L'Authority chiede agli stakeholder di esprimersi sull'attuale regime di Dnf, con l'obiettivo di allargare il perimetro di obbligatorietà. Oggi la Dichiarazione Non Finanziaria è regolata dal Decreto legislativo n. 254 del 30 dicembre 2016 che ha introdotto, all'art. 2, l'obbligo di pubblicare la dichiarazione individuale o consolidata di carattere non finanziario ("DNF") in capo agli enti di interesse pubblico, come definiti nel decreto legislativo n. 39 del 27 gennaio 2010, che abbiano avuto, in media, durante l'esercizio finanziario un numero di dipendenti superiore a cinquecento e alla data di chiusura del bilancio abbiano superato almeno uno dei due seguenti limiti dimensionali: a) totale dello stato patrimoniale: 20.000.000 di euro; b) totale dei ricavi netti delle vendite e delle prestazioni: 40.000.000 di euro.

La Commissione ha lanciato il primo settembre (con chiusura il 30 novembre) una call for evidence «per l’acquisizione, da parte degli operatori del mercato, di elementi utili per la valutazione del regime di adesione volontaria al reporting non finanziario». Si tratta di un documento di 17 pagine (scarica) all’interno del quale si richiamano le problematiche della Dnf, in primo luogo il bassissimo riscontro registrato in modalità volontaria, e si propone un articolato questionario su ciò che ha ostacolato o può favorire l’estensione della rendicontazione Esg. Con il chiaro obiettivo di predisporre (o, comunque, favorire) un’azione di revisione delle regole.

RIVOLUZIONE RIVOLUZIONATA
L’iniziativa di Consob ha un valore politico notevole. In primo luogo, perché si inserisce in piena fase di revisione europea della dichiarazione non finanziaria. La normativa sulla Dnf è tutto sommato molto giovane (è entrata in vigore nel 2017), e ha rappresentato una sorta di rivoluzione nel campo della rendicontazione, rendendo di fatto obbligato il reporting delle variabili Esg, e così contribuendo all’affermazione di queste ultime come fattori strategici per il sistema. Eppure, la rivoluzione si appresta a essere presto nuovamente rivoluzionata.

Una sostanziale evoluzione della disciplina del reporting sulle informazioni non finanziarie era già stata invocata dall’Esma, la Consob europea (vedi articolo “Esma: i gap nelle Dnf europee“). E, in vista della rivoluzione, lo scorso 20 febbraio la Commissione europea ha lanciato una consultazione pubblica sulla revisione della Nfrd (Non financial reporting directive) che si è conclusa in data 11 giugno 2020, con l’intento di raccogliere i punti di vista dei diversi stakeholders interessati alla materia, e in particolare dei preparatori delle Dnf e dei suoi utilizzatori finali, tra i quali istituzioni finanziarie, investitori, organizzazioni della società civile e sindacati.

Un approfondimento sui risultati della consultazione è proposto nel numero in uscita di Esg Business Review (richiedilo qui). Di certo, uno dei temi più caldi riguarda l’estensione dell’obbligo di rendicontazione oltre il (tutto sommato) ristretto numero di grandi aziende oggi coinvolte. In particolare, la Commissione ha registrato un largo consenso fra i rispondenti per un allargamento degli obblighi [vedi il grafico]: il 72% estenderebbe l’applicazione alle grandi aziende non stabilite in Ue, ma quotate nei mercati Ue; il 71% includerebbe le grandi aziende con sede nell’Ue, anche se quotate al di fuori; il 70%, allargherebbe l’obbligo di redigere la Dnf a tutte le grandi società non quotate; un 62% applicherebbe la Dnf a tutti gli enti di pubblico interesse, eliminando l’attuale soglia di 500 dipendenti.

LA PARTITA ITALIANA
Ma l’impatto politico della presa di posizione di Consob è soprattutto nazionale. La commissione non ha mai nascosto il proprio favore verso una progressiva stretta della regolazione sugli Esg. In particolare, il Commissario Consob Anna Genovese, intervistata in occasione della ESG Business Conference del 14 luglio, aveva ricordato che «la direzione verso cui muove la regolazione Ue è quella di ridurre la flessibilità (di interpretazione delle regole, ndr) per accrescere robustezza e comparabilità delle informazioni almeno su scala Ue ampliando nel contempo il perimetro delle imprese coinvolte nell’esercizio. È bene che le imprese – aveva chiosato – non arrivino impreparate a questo appuntamento ed è bene che aumenti la professionalità di chi cura la reportistica di sostenibilità».

La valenza politica si lega al fatto che Consob è molto chiara nell’interpretare l’utilità della Dnf a livello di sistema, considerando la rendicontazione dei fattori Esg uno strumento per l’integrazione degli stessi nelle strategie delle aziende. Lo richiama nella call for evidence, ricordando anche come una integrazione Esg nella governance aziendale è in linea con «la nuova normativa dell’Ue in materia di finanza sostenibile, tra cui il regolamento (Ue) 2019/2088 sull’informativa sulla sostenibilità nel settore dei servizi finanziari (Regolamento disclosure) e il Regolamento sul sistema di classificazione delle attività economiche sostenibili (Regolamento tassonomia), che esige, per il pieno raggiungimento dei propri obiettivi, che vengano rese disponibili per i partecipanti al mercato finanziario sempre maggiori e più affidabili informazioni non finanziarie da parte delle società partecipate».

DISAPPUNTO SULLE VOLONTARIE
Non a caso, l’Anthority ha lasciato filtrare più volte il proprio disappunto per lo scarso entusiasmo con cui le imprese italiane hanno utilizzato la Dnf al di fuori del perimetro dell’obbligo. Infatti, al 31 dicembre 2019 risultano solo 5 le società che hanno pubblicato una Dnf volontaria, e, al 30 giugno 2020, risultano pubblicate 7 Dnf volontarie.

DISCESA IN CAMPO
Ed ecco, dunque, la “discesa in campo” in un momento cruciale. La mossa di Consob non solo, come detto, arriva nel pieno della revisione continentale. Ma sembra tradurre in concreto gli auspici degli esperti. E cioè che il ministero dell’Economia trovi una strada per trasformare le risorse del Recovery Fund in un modello di incentivi pluriennale all’adozione di criteri Esg da parte del sistema delle imprese (quindi, ricomprendendo quel vasto universo che sono le medie e piccole aziende nazionali). Un tale modello di incentivazione necessita di tool di rilevazione e gestione (la digital governance), ma più in generale di sistemi di verifica, e quindi di reportistica. Dunque, l’incentivo diverrebbe, di fatto, un sostegno all’adozione di Dnf volontarie. Un passaggio che cancellerebbe dal tavolo la carta principale dei detrattori all’estensione della Dnf: i costi di adeguamento e di struttura.

Insomma, la call for proposal di Consob ha un timing perfetto per attivare il Governo in una innovativa, e quanto mai propizia, comunità di intenti e di azione tra le istituzioni italiane. Ed è significativo che una tale alleanza si possa verificare sugli Esg.

https://www.eticanews.it/csr/lassist-di-consob-al-governo-sugli-incentivi-alla-dnf/

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