Tra misure già in campo e nuove proposte, l’Arera, in asse con il Parlamento, punta a rafforzare le tutele degli utenti vittime di chiamate aggressive e attivazioni non richieste.
Bollette energetiche, call center e comportamenti spesso aggressivi. Una combinazione sempre più diffusa che, in molti casi, tende a spingere il consumatore verso offerte commerciali sulla base di informazioni non trasparenti e/o ingannevoli. Ecco perché l’Autorità per l’energia, le reti e l’ambiente (Arera) è intervenuta anche di recente per cercare di mettere ordine tra le pratiche più spinte che sfruttano, va detto, anche i tanti “buchi” del Registro pubblico delle opposizioni, che avrebbe dovuto tutelare maggiormente i consumatori intenzionati a opporsi al trattamento dei propri contatti telefonici per l’invio di materiale pubblicitario o di vendita ma anche di comunicazioni commerciali e che è invece si è rivelato uno strumento poco efficace.
I numeri del mercato
Da qui anche la discesa in campo del Parlamento che sta lavorando ad alcune proposte di legge per rafforzare le tutele a favore degli utenti e sulle quali ieri si è espresso, nel corso di un’audizione anche il presidente dell’Arera, Stefano Besseghini. Che ha messo in fila anche i numeri aggiornati del mercato della luce e del gas: Oggi sul mercato elettrico sono 23,8 milioni i clienti divisi tra 15,3 milioni di non vulnerabili e 8,5 milioni di vulnerabili (over 75, percettori di bonus, persone con disabilità ai sensi della legge 104, utenti di isole minori non interconnesse o di strutture abitative d’emergenza), 3,3 milioni gli utenti vulnerabili della maggior tutela e e 3,3 milioni quelli del nuovo servizio a tutele graduali. Quanto al gas, i clienti del mercato libero sono 17,8 milioni (12,5 i non vulnerabili e 5,3 milioni i vulnerabili), e 2,4 miliioni i consumatori vulnerabili soggetti ancora alle tutele di prezzo. Ma quali sono al momento le difese principali e su cosa punta l’Arera per salvaguardare maggiormente i consumatori? Ecco tutte le misure in campo.
Gli obblighi a carico dei venditori
Secondo il codice di condotta commerciale, che l’Autorità di recente ha anche potenziato, i venditori sono tenuti a fornire, anche quando agiscono per mezzo di soggetti terzi, le informazioni relative alle offerte contrattuali in modo trasparente, completo e non discriminatorio e ad adottare ogni ragionevole misura per soddisfare le esigenze di informazioni e assistenza nei confronti dei clienti. E questo vale anche per gli incaricati dei venditori che promuovono offerte contrattuali anche mediante tecniche di comunicazione a distanze, incluse quelle telefoniche.
Le tutele a favore del consumatore
Quanto al consumatore, partiamo evidenziando che il consenso dello stesso non è valido se l’utente non ha preliminarmente confermato la ricezione del documento scritto contenente tutte le condizioni contrattuali, trasmesso su supporto cartaceo o altro supporto durevole disponibile e accessibile. Inoltre, il codice di condotta prevede non solo un diritto di ripensamento (che l’Arera ha esteso da 14 a 30 giorni), ma stabilisce anche che il venditore, nel caso di contratto concluso a distanza o fuori dei locali commerciali, dovrà informare il cliente di tale facoltà, fornendogli il relativo modulo.
Il diritto di ripensamento
Se, poi, il venditore chiede di eseguire il contratto prima che sia decorso il termine del diritto di ripensamento, il cliente dovrà farne esplicita richiesta al venditore. Vale, poi, la pena di ricordare che, in base al Codice del consumo, nel caso di fornitura non richiesta di beni e servizi, inclusi i contratti di luce e gas, il cliente non è obbligato a pagare se risulta vittima dell’attivazione di una proposta non richiesta.
Il fenomeno delle chiamate mascherate
Fin qui le misure già in mista, ma l’Arera, come detto, si è espressa anche sulle proposte volte a rafforzare le tutele a favore dei consumatori a partire dal tanto discusso Registro pubblico delle opposizioni. Un primo intervento, secondo l’Autorità, potrebbe riguardare il fenomeno molto diffuso del cosiddetto “Calling line identification (CLI) spoofing”, cioè il mascheramento dell’informazione relativa alla linea chiamante che consente di manipolare le informazioni sulla corretta identificazione del numero telefonico chiamante, in modo da ingannare il consumatore. Mossa molto diffusa che l’Autorità, in sintonia con il Parlamento, punta a stoppare inserendola all’interno delle pratiche commerciali scorrette, previste dal codice del consumo, e propone di inserire espressamente il divieto di CLI spoofing della linea da cui origina la chiamata.
Il nodo delle chiamate automatizzate
L’Autorità propone, altresì, di introdurre nell’ordinamento il divieto di chiamate automatizzate senza impiego di operatori umani, affinché le stesse non siano gestite esclusivamente con un sistema informatico, senza possibilità di richiamare o di rivolgersi a chi ha effettuato la chiamata medesima. Tale modalità non deve essere utilizzata neppure per sollecitare un successivo contatto telefonico da parte del consumatore; è del tutto evidente che tale fattispecie determinerebbe la telefonata inbound (cioè la chiamata in ingresso, quella fatta dal consumatore) come apparente espressione della volontà del cliente finale.
L’ulteriore mossa dell’Autorità
L’Autorità suggerisce, ancora, di prevedere che la violazione del divieto di contattare a scopi commerciali e promozionali gli interessati iscritti nel Registro delle opposizioni, a eccezione del consenso espresso prestato al contatto telefonico, possa essere causa di nullità relativa del contratto sottoscritto a seguito di tale contatto e produttiva, come accade già oggi per le attivazioni non richieste. Non solo, l’Arera punta anche ad assicurare la continuità della fornitura, per esempio facilitando, dove possibile, il ritorno al precedente fornitore nei casi in cui il cliente abbia evidenziato la nullità del contratto per violazione del divieto di essere contattato.