L’Unione Europea ha una politica di sicurezza alimentare incentrata su una serie di principi stabiliti o attualizzati all'inizio degli anni 2000. Questi principi, applicati adottando l'approccio globale "dai campi alla tavola", comprendono in particolare la trasparenza, l'analisi e la prevenzione dei rischi, la tutela degli interessi dei consumatori e la libera circolazione di prodotti sicuri e di qualità nel mercato interno e con i paesi terzi. Una serie di organismi specializzati - in particolare l'Autorità europea per la sicurezza alimentare - contribuiscono a garantire la sicurezza dei prodotti alimentari.

Vediamo le novità che ci sono state sul tema della sicurezza alimentare (in termini di normative, regolamenti, proposte e decisioni) nel 2013, dall’inizio dell’anno ad oggi.

Lo scandalo della carne di cavallo non dichiarata in etichetta (scoppiato a febbraio scorso) ha messo in subbuglio l’itera Unione Europea. Da subito è stata attivata un’ondata di controlli, finanziati in parte dalla Commissione Europea, sul DNA delle carni bovine vendute nei vari Stati membri e migliaia di ispezioni negli stabilimenti produttivi; sui campioni analizzati è stato effettuato anche il test per verificare la presenza del “fenilbutazone”, farmaco utilizzato per i cavalli da corsa. A fine aprile la Commissione Europea ha pubblicato i dati dei 19 Paesi coinvolti nello scandalo: a contenere carne di cavallo in quantità superiore all’1% è il 4,66% dei campioni di carne etichettata come bovina analizzati in tutta l’Ue. Di questi, solo nello 0,51% sono state rinvenute tracce di fenilbutazone. I dati hanno “confermato” quanto detto dal Commissario UE alla salute e tutela dei consumatori Tonio Borg: si è trattato di “una questione di frode e non di sicurezza alimentare o di emergenza sanitaria”.

Dall’inizio del 2013 la Commissione europea ha lavorato per rivedere alcuni aspetti dei regolamenti 29/2012 e 2568/91, che riguardano  l'etichettatura (dimensioni dei caratteri dell'origine obbligatoria, facoltà di inserire l’anno di produzione sulla bottiglia), estendendo l'obbligo di tracciabilità dell'olio a tutte le categorie (sansa e raffinato compresi). A maggio è arrivato il via libera al Regolamento di esecuzione (UE) n. 299/2013 della Commissione del 26 marzo 2013 recante modifica del regolamento (CEE) n. 2568/91 relativo alle caratteristiche degli oli d'oliva e degli oli di sansa d'oliva nonché ai metodi ad essi attinenti. Il regolamento entrerà in vigore dal 1°  gennaio 2014 e i prodotti legalmente fabbricati ed etichettati che sono stati immessi in libera pratica prima di tale data potranno essere commercializzati fino all’esaurimento delle scorte. Le principali novità riguardano la grandezza dei caratteri in etichetta: dovranno essere di a 3 mm per le confezioni più diffuse in commercio, e dovranno essere inseriti tutti nello stesso campo visivo. Ciò permetterà di avere un’informazione più corretta per i consumatori.

Un’altra importante novità riguarda le bottiglie destinate alla ristorazione per le quali è previsto l’uso obbligatorio di sistemi di chiusura che ne impediscono il riempimento dopo l’esaurimento del contenuto e pertanto, una volta aperte, le confezioni non saranno più riutilizzabili, prevenendo eventuali operazioni fraudolente. Su quest’ultimo punto c’è stato un passo indietro della Commissione Europea che, a seguito delle proteste di alcuni Stati membri, ha annunciato il ritiro della parte del Regolamento sul divieto per l’uso di bottiglie anonime e riutilizzabili nei ristoranti. In Italia comunque c’è una norma, in vigore dal primo febbraio 2013, contenuta nella legge nota come salva olio “Norme sulla qualità e la trasparenza della filiera degli oli di oliva vergini”. Una norma che prevede di far uso di imballaggi che non consentano il riempimento con altre qualità di olio rispetto a quelle indicate in etichetta nei ristoranti, sul bancone dei bar e nei servizi di catering.

Regolamento UE N. 438/2013 della Commissione del 13 maggio 2013 che modifica e rettifica l’allegato II del regolamento (CE) n. 1333/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda l’uso di determinati additivi alimentari. http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2013:129:0028:0033:IT:PDF

Regolamento UE N. 392/2013 della Commissione del 29 aprile 2013 che modifica il regolamento (CE) n. 889/2008 per quanto riguarda il sistema di controllo per la produzione biologica  
http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:L:2013:118:0005:0014:IT:PDF

Per il momento, parlare di Ogm in Europa vuol dire parlare di mais e soia che sono i principali prodotti geneticamente modificati attualmente autorizzato dall’Unione Europea. A gennaio 2013 l’Efsa ha lanciato un’iniziativa di trasparenza per permettere a chiunque (individuo o membro di una comunità scientifica) di esaminare e utilizzare gli insiemi di dati completi impiegati per la valutazione del rischio sul mais Ogm NK603. Rispetto al mais geneticamente modificato del tipo Mon 810, c’è una recente ordinanza della Corte di Giustizia dell’UE che ha dato ragione a un imprenditore italiano, che aveva messo a coltura a Vivaro sementi geneticamente modificate del mais, senza il via libera dello Stato. La Corte ha stabilito che la messa in coltura di varietà Ogm autorizzate dall’UE non può essere sottoposta a procedure nazionali. Ad aprile l’Italia aveva chiesto alla Commissione Europea di sospendere l’autorizzazione della messa in coltura di sementi del mais geneticamente modificato della Monsanto in Italia e nell’UE. Il Ministro della Salute Renato Balduzzi aveva inviato richiesta di effettuare una nuova valutazione del Mon810 alla luce delle ultime linee guida, definendo adeguate misure di gestione obbligatorie per tutti gli utilizzatori di tali Ogm. Nel frattempo si chiedeva di fermare l’autorizzazione del mais Mon810.

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