Il consumatore diventa più consapevole e responsabile, più competente rispetto al passato, e invoca il rallentamento dei consumi: il 79,7% spende meno e meglio, il 73% chiede prodotti meno inquinanti, il 70,4% vuole etichette più utili. La crisi cambia il consumo e cambia anche il profilo del consumatore. "Nasce un genere di consumatore più consapevole e responsabile, che invoca il rallentamento del consumo, ritiene che le confezioni dei prodotti debbano essere ridotte perché inquinano (73%), che occorrano etichette con più informazioni utili (70,4%), che si debba protestare per ottenere il rispetto dei diritti (64,3%) e chiede alle associazioni dei consumatori di essere più presenti ed incisive (56,5%)". È il ritratto del nuovo consumatore che emerge dall'Osservatorio sui consumi degli italiani, l'indagine annuale - giunta alla seconda edizione - di Consumers' Forum, curata da Giampaolo Fabris e IPSOS e presentata oggi in occasione del decennale dell'associazione.
I consumatori, si legge nella sintesi del rapporto, non sono solo più consapevoli ma si tratta di una nuova generazione che "invoca il rallentamento del consumo, in cerca di qualcuno che lo aiuti a consolidare questa nuova consapevolezza". L'orientamento alla quantità sta rallentando, l'orientamento nuovo è alla qualificazione dei consumi e alla ricerca di beni con un forte contenuto relazionale.
Nel capitolo "consumi", spiega il rapporto: "Gli atteggiamenti di consumo mostrano, oltre ad un forte empowerment del consumatore, accanto ad una sua progressiva presa di consapevolezze e richiesta di vedere riconosciuti i propri diritti, una rivendicazione di propri doveri. Così si aspetta una riduzione delle confezioni dei prodotti; condivide l'idea che le aziende non si preoccupano dei consumatori; che ci vorrebbero etichette con più informazioni utili; che si dovrebbe protestare trovando qualcosa che non va nei prodotti; che sceglie le marche più rispettose dell'ambiente; e che vorrebbe un maggiore sviluppo delle associazioni dei consumatori". Si tratta di "una condivisione di vedute e di sensibilità che non hanno nulla di pauperistico, di ritorno alla frugalità" ma esprimono "un inedito senso di responsabilità e di consapevolezza".
L'indagine IPSOS-EPISTEME, condotta su un campione di mille casi, conferma che c'è più fiducia nel futuro e voglia di tornare a spendere con meno preoccupazione (preoccupato si dice il 53% degli italiani rispetto al 67% all'indagine 2008). Il consumatore è attento al prezzo ma allo stesso tempo è stanco di rincorrere sconti, promozioni e saldi: torna a chiedere alle aziende qualità e innovazione. Il portafoglio, rileva dunque la ricerca, diventa uno strumento per esprimere consenso verso le aziende guidate dall'etica e prediligere le marche rispettose dell'ambiente (63% contro il 58% del 2008).
Nelle decisioni di acquisto e consumo aumenta il peso del territorio e della difesa dell'ambiente: dice no agli OGM il 75,6% degli intervistati e dice sì ai prodotti che non implicano un rapporto "predatorio" con la terra il 92,4% ed è in aumento il consumo di prodotti biologici (+10% rispetto al 2008).
"Determinante per la nascita di questa nuova generazione di consumatori è stata la rete Internet - ha spiegato il prof. Giampaolo Fabris - Oggi possiamo, in tempo reale, confrontare prodotti, prezzi, qualità e le opinioni degli altri consumatori nei confronti di un bene o di un servizio sul mercato. Questo significa che oggi il consumatore cercando di spendere meno si può imbattere in prodotti di qualità a prezzo medio-basso".
La ricerca evidenzia dunque le "conseguenze virtuose della crisi": scoperta del valore degli alimenti, biodiversità, stagionalità, nuovo rapporto con la terra e l'agricoltura. È un consumo che acquista anche valore politico, rileva la sintesi della ricerca: "L'impressione è che si stia politicizzando il consumo. Acquistando o boicottando un prodotto si possono premiare o penalizzare le marche con contenuto etico. Il consumo da oggetto di critica sta diventando soggetto di critica. È un trend che sta nascendo spontaneamente ed il nuovo consumatore ne è sempre più consapevole".
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Consumers' Forum compie dieci anni. Un'occasione importante per fare il bilancio sulle origini di questa esperienza e sull'evoluzione del rapporto fra aziende e associazioni dei consumatori. Help Consumatori ha intervistato al riguardo Silvio Paschi, per anni vicepresidente di Consumers' Forum.
Perché le aziende hanno deciso dieci anni fa di aderire a Consumers' Forum?
Dieci anni fa, prima di dieci anni fa addirittura, c'è stata una cellula vitale, composta da associazioni di consumatori, da aziende e da associazioni di aziende. Ci sembrava molto importante che al di là di quelle che potevano essere le discussioni negoziali su singoli problemi di consumo, si formasse una cultura comune tra associazioni dei consumatori e coloro che fornivano ai consumatori i servizi e i prodotti. Questo è il motivo. Quando lei parla di aziende, le aziende che allora erano rappresentate e in larga misura anche adesso sono aziende di servizi pubblici mentre le aziende di beni di consumo sono presenti attraverso le loro associazioni di categoria. La logica è che per quanto grande possa essere un'azienda di beni consumo, rappresenta una parte dei consumi materiali, mentre quando parliamo di utilities parliamo di segmenti molto più ampi.
Quali sono stati i momenti più importanti, storicamente parlando, di questo rapporto decennale fra aziende e consumatori?
È stato importantissimo il primo momento quando, da questa intuizione più di dieci anni fa, si è deciso che era giunto il momento di poterlo formalizzare in un'associazione di associazioni. Il decennale celebra proprio questo, è stato un momento molto importante, perché fino ad allora erano solo discorsi uno con uno, o erano discorsi abbastanza generici. Quando alla fine - credo sia questo che abbia fatto scattare la molla per formalizzare la situazione - ci si rese conto da una parte e dall'altra che il condividere informazioni, esperienze, non poteva che fare del bene, questo è stato un momento alto.
In questi ultimi tempi secondo la sua esperienza si è entrati in una fase nuova, di maggiore dialogo, fra aziende e associazioni che rappresentano la tutela dei consumatori?
Il tipo di dialogo di cui si occupa Consumers' Forum è diverso da quello che è il dialogo punto a punto sull'eventuale contenzioso su singole aree. Credo si sia entrati sicuramente in una fase in cui si cerca di toccare problemi generali e di sviscerarli insieme.
Nella dialettica fra imprese e consumatori, quali sono i punti più critici, quelli sui quali è più difficile mettersi d'accordo?
Credo che Consumers' Forum non vada guardato come un tavolo negoziale, quindi i punti su cui può essere difficile mettersi d'accordo riguardano qualcosa che è fuori dalla logica di Consumers' Forum. La logica di Consumers' Forum è quella di promuovere la condivisione dei punti di vista e dell'informazione di base.
Nella mission di Consumers' Forum c'è la promozione e la diffusione della cultura del consumo responsabile: quali sono i passi avanti che sono stati compiuti in questa direzione?
Molti passi avanti sono stati compiuti anche - le darò una risposta paradossale - forzati dalla situazione di crisi: il consumatore è diventato più critico e più responsabile perché la crisi lo ha messo nella condizione di doverlo essere. Lo stesso vale per le aziende. Dopodichè, essendo il processo quello di preparare una cultura comune, questo è stato reso più facile. Detto in altre parole: la crisi avrebbe avuto sicuramente conseguenze più dirompenti se non ci fosse stato a monte il lavoro di parlare dei temi della responsabilità e del consumo responsabile.
Dalla crisi e dall'uscita dalla crisi emergerà un diverso tipo di consumo? Già i consumi stanno cambiando e non solo per esigenze di spesa, perché cambia anche nelle famiglie che se la cavano. Uscendo dalla crisi, ci sarà più attenzione verso la sostenibilità dei consumi, verso la filiera produttiva?
Credo proprio di sì. Nel senso che l'attenzione alla sostenibilità, alla filiera produttiva, una riformulazione della gerarchia di importanza di un consumo rispetto a un altro fa proprio parte di quel momento di sensibilizzazione e di razionalizzazione che non guarda al prezzo come l'unico parametro su cui fare le proprie scelte, ma di volta in volta qualifica parametri diversi.
Secondo lei quali sono ancora gli obiettivi da raggiungere per Consumers' Forum?
Consumers' Forum è un ente in evoluzione, non ci sarà mai un momento in cui si potrà dire che non c'è più niente da fare. Le sfide continueranno a presentarsi con il mutare degli scenari e con la necessità di allargare la cultura.
Mercoledì 4 novembre, a Roma, si celebra il decennale di Consumers' Forum. Per l'occasione Help Consumatori vuole approfondire le origini di questa esperienza insieme agli ideatori di Consumers' Forum, cioè Marina Migliorato, Responsabile di Enel per i rapporti con le Associazioni dei consumatori e Mario Finzi, Presidente di Assoutenti e primo Presidente di Consumers' Forum.
Com'è nata l'idea di creare uno spazio condiviso tra le Associazioni dei consumatori e le aziende?
(Migliorato) E' stata un'idea nata da un gruppo di amici operanti nel consumerismo. Abbiamo pensato di rappresentare una relazione che già alcune aziende avevano con le Associazioni dei consumatori in un contenitore che avesse una sua unicità e progettualità. E fortunatamente abbiamo trovato subito terreno più che fertile in alcune persone. In realtà siamo anche stati spinti dal faticoso funzionamento dell'allora consulta dei consumatori e degli utenti al Ministero dell'Industria; non si riusciva a vedere la luce di un organismo concreto e vi era l'esigenza, sia da una parte che dall'altra, di parlarsi di più.
Avete pensato subito quindi a dargli la forma che oggi ha Consumers' Forum?
(Migliorato) All'inizio avevamo pensato ad una Fondazione e io personalmente continuo a pensare che la Fondazione è una cosa che può garantire la terzietà a quest'organizzazione che è già terza, senza ombra di dubbio, perché ha dentro varie rappresentazioni del mondo sociale, ma la sua indipendenza consentirebbe di avere una modalità di lungo periodo perché il rischio delle organizzazioni è che nascano e poi muoiano quando non vi è una personalità giuridica. La personalità giuridica sicuramente aiuterebbe a portare avanti una valenza culturale che crediamo essere unica non soltanto nel nostro Paese ma anche a livello europeo.
Dunque la proposta di fare una Fondazione non è stata accolta?
(Finzi) In realtà ci sono stati dei problemi abbastanza banali, inerenti il capitale di partenza, che avevano impedito di fare una Fondazione; poi in quel momento ancora non si sapeva bene chi ne volesse far parte e non erano stati definiti fino in fondo gli obiettivi fondanti di Consumers' Forum. C'era chi pensava ad un organismo di tipo culturale-scientifico, chi pensava che dovesse essere un luogo per svolgere un minimo di trattativa tra le Associazioni dei consumatori e le imprese su alcuni temi. Sicuramente c'era l'idea che il dialogo esistente si dovesse in qualche modo formalizzare, diventando un organismo strutturato, ma non era ancora chiaro dove saremmo arrivati.
(Migliorato) All'epoca le Associazioni erano molto diverse rispetto ad ora, soprattutto nella percezione del proprio posizionamento sociale, e dall'altra parte non c'era una cultura di impresa che guardava ai consumatori in modo culturalmente orientato. I consumatori all'epoca erano una controparte che in qualche modo doveva essere gestita. Non si riusciva ancora a cogliere le potenzialità di un dialogo e i vantaggi che una contaminazione avrebbe potuto portare. Di fatto la conciliazione, al di là dell'essere un servizio per i clienti, è anche una modalità per avere un vantaggio competitivo rispetto ai competitor, tant'è che le aziende che sono partite per prime hanno avuto subito un seguito di competitor che hanno seguito l'esempio. Il fatto è che le Associazioni dei consumatori, riguardo ai sistemi di impresa, hanno la forza che non ha nessun altra organizzazione; sono dei veri e propri consulenti di impresa. Prima le aziende non avevamo i terminali adatti per cogliere questa potenzialità mentre adesso cominciano ad averli.
(Finzi) C'è da dire anche che in quegli anni il rapporto tra le Associazioni dei consumatori e le imprese era percepito comunque come un rapporto di tipo conflittuale e il nodo da sciogliere era proprio questo: in che modo la struttura di Consumers' Forum può vincere questa impressione generale dando le gambe ad un nuovo modo di rapportarsi.
Dunque è stata una sfida lanciata alle aziende?
(Finzi) E' stata una sfida lanciata alle due parti. Da una parte le aziende dovevano trovare il modo giusto per un incontro dall'altra le Associazioni dei consumatori dovevano rinunciare al lavoro facile di essere il megafono della casalinga di Voghera, facendo un salto di qualità. Non a caso quando abbiamo costruito Consumers' Forum abbiamo subito capito che non potevamo essere soltanto imprese e Associazioni dei consumatori, ma che ci voleva qualcosa in più. Infatti Consumers' Forum è una struttura con tre gambe, in cui si è cercato di incorporare pezzi di istituzioni e parti del mondo accademico e dell'associazionismo di impresa.
(Migliorato) In quegli anni era davvero un anticipare di parecchio tempo lo sviluppo del dibattito, incoraggiandolo. A volte riconoscere a tutti i soggetti il fatto di essere attori di un mondo complesso ha un effetto di legittimazione reciproca e da la possibilità ad alcune realtà di continuare ad esistere. Se non ci fosse stato il contenitore di Consumers' Forum forse non ci sarebbe stato neanche il risultato di questo contenitore, e cioè questa modalità intelligente di riconoscersi come attori. Diciamo che siamo stati antesignani, visto che quello di Consumers' Forum è un esempio unico al mondo e apprezzato da molti Paesi e molte altre organizzazioni, nonostante l'Italia sia arrivata per ultima al riconoscimento legislativo del consumerismo.
Quindi grazie ai primi progetti di Consumers' Forum le Associazioni dei consumatori hanno avuto più stimoli ad arricchirsi culturalmente?
(Finzi) Prima di tutto le Associazioni hanno concordato, insieme alle imprese, quali fossero le questioni importanti su cui far crescere la conoscenza, sia all'interno delle Associazioni sia nell'opinione pubblica. In quegli anni, infatti, Consumers' Forum si è occupata dello sciopero nei servizi pubblici, degli Ogm, dell'elettrosmog; tutti temi caldi sui quali c'era un dibattito e sui quali le Associazioni non avevano risorse per mettere in campo un'informazione scientificamente alta. Consumers' Forum ha consentito di coinvolgere le università, di svolgere sondaggi d'opinione approfonditi e di accrescere, in generale, la qualità e la validità della loro azione. Questo era l'obiettivo condiviso anche dalle imprese, perché le imprese preferiscono una contestazione basata su elementi razionali e non sull'emotività.
(Migliorato) Consumers' Forum è riuscito a sviluppare una competenza, un know how che diventa una vera e propria consulenza di qualità, che fa bene sia alle imprese, sia alle Associazioni dei consumatori sia al mondo politico, visto che i temi del consumerismo sono temi all'ordine del giorno, di interesse non solo nazionale, ma anche europeo e mondiale. Io credo che Consumers' Forum abbia tutte le carte per diventare un centro studi autonomo che aiuti il consumerismo intelligente a creare questo know how di conoscenza.
Vi ricordate qualche episodio particolare vissuto all'interno di Consumers' Forum?
(Migliorato) Per noi un'esperienza bellissima è stata quella dei corsi fatti da Enel, nell'ultimo anno, per avviare la nostra procedura di conciliazione. Noi abbiamo formato circa 490 conciliatori e responsabili territoriali delle Associazioni e questa è stata una grande opera di formazione vissuta con molto entusiasmo dagli operatori stessi. E stiamo cercando ora di esportare questo esempio all'estero, perché funziona.
(Finzi) Una cosa importante che ricordo è il fatto che tutte le decisioni assunte da Consumers' Forum le abbiamo assunte all'unanimità e questa non è una cosa banale. Abbiamo sempre trovato le sintesi delle diverse esigenze e non è mai stato faticoso farlo. Quello che forse un po' è mancato è stato il coinvolgimento di soggetti terzi, soprattutto del mondo accademico, che non sono stati facili da raggiungere. Un risultato importante conseguito nel tempo è stato, invece, il rapporto con le autorità di regolazione che adesso è molto forte.
Consigli per il futuro di Consumers Forum?
(Finzi) Intanto allargare sempre di più il numero dei partecipanti visto che oggi abbiamo una grande espansione della cultura consumerista verso le imprese. Sono sempre di più le imprese che guardano a Consumers' Forum come ad uno spazio in cui stare dentro.
(Migliorato) Credo che le persone che lavorano in Consumers' Forum abbiamo tutte le carte per portare questa esperienza su un piano sempre più condiviso ed internazionale. Una delle cose su cui insisterei di più, e il vertice di Consumers' Forum lo sta già facendo, è appunto quello di portare il lavoro nazionale all'esterno, in primis in Europa.
I giovani italiani oggi, oltre ad essere internauti e dunque appassionati della rete, sono diventati info-nauti, cioè si informano quotidianamente attraverso Internet. Secondo loro, infatti, l'informazione più indipendente e libera si trova in rete a discapito dei giornali che vengono letti molto di più dagli adulti. E' questo il quadro che emerge da un'indagine Demos-Coop diffusa oggi, che evidenzia un dato importante: l'utilizzo di Internet da parte dei ragazzi va oltre le chat, i blog, face-book e il download di musica; funge ogni giorno da fonte di informazione, al pari della tv.
Ad informarsi quotidianamente tramite la rete è, infatti, il 74% dei ragazzi tra 15 e 24 anni (+19% rispetto al 2007) e il 63% di quelli tra 25 e 34 anni (+15% rispetto al 2007); gli over 64enni sono soltanto il 7%. Loro, infatti, privilegiano la Tv o i giornali. Significativo è poi il nesso, che emerge dall'indagine, tra democrazia e comunicazione: il 35% degli intervistati ritiene che indipendenza e libertà di informazione (dunque democrazia) oggi appartengano in primo luogo alla rete. Al secondo posto c'è la Tv, per il 25%, e al terzo i quotidiani (20%).
Ma dietro questa opinione c'è una discriminante che è il fattore età. Gli adulti oltre i 64 anni che ritengono che la Tv sia il canale di informazione più libero e indipendente sono il 34%, cioè il doppio dei giovani tra 15 e24 anni che sono il 18%. Tendenza inversa per quanto riguarda internet: per il 59% dei giovani è lo strumento di informazione più democratico, mentre lo è soltanto per il 6% dei più anziani.
In occasione della celebrazione dell’85esima Giornata mondiale del risparmio, dopo circa 6 anni dal crack Parmalat, Confconsumatori dà conto dell’attività svolta per tutelare i cittadini vittime del risparmio tradito, sia attraverso la costituzione di parte civile nei processi penali, sia con azioni legali contro le singole Banche.
Un incontro aperto per dare conto dell'attività svolta da Confconsumatori nella tutela dei cittadini vittime del risparmio tradito: questo dunque l'obiettivo dell'iniziativa che si svolgerà il prossimo sabato 7 novembre alle 10 in via De Amicis 17 a Milano. L'incontro, afferma l'associazione, "sarà occasione per fare il punto sui processi penali Parmalat di Milano e di Parma e per dare informazioni anche sugli altri prodotti finanziari che hanno danneggiato il risparmio nel nostro Paese; verranno comunicati i dati sui risarcimenti ottenuti grazie alla costituzione di parte civile nei procedimenti penali e civili intentati contro le banche su tutto il territorio nazionale".
Il Consiglio dei Ministri ha approvato lo schema di decreto legislativo che riforma la disciplina della mediazione finalizzata alla conciliazione di tutte le controversie in materia civile e commerciale. Il provvedimento, che passa alle Commissioni competenti per l'esame, sarà approvato definitivamente - come ha detto lo stesso Guardasigilli nel corso della conferenza stampa - entro 90 giorni.
Attraverso la mediazione le parti tra le quali è sorta una controversia cercheranno tramite l'operato di un mediatore - un soggetto terzo e qualificato (presso il Ministero della Giustizia sarà istituito un registro dei Mediatori) - di giungere ad un accordo condiviso. L'obiettivo del nuovo istituto, che sarà veloce ed economico, è la deflazione del sistema giudiziario.
La mediazione potrà essere di tue tipi: facilitativa, nel caso in cui le parti siano aiutate a raggiungere un accordo anche amichevole sul loro rapporto in funzione dei rispettivi interessi; aggiudicativa, quando viene proposta una risoluzione delle controversie distribuendo torti o ragioni.
Sarà poi suddivisa in tre modelli: mediazione obbligatoria, facoltativa e demandata dal giudice. Nel primo caso, la mediazione sarà condizione necessaria per poter avviare un processo e riguarderà un catalogo di situazioni in cui sono comprese le liti di condominio, locazione, responsabilità da colpa medica, i contratti bancari e assicurativi.
Nella mediazione facoltativa, invece, le parti scelgono liberamente la via della composizione stragiudiziale della lite, mentre in quella demandata dal giudice, quest'ultimo può invitare le parti a risolvere il loro conflitto davanti agli organismi di conciliazione, quando la natura dalla causa e le risultanze dell'istruttoria lo suggeriscano.
Nei giorni scorsi Consumers' Forum aveva presentato un emendamento al decreto legislativo, accolto con parere favorevole dal Ministero dello Sviluppo economico. Oggi l'associazione esprime soddisfazione per il recepimento di parti sostanziali dell'emendamento sul riconoscimento della conciliazione paritetica.
"E' un risultato che dimostra l'importanza del lavoro congiunto di associazioni del consumatori e delle aziende di cui beneficeranno i cittadini e la giustizia ordinaria, che non verrà aggravata da ulteriori processi - ha sottolineato Sergio Veroli, presidente di Consumers' Forum - E' un segnale importante per un provvedimento che potrà essere certamente migliorato". Per questo ora Consumers' Forum, con una delegazione di associazioni di consumatori e di imprese, chiederà di essere ascoltata presso le commissioni giustizia di Camera e Senato.
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In Europa quasi 80 milioni di persone, pari al 16% della popolazione, vive al di sotto della soglia di povertà. E i cittadini sono consapevoli del problema: in media, l'89% degli europei afferma che il loro governo deve adottare misure urgenti per affrontare la povertà. In tutta Europa il 53% dei cittadini ritiene che la responsabilità di combattere contro la povertà ricada essenzialmente sui governi nazionali, e anche se non viene attribuita una responsabilità primaria all'Unione, molti considerano rilevante il suo ruolo: per il 28% esso è "molto importante" e per il 46% "alquanto importante". Il 73% dei cittadini europei ritiene inoltre che la povertà sia un fenomeno diffuso nel proprio paese. Sono alcuni dei risultati di una indagine Eurobarometro presentata oggi dalla Commissione europea in vista dell'Anno europeo della lotta alla povertà e all'esclusione sociale, che si svolgerà nel 2010.
Le principali cause della povertà secondo gli intervistati sono gli alti tassi di disoccupazione (52%) e i salari inadeguati (49%), insieme a prestazioni sociali e a pensioni insufficienti (29%) e al costo eccessivo di un alloggio decente (26%). Fra le condizioni "personali" vengono invece citati la mancanza di istruzione, formazione o qualifiche, la povertà "ereditata" e la dipendenza da alcol e droga.
"I risultati dell'indagine indicano che cittadini europei sono ben consapevoli delle problematiche della povertà e dell'esclusione sociale nella società odierna e desiderano che si faccia di più per affrontarla - ha affermato Vladimír Špidla, Commissario responsabile per gli Affari sociali - Mentre la maggior parte degli intervistati ritiene che sia il proprio governo a doversi fare carico di tale responsabilità, tre quarti dei cittadini si attendono che anche l'Ue svolga un ruolo importante in tal senso. L'imminente Anno europeo ci offre un'opportunità unica per porre al centro dell'attenzione in tutta l'Ue la necessità di lottare contro la povertà."
Il Consiglio dei Ministri che si è tenuto questa mattina ha approvato, tra l'altro, su proposta dal Ministro della giustizia, Angelino Alfano, uno schema di decreto legislativo che, in attuazione della delega conferita al Governo dalla legge n. 69 del 2009 in materia di processo civile, riforma la disciplina della mediazione finalizzata alla conciliazione di tutte le controversie in materia civile e commerciale. Il provvedimento sarà trasmesso alle Commissioni parlamentari per il parere per poi tornare nuovamente in Consiglio per la validazione. Sarà operativo - ha spiegato il Ministro durante la conferenza stampa - entro 90 giorni.
"Si tratta - ha detto Alfano - di un nuovo istituto giuridico finalizzato alla deflazione del sistema giudiziario. E' il primo passo per sconfiggere il nemico numero 1 della giustizia italiana: la lentezza". Attraverso la mediazione le parti tra le quali è sorta una controversia cercheranno attraverso l'operato di un mediatore - un soggetto terzo e qualificato (presso il Ministero della Giustizia sarà istituito un registro dei Mediatori) - di giungere ad un accordo condiviso.
La mediazione potrà essere di due tipi: facilitativa, nel caso in cui le parti siano aiutate a raggiungere un accordo anche amichevole sul loro rapporto in funzione dei rispettivi interessi; aggiudicativa, quando viene proposta una risoluzione delle controversie distribuendo torti o ragioni. Sarà poi suddivisa in tre modelli: mediazione obbligatoria, facoltativa e demandata dal giudice. Nel primo caso, la mediazione sarà condizione necessaria per poter avviare un processo e riguarderà un catalogo di situazioni in cui sono comprese le liti di condominio, locazione, responsabilità da colpa medica, i contratti bancari e assicurativi. Nella mediazione facoltativa, invece, le parti scelgono liberamente la via della composizione stragiudiziale della lite, mentre in quella demandata dal giudice, quest'ultimo può invitare le parti a risolvere il loro conflitto davanti agli organismi di conciliazione, quando la natura dalla causa e le risultanze dell'istruttoria lo suggeriscano.
I vantaggi - ha spiegato il titolare del dicastero della Giustizia- sono legati alla velocità, all'economicità e ad alcune ragioni fiscali. La mediazione deve avvenire, infatti, in non più di 120 giorni e non è necessario essere seguiti da un pool di avvocati. Quanto alle ragioni fiscali, è previsto un incentivo automatico sul credito d'imposta e sulle tasse di registro.
Ma come si conclude la mediazione? Le parti possono accettare o rifiutare l'accordo. Rifiutando ricorrono alla giustizia ordinaria ma se il Giudice nell'emettere la sentenza fa proprio l'accordo proposto dal mediatore, la parte che ha rifiutato dovrà farsi carico delle spese legali.
Aziende e Associazioni dei Consumatori appartenenti a Consumers'Forum si sono confrontati sullo schema di decreto legislativo che affida in esclusiva agli avvocati la conciliazione delle controversie civili e commerciali escludendo le associazioni dei consumatori. A conclusione dell'incontro, Associazioni e Aziende che praticano con successo la conciliazione paritetica da circa 20 anni hanno consegnato un emendamento al Ministero dello Sviluppo Economico volto ad escludere dalla riforma dell'ordinamento forense le procedure di composizione non giurisdizionale delle controversie in materia di consumo di cui all'art. 141 del codice del consumo nonché quelle paritetiche previste nelle carte dei servizi e dalle normative speciali di settore.
Ecco il testo dell'emendamento "All'art. 2 dopo il comma 1 aggiungere il seguente comma:
2. Le disposizioni del presente decreto non si applicano alle procedure di composizione extragiudiziale delle controversie in materia di consumo di cui all'art. 141 del decreto legislativo 6 settembre 2005 n. 206, alle conciliazioni paritetiche previste dalle carte dei servizi dei soggetti pubblici e privati che erogano servizi pubblici o di pubblica utilità nonché a quelle previste dalle normative speciali di settore"
Secondo Consumatori e Aziende "la proposta normativa tiene conto della necessità di valorizzare l'esperienza positiva pluridecennale in materia di conciliazione di controversie di consumo maturata dalle maggiori imprese italiane in collaborazione con le associazioni dei consumatori nonché dalle autorità di settore. Tale esperienza vanta ad oggi oltre centomila casi di controversie positivamente risolti con tempi ridotti e senza alcun costo a carico dei consumatori che vi hanno ricorso".
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L'energia è un tema di politica internazionale poiché include non soltanto questioni economiche, ma anche ambientali e di sviluppo. Si inserisce dunque all'interno dei negoziati verso l'accordo delle Nazioni Unite per il post Kyoto. L'accordo internazionale dovrebbe concludersi in occasione della Conferenza sul clima che si terrà a Copenaghen il 7-8 dicembre 2009; l'ultima sessione preparatoria si svolgerà dal 2 al 6 novembre a Barcellona. Qual è la posizione dell'Unione Europea? E' ormai noto il Pacchetto 20-20-20, che punta a ridurre, entro il 2020, del 20% le proprie emissioni di CO2 rispetto ai livelli del 1990 e ad aumentare del 20% la quota di energie rinnovabili sul consumo energetico totale.
Dunque l'impegno dell'Unione Europea di fronte alla questione del cambiamento climatico è molto forte e lo ha documentato il libro di Carlo Corazza, dal titolo "Eco Europa", presentato a Roma presso il palazzo della Rappresentanza in Italia della Commissione Ue. Alla presentazione è intervenuto Alessandro Ortis, Presidente dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas, autore della prefazione del libro di Corazza.
Ortis ha parlato di "una scarsa dose di mercato" che è quella che poi ha causato la crisi internazionale, attraverso "prodotti tossici, scarsa trasparenza, asimmetria delle informazioni e assenza assoluta di controlli e di regole". "I guai - ha spiegato Alessandro Ortis - sono nati da un contesto di non mercato; infatti quello del petrolio non va chiamato mercato visto che esiste un cartello codificato, che è quello dell'Opec; i prezzi non sono prezzi veri ma sono legati alla speculazione e alla politica delle strategie internazionali; neanche i volumi sono veri e credo che sia proprio su questo che l'Europa deve intervenire, facendo sì che i 500 milioni di consumatori europei parlino ad un'unica voce".
L'altra questione fondamentale posta dal Presidente dell'Autorità è quella delle infrastrutture. "Dobbiamo svilupparle sempre di più - ha detto Ortis - perché le infrastrutture sono legate a soldi veri, che sono quelli che noi paghiamo con le bollette. Investire sulle infrastrutture è importante anche per le fonti rinnovabili, che hanno bisogno di linee elettriche innovative. Senza di esse mettiamo a rischio anche la sicurezza dell'approvvigionamento e la dinamica concorrenziale dei prezzi, favorendo le posizioni dominanti. In questo - ha concluso Ortis - l'Europa sta facendo molto e non deve fermarsi di fronte alla crisi".
La crisi colpisce anche l'intermediazione commerciale che, in Italia, è rappresentata da oltre 300 mila imprese. Lo sostiene la Fiarc-Confesercenti che nella sua Convention nazionale in svolgimento a Tabiano Terme ha presentato un dossier sulla figura dell'agente di commercio e sulle trasformazioni che questo settore di lavoro sta affrontando.
Il rapporto stima una perdita di 3-4 mila posti di lavoro all'anno, e si teme che il 2009 possa concludersi con perdite ancora più pesanti. Il settore nel frattempo ha già registrato risultati negativi del fatturato delle imprese con un calo fra il 2007 ed il 2008 del 7,4%, segno evidente della crisi dei consumi delle famiglie che alla fine di quest'anno potrebbe toccare il -2,3%.
Ma come hanno reagito gli agenti di commercio alla stasi dei consumi prima e poi alla recessione? Certamente con un contenimento dei costi: calano le spese per ristoranti ed alberghi (dal 7,75% del 2006 al 4,09% del 2008). Si azzerano praticamente le spese di rappresentanza (dal 2,34% del 2006 allo 0,00% del 2008). Scendono di molto i costi delle utenze telefoniche fisse (con una flessione dello 0,1% anche dei cellulari) mentre è altalenante l'andamento dei costi per carburanti - che resta comunque di gran lunga il costo principe per la professione - soggetti alle variazioni dei prezzi del petrolio (14,9% nel 2006, 10,8% nel 2007, 11,5% nel 2008).
Nonostante si stia sviluppando sempre di più, il fenomeno degli acquisti on line da un paese ad un altro presenta ancora tante criticità; in primis la mancata consegna dei prodotti. Da uno studio presentato oggi dalla Commissione europea emerge, infatti, che il 60% delle transazioni transfrontaliere non ha potuto essere completato dai consumatori poiché il commerciante non spediva il prodotto nel loro paese o non offriva un mezzo adeguato di pagamento transfrontaliero.
Lo studio della Commissione si è basato su un test on line condotto da clienti civetta in tutti i paesi dell'UE che hanno cercato su Internet 100 prodotti di grande consumo (CD, computer, apparecchi fotografici digitali e lavatrici) per verificare quali risparmi si potessero fare comperando oltre frontiera e quanto difficile fosse acquistare on line da un altro paese dell'UE.
Complessivamente sono state effettuate circa 11 000 transazioni di prova. I risultati principali sono:
Arriva il piano di sostegno alle famiglie da parte dell'Abi (Associazione bancaria italiana): l'esecutivo dell'associazione ha infatti deciso di lanciare una moratoria a salvaguardia dei mutui delle famiglie in difficoltà a far quadrare i bilanci mensili. La possibilità di sospendere le rate varrà fino a un anno e scatterà a partire dal primo gennaio 2010. In particolare, il comitato esecutivo Abi ha approvato il "Piano famiglie" dando mandato al Presidente dell'Associazione, Corrado Faissola, e al Direttore Generale, Giovanni Sabatini, di avviare le azioni necessarie a coordinare ed estendere le misure già in atto a sostegno dei rapporti di credito con le famiglie in difficoltà a seguito della crisi. Ai fini dell'attuazione delle misure individuate, verrà avviato un colloquio con Associazioni dei consumatori, Governo, enti pubblici e soggetti privati. La possibilità di sospendere il mutuo per 12 mesi riguarderà famiglie disagiate quali: perdita del posto di lavoro dipendente a tempo indeterminato o termine del contratto di lavoro dipendente a tempo determinato, parasubordinato o assimilato; cessazione dell'attività di lavoro autonomo; morte di uno dei componenti il nucleo familiare percettore del reddito di sostegno della famiglia; interventi di sostegno al reddito per la sospensione del lavoro (Cig e Cigs).
"Il Piano - spiega ancora l'Abi - si focalizza sulle misure oggi attive e relative alla sostenibilità della rata di mutuo per le famiglie che abbiano perso il reddito a causa della crisi; all'accesso a nuovo credito per garantire alcuni consumi primari; al sostegno per l'avvio di micro attività imprenditoriali o alla ricerca di nuova occupazione".
Banche e cittadini italiani: c'è voglia di etica. Una valutazione di etica che si declina soprattutto nel valore della trasparenza negli investimenti e nei finanziamenti, che viene al primo posto dopo il rispetto e la tutela del cliente, la destinazione di parte degli utili in beneficenza, il finanziamento di progetti sociali o ambientali, l'attenzione alle conseguenze economiche, sociali e ambientali delle attività finanziarie.
E così il 92% degli italiani ritiene fondamentale o importante che la propria banca sia trasparente nell'indicare i settori di investimento, l'81,2% considera essenziale o importante che investa una parte degli utili in progetti sociali o ambientali, il 73,9% considera fondamentale o importante che la banca non investa nelle armi. Sono questi alcuni dei molteplici dati che emergono dalla ricerca "Voglia di Etica, cittadini, banche e finanza in tempi di incertezza" curata da Demos&Pi per Banca Etica e presentata oggi a Roma.
C'è fra gli italiani un atteggiamento ambivalente verso le banche: il 68% le ritiene importanti per lo sviluppo del Paese, ma ben il 65% afferma che "quelle oneste sono davvero poche". La fiducia verso le banche è bassa, espressa solo dal 22,9% degli intervistati. Ma metà dei cittadini sostiene che l'etica può e deve avere uno spazio nel mondo della finanza (51%). C'è voglia di etica ma realismo diffuso, perché quasi sei intervistati su dieci (58%) ritiene che, anche quando il clima economico tornerà più disteso, il rispetto dei risparmiatori e dei consumatori resterà come prima. Ma se c'è scarsa fiducia verso la parola "banca", allo stesso tempo è proprio la fiducia la ragione principale che spinge a scegliere di aprire un conto presso una banca.
I cittadini esigono che si combini efficienza e solidarietà: alla domanda sulla responsabilità sociale d'impresa, rispondono (62,2%) che "un'impresa, accanto al profitto, deve investire in progetti a favore della società e del territorio in cui opera". C'è disincanto perché lo spazio per l'etica prima della crisi viene considerato poco o nessuno (75,2%) e il 57,6% ritiene che quando la crisi finirà resterà più o meno come prima. Allo stesso tempo, il 50,6% ritiene che l'etica può e deve avere spazio nella finanza.
Le parole che suscitano il sentimento più positivo sono dunque solidarietà, etica, concorrenza, mercato. E il significato di etica in ambito finanziario è legato soprattutto alla trasparenza negli investimenti e nei finanziamenti (36,9% degli intervistati) prima ancora che al rispetto e alla tutela del cliente (34,7%).
Addio conciliazione se passeranno le nuove disposizioni che assegnano in esclusiva agli avvocati le controversie in materia di consumo. Se dovessero entrare in vigore la riforma dell’ordinamento forense e la legge delega 69/2009 i cittadini non potranno più rivolgersi alle associazioni dei consumatori per essere rappresentati gratuitamente e fare valere i propri diritti nei confronti delle aziende, ma saranno costretti a pagare un avvocato e sperare di ottenere giustizia attraverso il processo civile per tutti quei casi – bollette eccessive, reclami su un’utenza – che adesso vengono risolti attraverso la conciliazione, la procedura di risoluzione delle controversie in materia di consumo tra cittadini e aziende.
“Le nuove disposizioni scoraggeranno i consumatori che, per non pagare l’avvocato e attendere i tempi della giustizia ordinaria, soprattutto per le cause minori, rinunceranno a fare valere i propri diritti. Ne deriverà una negazione della giustizia”: questo il commento di Sergio Veroli, presidente di Consumers’ Forum, che oggi ha chiamato aziende e associazioni dei consumatori per esprimere una posizione comune sulle disposizioni in esame. “Il ricorso agli avvocati affossa il principio dell’autonomia negoziale delle parti e graverà sulla giustizia ordinaria”, sottolinea Veroli, ricordando che anche l’Antitrust si è espressa contro l’estensione dell’esclusiva alla professione forense.
Oggi un cittadino che vuole chiedere un rimborso alle poste o alla banca può rivolgersi a un’associazione dei consumatori e farsi rappresentare nei confronti dell’azienda. Finora si contano circa 20 protocolli di conciliazione stipulati tra associazioni dei consumatori e le maggiori aziende di tutti i comparti (tlc, assicurativo, energetico, bancario, trasporti, postale), oltre 100 mila conciliazioni concluse con successo, 730 conciliatori formati negli ultimi due anni e mezzo e con una durata media delle controversie di poche settimane.
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