Si aggrava il divario fra ricchi e poveri. Disuguaglianza e povertà sono cresciuti rapidamente e l'Italia si trova al sesto posto per gap fra ricchi e poveri nei trenta paesi dell'Ocse, l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico.
È il quadro che emerge dallo studio su redditi, disuguaglianza e povertà pubblicato oggi dall'Ocse dal titolo "Growing Unequal? Income Distribution and Poverty in OECD Countries".
Si tratta di un fenomeno diffuso. Secondo quanto rileva l'Ocse, la differenza fra ricchi e poveri è aumentata negli ultimi due decenni in oltre tre quarti dei paesi che fanno parte dell'organizzazione. Dalla crescita economica hanno tratto beneficio più i ricchi che i poveri. E in paesi come Canada, Finlandia, Germania, Italia, Norvegia e Stati Uniti il gap è aumentato anche fra i ricchi e la classe media. E, aggiunge l'Ocse, la mobilità sociale è più bassa nei paesi con una più elevata disuguaglianza, come Italia, Regno Unito e Stati Uniti, mentre è più elevata dove il reddito si distribuisce in maniera più uniforme.
Dall'approfondimento dedicato all'Italia emergono record negativi. Redditi da lavoro, da risparmi e da capitale hanno visto un aumento delle disuguaglianza del 33% a partire dalla metà degli anni Ottanta: si tratta dell'aumento più alto fra i paesi Ocse dove l'incremento medio è stato del 12%.
Se è vero che l'Italia ha fronteggiato la situazione aumentando le tasse familiari e con una maggiore spesa sociale per i poveri - un dato considerato "insolito" in quanto l'Italia è uno fra i tre paesi Ocse che ha aumentato questa voce negli ultimi dieci anni - i numeri sono negativi per quanto riguarda entità e distribuzione del reddito. Il reddito medio del 10% degli italiani più poveri, scrive l'Ocse, è di circa 5 mila dollari a parità di potere di acquisto (contro la media di 7 mila dell'Ocse) mentre il reddito medio del 10% di italiani più ricchi è di 55mila dollari (al di sopra della media Ocse).
I ricchi, rileva l'organizzazione, hanno beneficiato della crescita economica più dei poveri o della stessa classe media. Il tasso di povertà è diminuito fra la metà degli anni Novanta e il 2005, in particolare quello infantile che è passato dal 19% al 15%, anche se resta ancora al di sopra della media Ocse del 12%.
Altra nota dolente è rappresentato dalla mobilità sociale che, rileva l'Ocse, è più bassa rispetto a Paesi come Australia o Danimarca così che i figli di genitori poveri hanno una probabilità più bassa di diventare ricchi rispetto ai figli di genitori ricchi. La ricchezza si distribuisce in modo ancora più diseguale: il 10% dei più ricchi possiede il 42% della ricchezza totale.
"La crescente disuguaglianza - ha detto il segretario generale dell'Ocse Angel Gurría - crea divisione. Polarizza le società, divide regioni e paesi, divide il mondo fra ricchi e poveri. L'aumentata disuguaglianza di redditi soffoca la mobilità verso l'alto fra generazioni". Per Gurría "la parte più rilevante dell'aumento della disuguaglianza deriva dai cambiamenti nel mercato del lavoro. Lì devono agire i governi. I lavoratori a bassa specializzazione stanno avendo problemi sempre più gravi nel trovare lavoro. Aumentare l'occupazione è il modo migliore per ridurre la povertà".
LINK: Scarica il rapporto OECD (2008), Growing Unequal? : Income Distribution and Poverty in OECD Countries. Italy (PDF)
Record di conciliazioni per le Camere di commercio. Nei primi sei mesi dell'anno le conciliazioni gestite sono state più di 10 mila, con un aumento di oltre l'80% rispetto allo stesso periodo del 2007. Sono oltre 50 mila in dieci anni le conciliazioni gestite dalle Camere di Commercio. E in pole position in questo semestre c'è il Mezzogiorno, con Campania, Sicilia e Calabria che più delle altre regioni hanno fatto ricorso a questa forma stragiudiziale di composizione delle controversie insorte tra imprese e tra imprese e consumatori.
Sono i dati resi noti da Unioncamere in occasione della V Settimana di promozione dei servizi di conciliazione delle Camere di commercio, iniziativa che si svolge in tutta Italia da oggi al 25 ottobre. Per l'occasione, Unioncamere ha inoltre predisposto una guida informativa dedicata sia ai consumatori sia ai professionisti,che verrà diffusa su quotidiani nazionali e sarà disponibile nelle singole Camere di Commercio.
Il Mezzogiorno è l'area nella quale la conciliazione si diffonde in modo maggiore, tanto che rispetto al primo semestre 2007 le conciliazioni gestite tra gennaio e giugno 2008 sono addirittura raddoppiate. Nel complesso, il Sud Italia mette infatti a segno un più 113% delle conciliazioni rispetto ai primi sei mesi dell'anno scorso, seguito dal Centro (più 77,5%) e dal Nord Ovest (più 30,4%) mentre le conciliazioni sono in calo nel Nord Est (meno 3%). A livello territoriale, la Campania vince il primato della regione più "conciliante" con 4.190 conciliazioni e Napoli, Caserta e Salerno ai primi tre posti della graduatoria provinciale.
Il bilancio di Unioncamere rileva inoltre l'incremento del valore medio delle procedure, che nel primo semestre 2008 è 2,5 volte più elevato rispetto al 2007 (dagli 11 mila euro a oltre 29 mila euro) mentre la durata del procedimento raggiunge i 56 giorni (erano 51 lo scorso anno).
Aumentare la trasparenza e la leggibilità delle bollette di elettricità e gas. È l'obiettivo dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas che ha approvato un procedimento che "intende migliorare ulteriormente - informa una nota - la qualità delle informazioni fornite dalla bolletta, anche per rendere più facile il confronto tra le diverse offerte dei diversi venditori, agevolando scelte sempre più consapevoli e convenienti da parte dei consumatori". Saranno coinvolti operatori, consumatori e associazioni anche attraverso focus group.
La bolletta, rileva l'Autorità, rappresenta il fondamentale canale di comunicazione fra cliente ed aziende e "la tendenza sempre più diffusa alla sottoscrizione da parte dei clienti finali di offerte congiunte per la fornitura di energia elettrica e di gas (dual fuel) rende necessario - scrive l'Autorità - armonizzare i contenuti dei documenti di fatturazione relativi ai due servizi, per assicurare livelli equivalenti di trasparenza e leggibilità". L'Autorità intende inoltre sottoporre il nuovo procedimento all'Analisi di Impatto della Regolazione, che permette di valutare le ricadute della decisione attraverso il confronto con consumatori, operatori e parti interessate.
Soddisfatti della copertura farmaceutica pubblica ma con differenze territoriali fra Nord e Sud. Fedeli alla propria farmacia e al farmacista ma aperti ai nuovi canali distributivi e alla vendita dei medicinali nei supermercati. Fiduciosi nelle possibilità offerte dalla ricerca biotecnologica nel campo della salute. E convinti che per stare bene sia importante anche l'ambiente.
È l'identikit del rapporto fra italiani e farmaci secondo i risultati delle ricerca del Censis e del Forum per la ricerca biomedica "Trent'anni di ricerca biomedica e di lotta alle malattie" presentata oggi a Roma.
Gli italiani sono soddisfatti della copertura farmaceutica pubblica: quasi il 61% ritiene sufficiente la disponibilità di farmaci mutuabili rispetto alle proprie esigenze di salute.
La percentuale, però, cambia a seconda del territorio: si passa da oltre il 60% dei cittadini nel Nord-ovest al 62,5% nel Nord-est, a più del 78% al Centro, per poi scendere sotto il 49% tra i residenti del Sud.
L'indagine evidenzia la fiducia verso il proprio farmacista e, al tempo stesso, l'atteggiamento di apertura delle vendita dei farmaci nelle grande distribuzione. Emerge una persistente fedeltà dei cittadini alla farmacia di fiducia (il 67% degli intervistati si rivolge di solito alla stessa farmacia) e alla figura del farmacista che (77%) segue il medico di medicina generale (97%) come soggetto che, secondo gli intervistati, deve dare informazioni sui farmaci. Allo stesso tempo, oltre il 69% degli italiani è favorevole alla possibilità di vendere i farmaci in luoghi diversi dalle farmacie, anche se per il 56,6% deve avvenire sempre e comunque in presenza di un farmacista nel punto vendita.
Il 65% degli intervistati ritiene che debba essere sviluppata la ricerca biotecnologica limitatamente al campo della salute e per il 66% va potenziata l'ingegneria genetica purché sia usata per correggere geni che provocano malattie, mentre solo il 10% la indica come mezzo di potenziamento delle caratteristiche estetiche.
Diminuiscono gli italiani che individuano nello stile di vita una fonte di buona salute mentre aumentano coloro che segnalano l'importanza delle condizioni ambientali, indicate dal 22,2% degli intervistati, con un aumento del 10% rispetto al 1998, e di coloro che chiamano in causa ifattori ereditari (8,9%, +6%).
Gli italiani seguono quasi alla lettera le prescrizioni dei medici sui farmaci. Ritengono che nel futuro il compito della ricerca sui medicinali dovrà concentrarsi sulla lotta alle patologie incurabili (68%) e ridurre i rischi e gli effetti collaterali rispetto agli attuali medicinali (28,8%).
Gli italiani ritengono inoltre di avere una maggiore consapevolezza nell'uso dei farmaci: rispetto ai propri genitori, rileva il Censis, il 54% degli intervistati afferma di avere maggiore capacità di raccogliere informazioni utili per la corretta assunzione dei farmaci, oltre il 52% si attribuisce una maggiore dimestichezza sul quando e come utilizzarli, più del 51% ritiene di avere maggiore conoscenza degli effetti collaterali e dei rischi connessi a una eccessiva assunzione di farmaci, il 45,5% ha più fiducia nell'efficacia delle medicine e il 44,7% maggiore capacità di dialogare con il medico sui farmaci da prendere.
E quando si esagera nel consumo dei farmaci, per gli italiani la responsabilità non è tanto dei medici o dell'industria ma soprattutto della singola persona (74,7% degli intervistati) che per rassicurarsi contro ansia e stress finisce per rivolgersi al farmaco.
LINK: Leggi la sintesi della ricerca sul sito del Censis
Il 13% della popolazione italiana è costretto a sopravvivere con meno di 500-600 euro al mese, cioè meno della metà del reddito medio italiano (dati Istat). Tantissimi sono poi i quasi poveri, cioè quelli che superano la soglia di povertà soltanto di pochissimo.
Ad aggravare la situazione italiana c'è il fatto che i servizi sociali non hanno un forte impatto nel ridurre la società; in questo l'Italia è seconda, nell'area euro, solo alla Grecia. In Svezia, Danimarca, Finlandia, Paesi Bassi, Germania e Irlanda i trasferimenti sociali riescono a ridurre del 50% il rischio di povertà, mentre in Italia questa percentuale è del 4%.
Sono alcuni dei dati evidenziati dal Rapporto presentato oggi a Roma da Caritas Italiana e Fondazione Zancan di Padova. "Ripartire dai poveri", è questo il titolo del Rapporto di quest'anno che pone due questioni da affrontare con urgenza: il passaggio da trasferimenti monetari a servizi e la gestione decentrata della spesa sociale.
Nel nostro Paese risulta povero il 30,2% delle famiglie con 3 o più figli, e il 48,9% di queste famiglie vive nel Mezzogiorno (al 2006, ultimi dati disponibili). Sembra che avere più figli in Italia comporti un maggiore rischio di povertà, con una penalizzazione non solo per i genitori che si assumono questa responsabilità ma soprattutto per i figli, costretti a una crescita con meno opportunità. Eppure in altri Stati non accade così. Ad esempio, effettuando un confronto con la Norvegia, si evidenzia che in quel Paese non solo vi è un tasso di povertà notevolmente inferiore, ma anche una relazione esattamente opposta, ovvero più bambini si hanno (a meno di non averne più di 3), più basso è il tasso di povertà.
"Come evidenziano i dati - afferma Tiziano Vecchiato, direttore della Fondazione Zancan - i Paesi che investono di più in servizi piuttosto che in trasferimenti monetari sono gli stessi Paesi che riescono a incidere sul fenomeno della povertà del 50%. Una strada chiara, da percorrere anche nel nostro Paese".
Altri problemi si evidenziano nella gestione della spesa: nel nostro Paese l'assistenza sociale è tuttora erogata a livello centrale, sia dalle amministrazioni centrali che dagli enti di previdenza, piuttosto che a livello locale, diversamente da quanto prevedono le recenti modifiche costituzionali. Solo l'11% della spesa per assistenza sociale è gestita a livello locale. Si tratta di una contraddizione su cui è urgente intervenire, collegando strutturalmente il passaggio da trasferimenti a servizi e da gestione centrale a gestione locale.
Mentre il Rapporto del 2007 poneva l'interrogativo se rassegnarsi alla povertà, quello di quest'anno cerca di dare una risposta: basterebbe riallocare una parte delle risorse destinate alla spesa sociale. Ad esempio la spesa per indennità di accompagnamento e quella per assegni familiari vengono messe tra le aree di azione specifica per un piano di lotta alla povertà, ipotizzando forme parziali di riconversione dei 10.175 milioni di euro e dei 6.427 milioni di euro che rispettivamente compongono le due voci di spesa.
Da un approccio per categoria si dovrebbe passare ad un approccio basato sulla persona trovando soluzioni perché almeno una parte del trasferimento monetario possa essere fruita in termini di servizi accessibili, come prestazioni di sostegno alla domiciliarità, attività di socializzazione, servizi per l'inserimento lavorativo, ecc.
"Occorre applicare seriamente il principio di equità sociale e di universalismo selettivo - sottolinea Tiziano Vecchiato -, ponendo fine alle rendite di posizione, agli interventi a pioggia, mettendo al centro le persone".
Da un monitoraggio effettuato nel 2007 da Isfol in collaborazione con Upi, centrato su 346 casi di ambiti sociali appartenenti a 16 territori regionali, è emerso che sono i servizi domiciliari e gli interventi di promozione sociale le tipologie prevalenti di attività finanziarie. Seguono i sussidi economici, i servizi semiresidenziali. Le tipologie di servizio che più immediatamente possono riferirsi alla lotta all'esclusione possono identificarsi con i sussidi economici e con gli interventi volti a fronteggiare le emergenze sociali, entrambi presenti in più di 6 piani su 10. Per quanto concerne i trasferimenti monetari, il primato di una maggiore diffusione è detenuto dalle zone del Veneto (82,4%), dell'Emilia Romagna (80,8%) e della Liguria (77,8%).
Strategie territoriali integrate, è quello su cui bisogna puntare in futuro: piani di azione a lungo termine con cui accostarsi alle questioni sociali, facendo perno sui territori e promuovendo l'integrazione, ovvero selezionando sul territorio le risorse attivabili e le condizioni migliori per l'attuazione degli interventi nel superamento della logica dell'emergenza.
Mons.Vittorio Nozza, direttore della Caritas Italiana, in conclusione ha ribadito: " La politica - quella vera e non serva del dio denaro - deve fare la sua parte. Riaffermando il bene comune e il primato della persona umana".
LINK: Leggi il Rapporto
Porto di Napoli al setaccio da parte del Corpo Forestale dello Stato che ha sequestrato 10 quintali di latte cinese ad alto rischio melamina e alimentari fra i quali mozzarella, prodotti caseari e tè cinese al latte.
Sono i risultati dell'operazione "Lanterne Rosse" sulla sicurezza alimentare, che ha visto impegnati questa mattina a Napoli più di cento forestali. Sono stati setacciati numerosi container di provenienza asiatica e quasi tutti "made in China".
L'operazione, effettuata fra il porto e il centro del capoluogo campano, ha portato a un maxi sequestro di 10 quintali di latte sospetto di essere contaminato da melamina, insieme a carni e pesce che non potrebbero essere commercializzati. Si tratta, ha detto il Ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali Luca Zaia, del più ingente quantitativo di prodotti "made in China" mai posto sotto sigilli in Italia.
Il bilancio finale dei sequestri è di 10 quintali di latte cinese ad alto rischio melamina, 300 chili di mozzarella cinese, 50 chili di prodotti caseari, più di 100 chili di tè cinese al latte, 90 chili di papaia cinese al latte e 7 chili di zampe di gallina, la cui importazione è vietata per l'elevato rischio di influenza aviaria.
La Forestale ha inoltre sequestrato 40 chili di datteri di mare di provenienza locale e destinati all'esportazione in Cina, 10 chili di carne bianca, molluschi, pesci, circa 100 chili di funghi lavorati privi di qualunque etichetta e 500 chili di uova lavorate, per un totale del 70% dei prodotti rinvenuti senza alcuna etichettatura. Circa 20 mila kg di alimenti non conformi alle norme europee sulla tracciabilità sono stati confiscati e avviati a distruzione.
Sono sette le persone denunciate all'Autorità Giudiziaria. Sono state inoltre spiccate multe per centomila euro e sequestrati due esercizi commerciali totalmente abusivi.
"Sono orgoglioso - ha detto Zaia - del lavoro svolto dal Corpo Forestale dello Stato a difesa dei cittadini e consumatori italiani. Il sistema dei controlli nel nostro Paese funziona e funziona bene: non è mai stato così evidente. Con questa brillante operazione, che non ha eguali nel passato, è stato impedito che sulle tavole degli italiani arrivassero prodotti tossici o di illecita importazione e commercializzazione". L'operazione Lanterne Rosse, ha proseguito, "è l'esito coerente della politica che abbiamo scelto di avviare e che si muove su due binari: tolleranza zero e lotta senza quartiere a truffe, illeciti, sofisticazioni e frodi alimentari".
"La comunità cinese non tema: le attività criminali non hanno etnie o colori di sorta - ha detto Zaia - Ma è bene che tutti sappiano che chiunque trasgredisca la legge e cerchi di avvelenare i consumatori italiani, sarà severamente perseguito e punito".
I sequestri sono stati eseguiti dal Comando Provinciale di Napoli, dal Nucleo Agroalimentare e Forestale e della Sezione Investigativa Cites di Roma del Corpo forestale dello Stato e con la collaborazione della Polizia Provinciale di Napoli, della Polizia veterinaria dell'Azienda Sanitaria Locale e di alcuni esperti di prodotti ed etichettature riportanti scritte cinesi.
Su risparmio ed efficienza energetica l'innovazione arriva dal basso. E può arrivare dal settore edilizio, dalle esperienze innovative di riscaldamento domestico e dalle azione previste dai Regolamenti edilizi per il risparmio energetico. È quanto evidenzia il primo Rapporto dell'Osservatorio Nazionale Regolamenti Edilizi per il risparmio energetico, presentato a Bologna da Legambiente e dall'Istituto di ricerca Cresme.
L'indagine di Cresme e Legambiente sul regolamento edilizio come motore del cambiamento ha preso in considerazione un campione di 1000 comuni e ha raccolto ed esaminato 188 regolamenti edilizi, che, attraverso l'obbligo (104) o con i soli incentivi (85), promuovono un diverso modo di costruire che guarda alla sostenibilità ambientale.
Il principale indirizzo che emerge dall'analisi dei 188 regolamenti edilizi è quello che riguarda l'obbligo di progettare e realizzare l'impianto di produzione di energia termica in modo di coprire con fonti rinnovabili almeno il 50% del fabbisogno annuo di energia per la produzione di acqua calda e di prevedere l'installazione di pannelli fotovoltaici per la produzione di energia elettrica non inferiore a quantità definite con valori diversi per unità abitativa dai vari regolamenti.
In 104 Comuni i regolamenti condizionano il rilascio del permesso di costruire, e a volte di ristrutturare, a interventi legati alla produzione di energia da fonti alternative. Ci sono poi 24 Comuni che hanno inserito nei regolamenti edilizi obblighi di risparmio energetico con prescrizioni che vanno oltre la produzione di energia solare. Si tratta di indicazioni che valgono per le nuove costruzioni e prevedono l'adozione di sistemi di recupero di acque piovane e grigie da utilizzare per gli scarichi del water, la realizzazione di pavimenti drenanti nelle superfici lasciate libere o nei giardini, l'utilizzo di materiali naturali e di tecniche costruttive per incrementare l'efficienza energetica, l'installazione di rubinetterie con miscelatore acqua e aria, il controllo automatizzato dell'illuminazione delle parti comuni, il posizionamento e orientamento degli edifici per utilizzare al meglio il rapporto luce-ombra.
La maggior parte delle iniziative si concentra nel Nord Italia con oltre 132 regolamenti su 188, rispetto ai 48 del centro, mentre risulta assente la risposta del sud con solo 8 regolamenti.
Quali gli esempi di buone pratiche? Fra gli altri c’è il riscaldamento domestico a Dobbiaco, in Provincia di Bolzano, dove tutte le utenze sono collegate a un impianto di teleriscaldamento da biomasse. Ci sono esempi di riduzione del fabbisogno di riscaldamento e raffrescamento delle abitazioni a Bolzano. Nel comune di Prato allo Stelvio sono installati oltre 1.110 kW di solare fotovoltaico che riesce a soddisfare oltre il 76% del fabbisogno elettrico delle famiglie residenti. E a Varese Ligure i fabbisogni elettrici dei cittadini sono completamente soddisfatti da fonti rinnovabili.
Tra i paesi più ricchi e quelli più poveri ci passano almeno 40 anni di differenza di speranza di vita. Alla fine di quest'anno saranno circa 136 milioni le donne che avranno partorito, ma di queste 58 milioni non avranno beneficiato di alcuna assistenza medica né prima né dopo il parto, con seri rischi per la loro vita e per quella del neonato.
Questi sono soltanto alcuni dei dati inquietanti del Rapporto sulla salute nel mondo nel 2008, pubblicato oggi dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). "Le cure di salute primarie - ora più che mai" è il titolo del Rapporto che vuol celebrare anche il trentesimo anniversario della Conferenza Internazionale d'Alma-Ata sulle cure di salute primarie, che si è tenuta nel 1978. Quest'evento fu un primo passo verso l'uguaglianza in materia di salute, come progetto politico internazionale.
Il Rapporto pone la necessità di un ritorno alle cure di salute primarie che, così come sono state concepite originariamente, hanno rivoluzionato il modo di percepire la sanità, modificando i modelli prevalenti in materia di organizzazione e prestazione delle cure. Le cure primarie rappresentano, dunque, un agrande sforzo per andare contro quelle tendenze che hanno provocato grandi ineguaglianze nello stato di salute delle popolazioni.
"Il Rapporto sulla salute nel mondo descrive l'ineguaglianza e l'inefficacia delle cure sanitarie e le sue raccomandazioni devono essere prese in considerazione" ha commentato Margaret Chan, Direttore generale dell'OMS, durante la presentazione del Rapporto. "Un mondo fortemente disequilibrato in materia di salute non è né stabile né sicuro" ha detto Chan. L'analisi dell'OMS mette in evidenza le troppe e crescenti differenze in materia di risultati sanitari, di accesso alle cure e di costi delle cure per i pazienti. Per 5,6 miliardi di abitanti dei paesi a basso e medio reddito più della metà delle spese di sanità è costituita dal pagamento diretto. La spesa per la salute pubblica può variare dai 20 dollari annuali a persona e i 6mila dollari. Con l'aumento dei costi della sanità e la disorganizzazione dei sistemi di protezione finanziaria, le spese personali per la salute fanno precipitare ogni anno almeno 100 milioni di persone sotto la soglia della povertà.
Anche all'interno di uno stesso paese e a volte di una stessa città ci sono differenze considerevoli: a Nairobi, per esempio, il tasso di mortalità dei minori di 5 anni è inferiore al 15 per mille nei quartieri ad alto reddito, mentre raggiunge il 254 per mille nelle zone povere.
"L'elevata mortalità delle partorienti e di quella infantile sono il sintomo di una mancanza di accesso ai servizi di base come l'acqua potabile, la vaccinazione e un'appropriata alimentazione" ha dichiarato la Direttrice generale dell'UNICEF, Ann M. Veneman. "Le cure di salute primarie che includono servizi integrati a livello della comunità possono contribuire a migliorare la sanità e a salvare le vite".
Queste cure, inoltre, riescono a contrastare almeno 3 malesseri del ventunesimo secolo: la diffusione mondiale dei modi di vita malsani, l'urbanizzazione rapida e anarchica, l'invecchiamento della popolazione. Queste tendenze contribuiscono all'aumento delle malattie croniche, come quelle cardiopatiche e vascolari, il cancro, il diabete, che creano nuove domande di cure di lunga durata, che pesano sull'intera collettività. E' prioritario quindi un approccio multisettoriale alla prevenzione, visto che i principali fattori di rischio di queste malattie sono esterne al settore della salute. Un miglior ricorso alle misure preventive esistenti potrebbe ridurre il peso mondiale delle malattie fino al 70%.
LINK: Scarica il Rapporto (PDF)
Il Sottosegretario alla Salute Francesca Martini esprime soddisfazione per i risultati del Comitato Permanente della catena alimentare, svoltosi venerdì a Bruxelles, che ha rivisto le misure già adottate dalla Commissione lo scorso mese di settembre in merito ai controlli sui prodotti alimentari cinesi sospetti di contaminazione da melamina.
La decisione approvata dal Comitato venerdì scorso, invece, contiene le garanzie addizionali richieste dalla delegazione italiana in linea con le misure già adottate a livello nazionale:
La Commissione inoltre ha informato che le Autorità cinesi si sono impegnate ad effettuare i controlli pre-esportazione.
Liberalizzazioni , servizi locali, criteri di rappresentatività delle associazioni e tutela transfrontaliera. Questi i temi al centro del dibattito della IX Sessione Programmatica del Consiglio Nazionale dei Consumatori e degli Utenti (CNCU) conclusasi sabato 11 a Saint Vincent, in Valle D'Aosta.
La sessione, intitolata "Dieci anni di attività del CNCU. L'incidenza del consumerismo sul territorio", è durata due giorni e ha visto la partecipazione di molti esponenti del Governo, degli Enti locali e delle Associazioni dei Consumatori.
"Costruire un sistema di diritti e tutela di rappresentanza di interessi sulla base della figura emergente del cittadino consumatore". Così il Capo dipartimento per la regolazione del mercato del Ministero dello Sviluppo Economico (Mse), Andrea Bianchi, che, aprendo la sessione inaugurale, ha sottolineato l'importanza delle liberalizzazioni e del funzionamento dei mercati nella tutela dei diritti dei consumatori.
Era presente anche Antonio Lirosi Garante per la sorveglianza dei prezzi che ha dichiarato: "L'Italia è l'unico Paese che ha introdotto un Garante dei prezzi perché abbiamo un deficit di natura culturale che risale a oltre 20 anni quando c'era ancora un regime di prezzi controllati. Noi italiani siamo figli della cultura del prezzo amministrato e per questo riusciamo anche a farci male da soli con un'informazione deformata".
Lirosi ha parlato di come le Associazioni dei Consumatori possono difendere gli interessi dei cittadini sul tema prezzi e potere d'acquisto. "Il diritto del consumatore ha a disposizione vari strumenti di difesa: quelli di natura strutturale che spettano al Governo, quelli di vigilanza che spettano alle Autorità indipendenti e ai pubblici poteri e quelli congiunturali, di sostegno al reddito e ai consumi su cui si può intervenire, a livello delle associazioni e del monitoraggio".
Il Garante per la sorveglianza dei prezzi ha spiegato come "il monitoraggio non sia meno importante di una proposta di legge, ma faccia parte di quelle azioni positive da affiancare al mercato". "Rispetto a questo tema - ha detto Lirosi - io vi chiedo, è meglio lasciar fare al mercato o è meglio intervenire come soggetti attivi visto che abbiamo avuto la prova che da solo il mercato non tende alla perfezione, anzi degenera. Non per questo, però - ha continuato Antonio Lirosi - bisogna dare un alibi per tornare indietro sulle liberalizzazioni, soprattutto su quelle dei servizi pubblici. Occorre proseguire su queste liberalizzazioni intese come eliminazione di privilegi di alcune categorie. Però di fronte alle dinamiche della globalizzazione il consumatore da solo non può fare nulla e in questo deve avere l'appoggio delle associazioni".
Il tema di discussione del venerdì pomeriggio ha riguardato i criteri di rappresentatività delle associazioni dei consumatori a livello locale e i Presidenti delle associazioni hanno detto la loro.
"Questa assemblea è un momento importante perché è un momento di riflessione tra le associazioni e le autorità e non va sprecato". Ha iniziato così il suo intervento Paolo Landi, Presidente di Adiconsum che ha fatto una valutazione degli ultimi 10 anni di lavoro e dei risultati ottenuti.
"L'azione collettiva, - ha proseguito Landi - che rappresentava l'avvio di un'importante misura è stata congelata presso la Presidenza del Consiglio e rischia di essere cancellato. Vogliamo che quella normativa, almeno così com'è, dal 1° gennaio 2009 entri in vigore".
"Il grande obiettivo per il futuro è il consumerismo sul territorio; dietro questo slogan ci sono una serie di contenuti importanti per affrontare le conseguenze che avremo nel prossimo futuro, frutto della crisi".
Il Presidente del Movimento Difesa del Cittadino Antonio Longo ha invece tracciato un bilancio dell'utilizzo dei fondi destinati alle associazioni dei consumatori. "C'è da sottolineare che i risultati dell'utilizzo dei fondi del Map1 Map2 e Map3 sono positivi. Con queste risorse abbiamo costruito strutture sul territorio, abbiamo formato igiovani, dato ai cittadini materiali, strumenti web, consulenze, fatto conciliazioni . E' quindi assolutamente con una punta di orgoglio che rivendichiamo i risultati ottenuti in questi anni. Allo stesso tempo però ci sono dei problemi sulle modalità di assegnazione ed utilizzo di questi fondi.
Tra le criticità c'è la diminuzione dei contributi delle Regioni con il loro fondi diretti, presi dal bilancio regionale. Queste hanno fatto affidamento sui fondi trasferiti dalle multe antitrust e hanno di conseguenza abbandonato quasi del tutto il finanziamento. Altro lato negativo sono i vincoli posti sul piano dei bandi dal ministero, ad esempio quello che impedisce di fare contratti ai dirigenti nazionali e locali delle associazioni. Si tratta di un vincolo che contrasta con una prassi consolidata da sempre sia della Commissione Europea nel finanziamento dei fondi dei progetti europei realizzati dalle associazioni consumatori, sia anche con ciò che prevedono i bandi del ministero del welfare, dell'ambiente della salute.
Questi ultimi favoriscono infatti il coinvolgimento dei dirigenti delle associazioni perché ritengono che siano loro poi che possano meglio di tutti realizzare i progetti. Questo limite va assolutamente rimosso. Gli impegni che richiede un'associazione dei consumatori sono diventati sempre più pressanti, importanti e quotidiani.
Il Presidente del Movimento Consumatori, Lorenzo Miozzi si è espresso sui criteri di rappresentatività delle associazioni dei consumatori.
"Senz'altro fondamentale è che le organizzazioni siano forti e diffuse nel territorio, che abbiamo un rapporto diretto con i cittadini dal momento che sempre più questi ultimi oggi cercano nelle organizzazioni dei consumatori i loro rappresentanti. Bisogna quindi essere all'altezza di dare loro risposta. Come Movimento Consumatori riteniamo che anche le normative conseguenti sia a livello regionale, sia a livello nazionale, debbano riconoscere quei soggetti che sono davvero in grado di far crescere questo movimento di rappresentanza e di tutela dei consumatori.
Oggi abbiamo un quadro completo sia a livello nazionale sia a livello regionale però questi due mondi hanno delle normative che non sono forse allineate. A distanza di dieci anni riteniamo che debba esserci un allineamento , che vengano valorizzate le normative regionali perchè sono quelle che più sono a contatto diretto con le organizzazioni e quindi capiscono anche qual è il livello di presenza da riconoscere a livello regionale e una associazione nazionale conseguentemente sia considerata nazionale se un tot numero di Regioni riconosca quelle associazioni.
La conclusione dei lavori della Sessione Programmatica del CNCU è stata affidata ad Ugo Martinat, Sottosegretario allo Sviluppo Economico. Martinat ha ripercorso l'attività del CNCU, ricordando che dieci anni fa una consulta ha iniziato ad operare e ad essere attiva in tutti i sensi, facendosi portatore dei bisogni del cittadino. Un piccolo parlamentino ha portato sicuramente, nel corso di questi anni, dei risultati, ha posto le basi per una forte collaborazione tra le associazioni. Ricordo che nel 2004-2005 sono stati presentati i primi due rapporti sulle politiche regionali a tutela dei consumatori.
Al termine della due giorni di lavoro le 17 Associazioni dei Consumatori hanno firmato un documento programmatico con i seguenti punti cardine: class action, farmaci, criteri di rappresenanza e risorse per i progetti. Per quel che riguarda la class action le associazioni chiedono che la normativa approvata dal parlamento entri in vigore al 1 gennaio 2009. Sui farmaci l'assemblea ritiene che il processo di liberalizzazione non debba essere rimesso in discussione, poiché "grazie alla riforma e alla concorrenza la spesa farmaceutica si è ridotta ed il servizio è migliorato con oltre 2000 parafarmacie e corner". I consumatori chiedono quindi che debba essere mantenuto l'obbligo del farmacista a garanzia di un servizio qualificato.
In merito alle risorse per i progetti svolti dalle associazioni e dalle regioni per garantire ai consumatori informazioni e servizi adeguati, "l'assemblea chiede al Parlamento che le risorse finalizzate alla tutela dei consumatori non siano dirottate ad altre finalità". Infine, il CNCU condivide l'esigenza di rafforzare i criteri di rappresentanza previsti dalla legge per evitare eccessiva frammentarietà e allo stesso tempo "garantire e salvaguardare la nascita e lo sviluppo dell'associazionismo".
La protezione europea contro la pirateria dei sistemi ad accesso condizionato resta indispensabile per la sicurezza dei servizi di televisione a pagamento ed è una condizione essenziale per lo sviluppo di nuovi servizi di distribuzione di contenuto come i video su richiesta, le offerte in internet e la televisione mobile.
E' quanto conclude un Rapporto pubblicato dalla Commissione Ue che ha riunito un gruppo di esperti per lo scambio delle informazioni e delle buone pratiche ed ha invitato l'Ue a ratificare la Convenzione europea sulla protezione giuridica dei servizi ad accesso condizionato del Consiglio d'Europa.
A distanza di 10 anni dall'entrata in vigore della direttiva comunitaria relativa ai servizi ad accesso condizionato non si può non considerare che il panorama economico e tecnologico sia mutato profondamente. Allo stesso tempo la Commissione ha constatato il debole sviluppo delle offerte transfrontaliere dei servizi ad accesso condizionato e ha deciso di raccogliere tutte le informazioni sulle potenzialità dei mercati transfrontalieri, visto l'elevato grado di mobilità degli europei all'interno dell'Ue.
Il Rapporto evidenzia in primo luogo che la repressione della pirateria dei sistemi ad accesso condizionato è stata messa in atto in modo disuguale nei vari Stati membri. In alcuni Paesi gli attori del settore hanno applicato sanzioni troppo moderate e molto spesso si è riscontrata una mancanza di conoscenza tecnica da parte delle amministrazioni nazionali.
Il Rapporto ha constatato, inoltre, che un gran numero di nuovi servizi che si stanno sviluppando godono della protezione della direttiva: video a richiesta, la tv mobile, la diffusione su internet sono tutti servizi che utilizzano i sistemi ad accesso condizionato per filtrare i clienti che hanno pagato. Il Rapporto conclude che sono necessarie delle informazioni addizionali, sia per la protezione del diritto d'autore, sia dei diritti esclusivi di ritrasmissione di eventi sportivi.
LINK: Scarica il Rapporto (PDF)
La sezione consultiva per gli atti normativi del Consiglio di Stato ha espresso parere contrario al regolamento del Tesoro per l'attivazione del fondo per le vittime di frodi finanziarie alimentato dai cosiddetti conti dormienti. Nel parere vincolante i giudici chiedono una "integrale riscrittura del testo" in quanto questo "stravolge il disegno organizzativo del Dpr 116/2007" che istituì il Fondo previsto dalla Finanziaria del 2006.
Il Consiglio di Stato, in particolare, ha bocciato la norma che affida la gestione operativa del Fondo alla Consap, concessionaria del Tesoro per i servizi assicurativi pubblici, anzichè alla Commissione prevista dal decreto del 2007. Il testo tornerà ora al ministero per le opportune modifiche.
I prezzi sempre più “bollenti” hanno fatto scendere i consumi delle famiglie: per la prima volta dopo diversi anni, le vendite della Grande distribuzione organizzata hanno subito una flessione dello 0,3% tra luglio e agosto scorsi rispetto allo stesso periodo del 2007, mentre il costo della spesa è aumentato del 4,8%, facendo così raggiungere ad alcuni prodotti di largo consumo, come la pasta, ben il 40% di aumento in un anno. Lo afferma Unioncamere nell'inchiesta “Vendite Flash” relativa al quarto bimestre 2008.
La contrazione delle vendite si fa sentire di più nel Nord-Ovest (-1%) e nel Mezzogiorno (-0,5%), dove peraltro i prezzi registrano un incremento maggiore che nelle altre regioni. I fatturati di iper e supermercati, comunque, tengono (+4,5%), malgrado siano solo gli andamenti dei nuovi insediamenti commerciali e tenere alte le performance.
Nonostante la crescita più intensa dei prezzi rimanga concentrata nei reparti alimentari, tra luglio e agosto sono stati i beni per la cura della persona ad accelerare maggiormente rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. L’alimentare ha registrato un aumento del costo della spesa del 5.7%.
Tra le categorie di prodotti che registrano i maggiori aumenti negli ultimi 12 mesi si ritrovano la pasta di semola (+40.1%), gli oli di semi (+37.4%) e i biscotti (7.6%), merceologie che fanno parte della drogheria alimentare. Altri aumenti rilevanti sono quelli relativi a latte Uht (+10.3%) e mozzarelle (+8.7%) che si collocano nel fresco. Si contraggono, invece, i prezzi di vendita dei primi piatti pronti (-6,2%), dell’olio di oliva (-2,9%) e del bagno-doccia schiuma (-1,3%).
LINK: Il Rapporto di Unioncamere
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