Nei film e nelle serie tv italiane, in 7 casi su 10 sono le donne a occuparsi della casa e della famiglia. Per il 37% del campione intervistato da Consumers’ Forum e Ipsos, il linguaggio mediatico è spesso sessista e discriminatorio.

L’8 marzo è passato, le mimose stanno marcendo nei cestini e ora, almeno fino al 25 novembre, è il momento di tornare ai 363 giorni all’anno in cui la condizione femminile, e la lotta di chi si batte per cambiare le cose, torna a essere confinata a rumore di fondo.

Eppure, dire che “l’8 marzo è ogni giorno” o che ”è sempre 25 novembre” non è retorica: è necessità. E non solo perché le donne continuano a subire discriminazioni, violenze, ingiustizie anche allo scoccare della mezzanotte del 9 marzo, ma anche perché gli stereotipi e i pregiudizi che alimentano le disuguaglianze su cui si radica e fiorisce la storica sottomissione femminile (e non solo quella) vanno in scena ogni giorno. Letteralmente.

Basta vedere qual è l’immagine che ancora oggi, dopo decenni di riflessioni su rappresentazione e male gaze, è riservata alle donne sui media. A fare il punto è l’indagine di Consumers’ Forum, L’immagine della Donna tra vecchi e nuovi media, che in collaborazione con Ipsos ha analizzato la percezione dell’uso dell’immagine della donna nei media contemporanei.

Media che hanno un potere enorme: quello di creare e alimentare narrazioni e stereotipi, ma anche di contribuire a plasmare i ruoli di genere che vengono poi replicati nella società. Questo significa che possono contribuire a rafforzare le disuguaglianze, ma anche ad abbatterle. Non lo dicono solo gli studi, ma anche i cittadini: lo pensa, infatti, l’87% degli intervistati.

In che direzione stanno andando, quindi, i nostri media? Secondo la maggior parte degli intervistati, male. Il 58% ha dichiarato che le tematiche di genere sono trattate in modo inadeguato (superficiale + esagerato). Solo il 35% ritiene che vengano trattate in modo corretto.

Chi si occupa della cura della casa e della famiglia nei film e nelle serie tv italiane? In 7 casi su 10 esclusivamente le donne: solo nel 23% dei casi lo fanno entrambi e ancora meno (solo il 7%) gli uomini. Si ribaltano le percentuali invece quando si parla di carriere, dove rimane salda l’equazione professionista=uomo. Nel 63% dei casi a occuparsi di imprenditoria, finanza o economia è un “lui”, nel 31% dei casi entrambi, solo nel 7% dei casi una donna.

Anche il linguaggio non sta cambiando abbastanza: per il 37% troppo spesso è sessista e discriminatorio e finisce per sminuire il ruolo della donna. Ma non c’è solo il come, anche il quanto continua a pesare: secondo gli intervistati le donne sono ancora meno rappresentate, non tanto nelle fiction ma soprattutto nelle rubriche sportive, che sono ancora una roccaforte maschile (lo pensa il 76%) e nella stampa, dove la sensazione è che ci siano più articoli di giornalisti che di giornaliste (45%). Questo è legato anche alla percezione della presenza femminile tra i professionisti dell’informazione: sono il 42%, ma per il 65% del campione intervistato non superano il 40% e addirittura per 1 su 3 sono meno del 30%.

Le valutazioni non cambiano troppo a seconda del genere di chi viene intervistato, ma sono profondamente diverse a seconda della generazione a cui appartiene. La Gen Z evidenzia la superficialità (40%) dei media sia per quantità che per qualità dei contenuti: se ne parla “troppo poco e in modo non arricchente per i cittadini”. Secondo i Boomers, invece, siamo di fronte a una “esagerazione”: per il 42% se ne parla “troppo, è un tema di moda su cui tutti devono dire la loro anche senza competenze”.

Come cambiare? Famiglia e scuola sono ancora ritenuti il principale veicolo di trasformazione, ma secondo il 61% degli intervistati anche i brand hanno “il dovere di assumersi la responsabilità di non alimentare gli stereotipi di genere durante la pubblicizzazione dei loro prodotti”. Per questo, quasi 1 persona su 4 (39%) preferisce acquistare da marchi che fanno campagne pubblicitarie che “rappresentano la donna in modo attento e moderno”.

«La survey ha evidenziato che siamo ancora indietro. I cittadini chiedono al mondo della comunicazione di contribuire in modo più esplicito ad abbattere gli stereotipi e i pregiudizi che assegnano alla donna un ruolo ancora troppo marginale e subalterno all’uomo. I cittadini chiedono una forte accelerazione culturale che produca valori nuovi e comportamenti diversi», ha commentato il presidente di Consumers’ Forum Sergio Veroli.

«Già nel 2011, con la Carta degli impegni sottoscritta a margine del convegno Il consumo dell’immagine della Donna, Consumers’ Forum si è schierata per una pubblicità che rispetti l’immagine femminile, la dignità della persona, che contenga messaggi commerciali corretti e per la proibizione di reclame dai contenuti discriminatori o degradanti basati su stereotipi di genere». Ma da solo questo non basta: «Chiediamo alle istituzioni, alla scuola e ai media un impegno maggiore per rimuovere i tanti, troppi ostacoli che ci impediscono di essere una società civile».

di Costanza Giannelli
LA SVOLTA

https://www.lasvolta.it/12007/media-per-quasi-6-persone-su-10-le-tematiche-di-genere-non-sono-trattate-adeguatamente

DIALOGO APERTO
LA NEWSLETTER
Archivio

 

Consumers’ Forum è iscritto presso il Ministero della Giustizia, nell’elenco degli Enti di formazione abilitati a svolgere l’attività di formazione dei mediatori, di cui all’art.17 del d.m. 18 ottobre 2010 n°180, con il n° 203.

 

Consumers’ Forum è autorizzato dal Consiglio Nazionale dell'Ordine dei Giornalisti allo svolgimento dell'attività di formazione professionale continua per i giornalisti, dal 15 maggio 2024 per la durata di tre anni, come da parere favorevole reso dal Ministero della Giustizia con nota prot. n. m_dg.DAG.16/04/2024.0081717.U