuovo l'Iva ridotta nella misura del 10% e ripristinare il bonus fiscale del 36%, con decorrenza dal 1° ottobre 2006.

La Lombardia si conferma in testa alla classifica su base regionale delle ristrutturazioni agevolate richieste negli ultimi dieci anni. Ammonta a 755.834 il numero dei contribuenti che ha richiesto la detrazione d'imposta del 36% delle spese sostenute per restaurare un immobile di proprietà. Il dato rappresenta quasi il 21% del totale nazionale. Solo nel 2008, le ristrutturazioni lombarde hanno raggiunto quota 88.215, cioè il doppio di quelle registrate il primo anno di fruizione del bonus (1998). Dopo la Lombardia, seguono Emilia Romagna e Veneto, che segnano rispettivamente il 15% e il 12% del dato italiano.

 

I videogiochi possono stimolare l'apprendimento dei bambini e possono essere anche una efficace terapia nella riabilitazione di pazienti che hanno subito traumi cerebrali o degli autistici. Ma dietro di essi si nascondono molti pericoli, individuabili nella violenza e nell'assuefazione, quindi vanno controllati.

E' quanto chiede oggi il Parlamento europeo, approvando la relazione del parlamentare olandese Toine Manders, in cui si sostiene la necessità di trattare con precauzioni l'impatto dei giochi sul comportamento dei minori.

Il Parlamento sostiene l'adozione di norme di etichettatura armonizzate a livello comunitario per i videogiochi e chiede di inserire un'avvertenza sonora nel sistema paneuropeo d'informazione sui giochi (PEGI), che è già "uno strumento importante" per consentire ai genitori di scegliere giochi adatti ai bambini. Propone poi di esaminare il vantaggio di predisporre un "bottone rosso" da poter installare nelle console (mobili) oppure nei dispositivi di gioco e nei computer, "che sia in grado di bloccare un certo gioco o che possa controllare l'accesso al gioco a certe ore o ad alcune parti del gioco".

Un altro fenomeno da non sottovalutare è il ricorso a giochi acquistati e scaricati da internet, anche nei cyber café, cosa che rende sempre più difficili i controlli dei genitori. Servono, dunque, misure di controllo adeguate per gli acquisti on line, inclusi quelli tramite carte di credito o buoni, e si attendono che il settore professionale dei giochi "integri sistematicamente modelli di accesso per i giochi online in maniera tale che i minori non siano esposti a contenuti nocivi".

Anche perché il 3,2% dei minori tra i 6 e i 17 anni naviga in rete all'interno di Internet café senza alcun controllo da parte degli adulti. Per questo il Parlamento sollecita la Commissione a finanziare ulteriormente il sistema PEGI Online che gestisce i giochi scaricati da internet o online.

Si invita la Commissione ad attuare misure legislative che scoraggino l'uso improprio dei giochi online per attività commerciali sleali, fra cui attività che inducono con l'inganno utenti minorenni ad assumere impegni giuridici (ad esempio attraverso sottoscrizioni automatiche o dialer che impostano connessioni a costosi numeri a pagamento) o che inviano messaggi promozionali anticoncorrenziali come, ad esempio, il product placement o altre tecniche di marketing nascosto (stealth marketing).

Per i deputati è poi necessario organizzare campagne d'informazione e sensibilizzazione nazionali destinate ai consumatori, in particolare ai genitori, per aiutarli a scegliere videogiochi adatti all'età e al livello di conoscenze dei loro figli "evitando prodotti non adeguatamente etichettati". Ma anche per colmare il divario tecnologico generazionale e promuovere i sistemi PEGI e PEGI Online. La Commissione dovrebbe inoltre agevolare lo scambio delle migliori pratiche fra le competenti autorità dell'educazione nazionale in vista di integrare l'alfabetizzazione nel settore dei giochi negli obiettivi educativi della scuola primaria e secondaria.

 

Le Associazioni dei consumatori del Consiglio Nazionale Consumatori e Utenti - Adiconsum, Adusbef, Assoutenti, Centro Tutela Consumatori Utenti, Cittadinanzattiva, Codacons, Confconsumatori, Federconsumatori, Movimento Consumatori, Movimento Difesa del Cittadino e Unione Nazionale Consumatori - sono costrette a rimandare la manifestazione prevista per domani mattina a Piazza Montecitorio, contro il tentativo del Governo e della maggioranza di cancellare le liberalizzazioni introdotte con le "lenzuolate" di Bersani (legge 40/2007) e di vanificare la class action.

Il Sindaco di Roma Gianni Alemanno ha negato, infatti, alle Associazioni dei consumatori, insieme alle categorie professionali interessate dalle liberalizzazioni (liberi farmacisti, agenti assicurativi, etc.) di manifestare davanti alla Camera dei Deputati, in base ad un Protocollo firmato ieri con il Prefetto della Capitale, Giuseppe Pecoraro, che disciplina il diritto di protesta in alcune vie e piazze di Roma. Le Associazioni comunicano che la manifestazione è rinviata a quando sarà dato nuovamente il permesso di manifestare a Montecitorio.

Sono oltre 20 milioni i clienti delle banche italiane che utilizzano, oltre ai canali tradizionali (sportelli e promotori), quelli fai da te (Internet banking, calla center, aree self service). Soltanto 6 milioni, pari al 21% dei clienti delle banche italiane, continua a preferire esclusivamente il rapporto diretto con la banca e si reca, dunque, in uno dei 34mila sportelli sparsi in tutta Italia. Mentre il 70% dei clienti utilizza il canale tradizionale per "parlare" con la banca e si avvale di almeno un canale a distanza, in base all'operazione che deve svolgere. Infine, un 6% del totale dei clienti, si è fatto conquistare dalla tecnologia e gestisce le operazioni in rete, oppure tramite i call center o gli ATM.

E' quanto emerge dall'ultima indagine dell'Ufficio Marketing e Customer Satisfaction dell'Abi, realizzata in collaborazione con GfK Eurisko e presentata nel corso del convegno Abi "Dimensione Cliente 2009".

Ma quali sono i clienti più tecnologici? Oltre la metà dei clienti che preferiscono fare le operazioni in rete risiede al Nord; il 25% proviene dal Sud o dalle Isole. Inoltre i clienti tecnologici hanno livelli di istruzione più alti di quelli tradizionali: il 20% è laureato, il 48% ha fatto studi superiori.

"Sono sempre più i giovani - ha commentato il Direttore generale dell'Abi, Giuseppe Zadra - a gestire il rapporto con la banca tramite internet e telefono. Ci troviamo di fronte ad un mercato ricco di potenzialità, al cliente basta cliccare per scegliere, bisogna puntare sulla semplicità e sulla completezza delle informazioni. Il nostro obiettivo è duplice, continuare a garantire sicurezza ed elevati standard di qualità di servizi e prodotti e far leva sui progetti di educazione finanziaria per favorire la gestione responsabile del proprio risparmio".

E c'è un altro dato importante che emerge dall'indagine dell'Abi: i clienti tecnologici, navigando in internet, riescono a raccogliere informazioni e confrontare le offerte e servizi in misura doppia rispetto a quanto riesce a fare il cliente tradizionale. E più cresce la ricerca di informazioni on line, più aumenta la percezione del livello di differenziazione tra le banche. Nel 2003 i clienti che percepivano la propria banca uguale a tutte le altre erano il 37%, a giugno 2008 si sono ridotti al 25%.

Per migliorare il coinvolgimento dei clienti "telematici" nel 2006 l'Abi ha costituito l'Osservatorio sull'Internet banking che costituisce per le banche uno dei punti di riferimento più completi per le analisi dei bisogni, le attese, le esperienze d'uso, la Customer Satisfaction dei servizi finanziari fruiti online.

 

Presto arriverà la nuova Eurotariffa per chiamare col cellulare e mandare messaggi dall'estero, senza spendere un patrimonio. Dovrebbe scattare nell'estate del 2010, fino a metà 2012, e prevede una spesa di 40 centesimi di euro al minuto per le telefonate effettuate, 16 centesimi per quelle ricevute. Dal 1° luglio 2009, invece, mandare un messaggio di testo dall'estero dovrebbe costare 11 centesimi di euro.

Di questo hanno discusso ieri i deputati del Parlamento Europeo, riuniti in seduta Plenaria; i membri della Commissione Industria non hanno però accettato la proposta della Commissione Ue che prevede un ulteriore graduale calo delle tariffe: 37 centesimi di euro al minuto per le chiamate effettuate, 13 per quelle ricevute da giugno 2011; 34 centesimi al minuto per le telefonate effettuate e 10 per quelle ricevute da giugno 2012.

Inoltre la Commissione Ue vorrebbe estendere la regolazione del roaming fino a metà 2013, mentre il Parlamento resta fermo sul 30 giugno 2012, come termine della regolamentazione.

Per quanto riguarda il roaming dei dati, i parlamentari considerano la tariffa di 1 euro per megabyte troppo alta e vorrebbero ridurla a 50 centesimi. Infine, dal 1° luglio 2010, i consumatori non dovranno più pagare per ricevere messaggi vocali quando sono all'estero, in un qualsiasi Stato membro dell'Ue. Lo prevede un altro emendamento aggiunto dalla Commissione Industria.

Ora iniziano i negoziati informali con la Presidenza del Consiglio per raggiungere un compromesso da votare durante la Sessione Plenaria del 21-24 aprile 2009. "Il voto del Parlamento Europeo è una notizia molto importante per i consumatori di tutta Europa - ha dichiarato il Commissario Ue alle Telecomunicazioni, Viviane Reding - E' giusto che il Parlamento aiuti a rafforzare il potere d'acquisto dei consumatori, incoraggiandoli anche ad usare di più i telefonini. Ora lavoreremo insieme per assicurare la regolamentazione del roaming sugli Sms e sui dati, prima delle elezioni di giugno".

 

Qual è il destino lavorativo dei laureati? Soprattutto in un momento di pesante crisi, quale è quello che stiamo vivendo, cosa devono aspettarsi i ragazzi che escono dall'università? Ce lo dice l'IX Rapporto Almalaurea, presentato oggi a Roma, presso la sede della Crui, Conferenza dei rettori delle università italiane.

Il Rapporto 2009 sulla condizione occupazionale ha coinvolto quasi 300mila laureati di 47 università italiane, a 10 anni dall'avvio del Processo di Bologna. In particolare l'indagine, conclusa nell'autunno 2008, ha riguardato tutti gli oltre 140mila laureati post-riforma nell'anno solare 2007, intervistati a un anno dalla laurea: 105.439 di primo livello, 30.355 laureati specialistici (3+2), 7.715 laureati specialistici a ciclo unico (medicina, veterinaria, giurisprudenza, ecc.). Sono stati indagati, anche 79.761 laureati di primo livello nel 2005, intervistati a tre anni dalla laurea. Infine, il Rapporto ha coinvolto circa 64mila laureati pre-riforma, in particolare quelli delle sessioni estive 2007, 2005 e 2003 indagati a uno, tre e cinque anni dal conseguimento del titolo.

L'indagine, nel complesso, ha riguardato quasi i due terzi dei laureati post riforma usciti nel 2007 dal sistema universitario italiano; per la prima volta abbiamo a disposizione i dati sulla condizione occupazionale dei laureati specialistici biennali, a un anno dalla laurea.

Per iniziare quelche dato quantitativo.

Tra gli italiani di età compresa tra i 25 e i 34 anni, i laureati sono il 17%, mentre nel Regno Unito la percentuale è del 37%, in Spagna e negli Stati Uniti del 39%, in Francia del 41% e in Giappone del 54%. Il numero di laureati in Italia si riduce ulteriormente se prendiamo in considerazione la fascia d'età più avanzata: solo il 9% degli italiani tra i 55 e i 64 anni è laureato, contro il 23% della Germania, il 24% del Regno Unito e il 38% degli Stati Uniti.

Una causa inconfutabile di questo arretramento è la scarsa spesa pubblica destinata all'istruzione universitaria e alla ricerca. Alla prima l'Italia destina solo lo 0,78% del prodotto interno lordo contro più del 2% dei paesi scandinavi, l'1,02% del Regno Unito, l'1,16% della Germania, l'1,21% della Francia. Anche per gli investimenti nel settore della Ricerca e Sviluppo il nostro Paese è tra gli ultimi, destinando tra risorse pubbliche e private, l'1,10% del Pil.

Ma qual è la situazione del mercato del lavoro italiano per i laureati?

Nel primo bimestre 2009, rispetto ai mesi di gennaio e febbraio del 2008, c'è stato un calo nelle richieste di laureati del 23%; le contrazioni più forti le hanno subite i titoli di studio solitamente al vertice dell'occupazione (-35% nel gruppo economico-statistico, -24% in ingegneria). Da sottolineare il fatto che la banca dati Almalaurea mette a disposizione on line oltre un milione e 200mila curricula dei laureati dei 52 Atenei aderenti e nell'ultimo anno ha ceduto ad aziende italiane ed estere oltre 460mila curricula.

Dunque ad un anno dalla laurea risulta che:

  • il tasso di occupazione risulta in calo, nell'ultimo anno, dello 0,5%;
  • il tasso di disoccupazione, nell'ultimo anno, aumenta di 3%;
  • negli ultimi sette anni la quota di laureati occupati si contrae di 6%

Comunque la laurea risulta premiante: chi possiede un titolo di studio universitario ha un tasso di occupazione del 10% maggiore di chi ha un diploma di scuola superiore (78% contro 67%, dati Istat). Il reddito, poi, è più elevato del 65% rispetto a quello percepito dai diplomati.

A 5 anni dalla laurea la maggior parte dei laureati è inserita nel mercato del lavoro:

  • il tasso di occupazione, per i laureati del 2003 è pari all'84,6% (ma altri 7,4% proseguono gli studi);
  • la stabilità del lavoro coinvolge il 70% degli occupati;
  • l'efficacia del titolo nel mercato lavoro è elevato (il titolo conseguito è almeno "abbastanza efficace" rispetto al lavoro svolto per il 91% dei laureati occupati);
  • nota dolente è rappresentata dalle retribuzioni che, nell'ultimo quadriennio, seppure superiori a 1.300 euro, hanno visto il loro valore reale ridursi di circa il 6%.

Quanto guadagnano i laureati figli della riforma? Il guadagno ad un anno supera complessivamente i 1.100 euro netti mensili (contro i poco 1.010 euro dei pre-riforma). Il titolo conseguito, inoltre, risulta almeno abbastanza efficace per oltre l'87% dei laureati post-riforma (9 punti percentuali in più di quanto registrato fra i laureati pre-riforma).

Si conferma invece la consistenza del lavoro precario già segnalata nei precedenti Rapporti anche per i laureati pre-riforma. La stabilità, merce rara a un anno dalla laurea, è più elevata per i laureati di primo livello rispetto agli specialistici, ma pur sempre non raggiunge il 40%.

E come vengono accolti sul lavoro i laureati di 2° livello? Il tasso di occupazione è del 75%; a un anno dalla laurea guadagnano 1.117 euro mensili netti, ma anche per loro la precarietà resta la nota dolente: solo il 28% dei neolaureati specialistici ha un lavoro a tempo indeterminato o autonomo; il 49% ha un lavoro atipico.

Negli ultimi sette anni in Europa ed in Italia sono diminuite le interruzioni delle forniture di energia elettrica e la continuità del servizio ha registrato un costante miglioramento. E' quanto emerge dal IV "Benchmarking Report" sulla qualità del servizio elettrico, appena pubblicato dal Consiglio dei Regolatori Europei dell'Energia - CEER (*) - a cui l'Autorità italiana partecipa. Positivi i risultati per l'Italia che, per quanto riguarda la durata delle interruzioni (non programmate e al netto degli eventi eccezionali), si colloca tra i Paesi con i migliori livelli di continuità: 52 minuti persi in tutto l'anno 2007, contro i 57 della Francia, i 103 della Spagna e gli 89 del Regno Unito (per il Regno Unito il valore si riferisce al 2006). In continuo miglioramento anche il dato italiano riguardante la frequenza delle interruzioni lunghe non programmate: 2,1 interruzioni per cliente nel 2007 contro le 3,2 del 2001, con un calo del 35%.

Il Rapporto si concentra sull'analisi di tre aspetti principali: il miglioramento del livello di continuità della fornitura, la qualità del servizio commerciale (la velocità e l'accuratezza con cui vengono gestite le diverse richieste e reclami dei consumatori da parte degli operatori della distribuzione e della vendita), le caratteristiche tecniche della fornitura, come ad esempio la qualità del voltaggio (la tensione di alimentazione).

Nel dettaglio, il Rapporto sottolinea come nei diversi Paesi le Autorità di regolazione abbiano sperimentato con positivi risultati i meccanismi che prevedono indennizzi automatici per i consumatori, in caso di mancato rispetto da parte degli operatori di specifici livelli di qualità predeterminati dalla stessa Autorità. In aggiunta, i Regolatori possono anche imporre sanzioni per l'eventuale mancato rispetto (da parte degli operatori) di una serie di altri standards minimi per la qualità dei servizi tecnici e commerciali.

 

Giovedì 12 marzo Adiconsum, Assoutenti, Centro Tutela Consumatori Utenti, Cittadinanzattiva, Federconsumatori, Movimento Consumatori, Movimento Difesa del Cittadino e Unione Nazionale Consumatori scenderanno in piazza per manifestare il proprio dissenso verso la politica del governo che vuole abolire i vantaggi per i consumatori introdotti con le liberalizzazioni di Bersani. I Consumatori manifesteranno al fianco delle categorie professionali interessate, tra cui i farmacisti e gli agenti assicurativi per chiedere, in particolare che non vengano aboliti, da un lato, il plurimandato e il diritto di recesso annuale, dall'altro, le oltre 2.750 parafarmacie.

Infine, conclude la nota, "i ripetuti rinvii dell'entrata in vigore della class action fanno dubitare fortemente della reale volontà del Governo di introdurre questo importante istituto di tutela dei consumatori". L'appuntamento è per il prossimo 12 marzo davanti alla Camera dei deputati in piazza Montecitorio.

Il prossimo venerdì, 13 marzo, si celebrerà a Bruxelles la Giornata Europea del Consumatore, giunta alla sua decima edizione. Quest'anno il tema principale sarà "I diritti dei consumatori" nell'ambito degli scambi transfrontalieri; professori di diritto economico, di diritto privato, esperti del mercato interno e delle politiche per il consumatore discuteranno di contratti a distanza e contratti transfrontalieri, di clausole contrattali abusive, di vendita e garanzia dei beni al consumo.

In un momento di pesante crisi economica che chiama in causa anche il mercato unico dell'Ue, è necessario garantirne il buon funzionamento, rafforzando la fiducia dei consumatori nel pieno rispetto dei loro diritti e incoraggiando le imprese ad aprirsi agli scambi transfrontalieri. A fine 2008 la Commissione Ue ha per questo presentato una proposta di direttiva sull'armonizzazione dei diritti dei consumatori a livello comunitario e il Cese, il Comitato europeo economico e sociale, diffonderà presto il suo parere.

La Giornata si terrà presso la sede del Cese, con il partenariato della Commissione Ue e della Presidenza ceca dell'Unione europea; a inaugurarla sarà Mario Sepi, Presidente del Cese, alla presenza del Commissario Ue alla tutela dei consumatori Meglena Kuneva.

Gli acquisti online sono sempre più popolari nell'Unione europea. Fra il 2006 e il 2008 la quota di consumatori europei che ha acquistato almeno un articolo via Internet è passata dal 27% al 33% ma quella del commercio elettronico transfrontaliero è rimasta stabile, con solo il 7% nel 2008. Lo sviluppo dello shopping online è dunque frenato da una serie di ostacoli agli scambi transfrontalieri che riguardano barriere linguistiche, problemi logistici e normativi. È quanto rileva una nuova relazione sugli "Ostacoli al commercio elettronico", presentata oggi da Meglena Kuneva, Commissario Ue responsabile per i consumatori.

Fra il 2006 e il 2008 la quota di consumatori dell'Ue che hanno acquistato almeno un articolo via Internet è passata da 27% a 33% ma si tratta di un valore medio che nasconde disparità territoriali. Nel Regno Unito, in Francia e in Germania nell'ultimo anno più del 50% degli utilizzatori di Internet ha fatto acquisti online. In Danimarca, Svezia, Norvegia, Finlandia e Islanda, la proporzione degli utilizzatori di Internet che hanno acquistato prodotti e servizi su internet era del 91% nel 2008. Paesi quali l'Italia e la Spagna rappresentano mercati in rapida crescita. Ma rispetto alla crescita dei mercati nazionali, gli acquisti transfrontalieri restano appunto modesti e fermi al 7%.

Secondo lo studio, i consumatori sono generalmente soddisfatti del commercio online e acquistano soprattutto prodotti dell'informatica, per lo svago e il tempo libero. Fra i punti forti dell'acquisto in rete ci sono la possibilità di confrontare i prezzi e l'ampia gamma di offerte, mentre i punti deboli sono rappresentati dalla disponibilità di informazioni chiare sui prodotti, dalla pubblicità, dalla tutela della privacy e da tutte le questioni legate alla fiducia e alla possibilità di restituire i prodotti.

Gli scambi transfrontalieri online hanno potenzialità di sviluppo, in quanto un terzo dei cittadini dell'Unione acquisterebbe un prodotto di un altro Stato se fosse a buon prezzo, ma si tratta di possibilità che ancora non si sono tradotte in pratica. E qui lo studio dell'Unione europea identifica alcuni ostacoli. C'è il problema della segmentazione geografica e dunque il fatto che, nonostante la maggior parte dei commercianti disponga di un sito web, in pratica i consumatori finiscono col vedersi rifiutare la vendita di un prodotto o sono rinviati al paese di origine.

Ci sono poi barriere linguistiche e problemi logistici legati ai sistemi postali e di pagamento. E ci sono ostacoli normativi quali il diritto del consumo, le regole in materia di Iva, le leggi sulla distribuzione selettiva, la tutela della proprietà intellettuale, il recepimento nazionale della normativa Ue sullo smaltimento dei rifiuti. A questi si aggiungono problemi che finiscono per minare la fiducia dei consumatori, come le esitazioni legate a pagamenti, consegne, reclami, applicazione delle garanzie, domande di rimborso (assistenza post-vendita) e privacy.

Il 2009 parte male. Lo scrive la Confcommercio diffondendo oggi l'Indicatore dei Consumi Confcommercio (ICC). Nel primo mese dell'anno i consumi delle famiglie italiane si sono ridotti del 4,6%, in termini tendenziali e dello 0,9% in termini congiunturali. E' da 12 mesi che la Confcommercio registra un calo dei consumi, ma quello di oggi è il terzo peggior risultato da un anno a questa parte.

Oltre alla significativa contrazione della domanda di beni (-6,4%) c'è stata una riduzione della domanda per i servizi (-0,3%). In particolare è calata di tanto la domanda di beni e servizi per la mobilità (-24,8% rispetto a gennaio 2008): pochi acquisti di autovetture e motocicli e calo della domanda per i trasporti aerei, soprattutto a causa della forte concorrenza fatta, sulla tratta Roma-Milano, dal trasporto ferroviario che, con l'avvio dell'Alta Velocità, ha registrato un forte incremento di passeggeri.

Si è ridotta anche la domanda di beni e servizi ricreativi (-1,7%) e di quelli per la cura della persona (-1,2%), con un calo consistente dei consumi di articoli di profumeria e di prodotti farmaceutici e terapeutici. Un gennaio negativo anche per gli articoli di abbigliamento e calzature, i cui acquisti sono calati dell'1,3%, nonostante la stagione dei saldi.

Un'altra importante flessione l'ha subita la domanda di beni e servizi per la casa (-3,5%), in particolare il settore dei mobili che è in calo da tempo. Per quanto riguarda i consumi di prodotti alimentari, le bevande e i tabacchi, pur essendoci stata una flessione dell'1,4% nel mese di gennaio 2009, c'è una tendenza alla stabilizzazione dei consumi delle famiglie, fortemente compressi nel 2008.

E' cresciuta di poco (+0,3%) la domanda relativa ai servizi di ristorazione e d'alloggio; permane la dinamica positiva della domanda relativa ai beni e servizi per le comunicazioni (+4,4%).

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