A metà del percorso dell’Agenda 2030 i progressi sono “decisamente insufficienti”. Cresce la consapevolezza degli italiani sulla sostenibilità, ma anche lo scetticismo. L’ASviS propone 13 linee di intervento per cambiare rotta.
“Il 2023 è un anno speciale per il percorso cominciato con l’adozione dell’Agenda 2030: siamo a metà strada e la meta è ormai in vista”. Così Marcella Mallen e Pierluigi Stefanini, presidenti dell’ASviS, aprono la nuova edizione del Rapporto annuale dell’Alleanza “L’Italia e gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile”, che fa il punto sull’avanzamento degli Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs) a livello nazionale ed europeo, oltre a offrire una panoramica globale.
Dal Rapporto, presentato il 19 ottobre in un evento a cui è stata conferita la Medaglia del Presidente della Repubblica, emergono da un lato gli innegabili passi in avanti compiuti rispetto al 2015, anche grazie al costante impegno dell’ASviS: tra gli obiettivi raggiunti, non si può non ricordare la storica riforma della Costituzione, con l’inclusione dei principi di tutela dell’ambiente anche nell’interesse delle future generazioni. Dall’altro lato, però, c’è la “dura realtà” che incombe: “Siamo lontani dal conseguire gli Obiettivi dell’Agenda 2030 e non siamo sul ‘sentiero giusto’”, commentano i presidenti.
Novità di quest'anno, la possibilità di visionare per la prima volta alcuni contenuti chiave del Rapporto su una pagina dedicata del sito asvis.it, con infografiche interattive, card facilmente divulgabili per raccontare i dati, possibilità di esplorare ciascun Obiettivo attraverso contenuti testuali e multimediali, e molto altro. Inoltre, il volume è accompagnato, come l’anno scorso, da una “Guida” per facilitare il reperimento di materiali e argomenti all’interno di questo vasto documento, orientando lettori e lettrici attraverso politiche, dati e approfondimenti.
Come siamo messi in Italia?
I progressi nel nostro Paese sono “decisamente insufficienti”, e lo dimostrano i dati provenienti dagli indicatori compositi elaborati dall’Alleanza. Sei dei 17 SDGs nel nostro Paese sono peggiorati rispetto al 2010: parliamo di povertà (Goal 1), sistemi idrici e sociosanitari (Goal 6), qualità degli ecosistemi terrestri e marini (Goal 14 e 15), governance (Goal 16) e partnership (Goal 17). Tre si dimostrano sostanzialmente stabili: cibo (Goal 2), disuguaglianze (Goal 10) e città sostenibili (Goal 11). Sei registrano miglioramenti molto contenuti: istruzione (Goal 4), parità di genere (Goal 5), energia rinnovabile (Goal 7), lavoro dignitoso (Goal 8), innovazione e infrastrutture (Goal 9), lotta al cambiamento climatico (Goal 13). Infine, due Obiettivi (salute, Goal 3, ed economia circolare, Goal 12) mostrano segnali più incoraggianti. Per nove Obiettivi sui 14 per cui sono disponibili dati, le disuguaglianze tra Regioni sono in aumento.
Che cosa vogliono dire questi dati, in concreto?
Come ricorda il direttore scientifico dell’ASviS Enrico Giovannini nel suo ampio documento di sintesi, questi dati corrispondono a una condizione nazionale critica. Dal punto di vista sociale “quasi due milioni di famiglie, al cui interno vivono 1,4 milioni di minori, sono in condizione di povertà assoluta; le disuguaglianze tra ricchi e poveri sono in crescita e quasi cinque milioni di giovani 18-34enni (quasi uno su due) presentano almeno un segnale di deprivazione; la spesa pubblica sanitaria e per l’istruzione è nettamente inferiore a quella europea; l’abbandono scolastico è pari all’11,5% e tocca il 36,5% tra i ragazzi stranieri; la disoccupazione giovanile è superiore al 20% e 1,7 milioni di giovani non studiano e non lavorano (Neet); le disuguaglianze di genere sono ancora forti e si registrano inaccettabili violenze nei confronti delle donne”. Ma anche sul fronte ambientale la situazione non migliora: “In Italia si registra il 42% di perdite dei sistemi idrici e solo il 21,7% delle aree terrestri e il 6,9% di quelle marine sono protette”. Sul lato economico “rimane forte la componente del lavoro irregolare (tre milioni di unità)”, ma migliora l’economia circolare e cresce il tasso di innovazione (anche se molte imprese mostrano resistenze a investire sulle trasformazioni digitale ed ecologica, e più in generale sulla sostenibilità). “Non ci siamo proprio”, commenta Giovannini.
Un sondaggio sulla percezione degli Obiettivi di sviluppo sostenibile
Il Rapporto di quest’anno presenta anche un’analisi delle opinioni della popolazione italiana (raccolte sulla base delle ricerche condotte da Ipsos) su una serie di aspetti connessi alle dimensioni dell’Agenda 2030. Il risultato: cresce nella popolazione la consapevolezza sulla necessità di uno sviluppo sostenibile, ma anche lo scetticismo.
L’importanza di imboccare un percorso sostenibile è presente tra gli italiani e le italiane: circa un terzo delle persone conosce l’Agenda 2030, percentuale che sale al 58% tra gli studenti (era il 43% nel 2019), grazie al lavoro svolto anche dall’ASviS nelle scuole e nelle università. Tra chi conosce l’Agenda 2030, il 19% (era l’11% nel 2019) ritiene che tutti gli SDGs dovrebbero avere pari dignità e dovrebbero essere considerati in modo complessivo. Il restante 81% identifica invece delle priorità: al primo posto si conferma la “lotta al cambiamento climatico”, ma salgono all’attenzione anche “lavoro dignitoso e crescita economica” e “salute e benessere” a scapito di “energia pulita e accessibile” e della qualità degli ecosistemi terrestri. Aumenta però anche la quota degli scettici, cresciuta dal 13% di tre anni fa al 22%, anche a causa di una crescente percezione di fenomeni di greenwashing.
Gli Obiettivi di sviluppo sostenibile in Europa
Oltre all’usuale capitolo dedicato alle politiche europee, anche quest’anno l’ASviS ha analizzato i progressi degli SDGs a livello europeo. L’Ue presenta, dal 2010 a oggi, progressi per gran parte dei Goal. Però, come ricorda Giovannini, si tratta di “miglioramenti contenuti”. Se si prende come riferimento il 2015 (anno di approvazione dell’Agenda 2030), la maggior parte dei Goal presenta progressi lievi, fatta eccezione per i Goal 5 e 8, che registrano miglioramenti superiori al 5% tra il 2015 e il 2020. Solo il Goal 15 peggiora, mentre i Goal 11 e 17 rimangono sostanzialmente stabili. L’Italia, messa in relazione con gli altri Paesi Ue, si trova spesso nella metà bassa della classifica.
Le proposte dell’ASviS per le politiche “trasformative”
Dunque, solo con un profondo cambiamento delle politiche pubbliche è possibile invertire la rotta per permettere al Paese di arrivare preparato al 2030. Per questo l’Alleanza ha realizzato delle proposte per politiche “trasformative”, che saranno oggetto tra l’altro di approfondimento e discussione in quattro eventi (“ASviS Live”) previsti entro la prima decade di dicembre. Alcune delle proposte implicano risorse finanziarie significative, altre sono a “costo zero” o quasi. In estrema sintesi, le azioni riguardano 13 linee di intervento: contrastare la povertà, la precarietà e il lavoro povero, assicurare l’assistenza agli anziani non autosufficienti, redistribuire il carico fiscale per ridurre le disuguaglianze, gestire i flussi migratori e promuovere l’integrazione degli immigrati; accelerare l’innovazione tecnologica, organizzativa e sociale del settore agricolo, potenziare la responsabilità sociale delle aziende agricole; ottimizzare le risorse e l’organizzazione dei servizi sanitari, mitigare l’impatto della crisi climatica sulla salute, combattere il disagio psichico, le dipendenze e la violenza familiare e sociale; migliorare la qualità degli apprendimenti, contrastare la dispersione, assicurare l’inclusione, potenziare i servizi per l’infanzia, educare allo sviluppo sostenibile e alla cittadinanza globale; aumentare l’occupazione femminile, assicurare servizi e condivisione del lavoro di cura, prevenire e combattere le discriminazioni multiple; mettere la protezione e il ripristino della natura al centro delle politiche, rispettare gli accordi internazionali in materia, assicurare la tutela e la gestione sostenibile degli ecosistemi; aumentare al massimo la produzione di energia elettrica rinnovabile e rendere più ambizioso il Pniec; ridurre la fragilità sul mercato del lavoro di donne, giovani e immigrati, potenziare le politiche attive e migliorare le condizioni di lavoro; investire in infrastrutture sostenibili, orientare il sistema produttivo verso l’Industria 5.0, potenziare la ricerca e l’innovazione; migliorare il governo del territorio, investire nella rigenerazione urbana e nella transizione ecologica delle città e delle altre aree territoriali; promuovere la sostenibilità ambientale e sociale nella Pubblica amministrazione, coinvolgere maggiormente i consumatori nell’adozione di comportamenti virtuosi; migliorare il sistema giudiziario, sviluppare un’etica dell’Intelligenza Artificiale, rafforzare la partecipazione democratica; promuovere la pace, rafforzare la coerenza delle politiche di assistenza allo sviluppo e migliorarne l’efficacia, assicurando la partecipazione della società civile alle scelte.
“Il Rapporto mostra chiaramente come in questi otto anni l’Italia non abbia scelto in modo convinto e deciso l’Agenda 2030 come mappa per realizzare uno sviluppo pienamente sostenibile sul piano ambientale, sociale, economico e istituzionale”, evidenzia in sintesi il documento, tuttavia “i progressi degli ultimi anni dimostrano che è possibile cambiare politiche e comportamenti, indirizzare le nostre società su un percorso sostenibile, ma solo a patto di avere l’impegno deciso e continuo di tutte e tutti”.
di Flavio Natale