I figli legittimi della sharing economy: Netflix e Uber

Contenuti eccellenti, semplicità d’uso e una grande capacità di interagire e comunicare con l’utente finale del servizio. Sono questi i punti di forza di Netflix, noto fornitore di servizi audiovisivi on demande, da poco sbarcato anche sul mercato italiano con l’obiettivo di raggiungere 1 famiglia su 3 (circa 8,3 milioni di famiglie). Riflettere sull’impatto che ciò avrà sul mercato e sulla tutela dell’utente è un obbligo per le Autorità di Regolazione.

“Bisogna capire innanzitutto che l’innovazione digitale è pervasiva e trasversale. Il legislatore deve perciò indicare con esattezza a chi compete regolamentare i diversi ambiti”, ha dichiarato Angelo Marcello Cardani, Presidente dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom) nel corso dell’annuale meeting tra Authority e associazioni dei consumatori, organizzato da Consumers’ Forum. Per quanto riguarda Netflix, ad esempio, gli aspetti da normare, come si legge nel Rapporto Consumerism 2015, riguardano sia la domanda che l’offerta: “occorre stabilire condizioni di concorrenza eque per i servizi di radiodiffusione televisiva e di media audiovisivi a richiesta in tutta Europa e, nel contempo, preservare le differenze culturali, tutelare i minori e i consumatori in genere”. I principali problemi normativi sul fronte dell’offerta, precisa Cardani, “derivano da una mancata armonizzazione nel recepimento della Direttiva europea che si basa sul principio del “paese d’origine””. Sul singolo consumatore si delineano invece alcuni problemi relativi alle condizioni precontrattuali, scritte unicamente in inglese e quindi poco comprensibili al consumatore medio. Mancano poi informazioni sulle caratteristiche essenziali del servizio, visto che ci riferisce genericamente a “film e serie TV” e Netflix declina ogni responsabilità in caso di scarsa qualità del video, insufficiente per poter fruire dello stesso. Questo aspetto assume una rilevanza considerevole in un contesto come quello italiano in cui la banda larga è decisamente meno diffusa rispetto agli altri paesi europei.

“Quello della connessione veloce e ultra veloce è un problema che va risolto al più presto perché impedisce agli utenti di poter usufruire pienamente di una serie di servizi che vanno anche al di là dell’intrattenimento”, dichiara in conclusione Cardani, “penso ad esempio alla telemedicina o a tutto ciò che ruota attorno alla Pubblica Amministrazione”.

È nel settore dei trasporti e della mobilità urbana però che l’utilizzo delle piattaforme on line ha trovato il suo maggior campo di espansione, generando tutta una serie di nuovi servizi che costituiscono l’universo della “sharing mobility”. Nel 2014, si legge nel Rapporto Consumerism, è stata avviata un’indagine sulla mappatura della piattaforme italiane dalla quale risultano operative, nel solo settore dei trasporti, 17 piattaforme, di cui 12 offrono la condivisione di posti auto su lunghe tratte o in città. I modelli economici stanno creando scompensi nel vecchio sistema e la polemica creatasi intorno ad Uber ne è la riprova.

La piattaforma, accessibile da smartphone, costituisce un servizio innovativo che presenta però diversi ostacoli derivanti dalla normativa vigente in materia di trasporto pubblico non di linea e dalla situazione concorrenziale esistente tra il servizio dei taxi, il noleggio con conducente e queste nuove forme di mobilità.

“Nell’affrontare il discorso della regolamentazione di questi nuovi spazi della mobilità, occorre restare ancorati alla realtà e, parallelamente, essere capaci di avere una visione prospettica”, dichiara il presidente dell’Autorità di Regolazione dei Trasporti, Andrea Camanzi. “L’intervento dell’Autorità sul caso Uber cercava appunto di seguire quest’indirizzo. Non si intendeva soffocare il servizio pubblico ma dare ad esso una forma nuova che gli permettesse di trovare uno spazio adeguato nell’universo della mobilità ai tempi della diffusione delle piattaforme digitali”. La domanda di mobilità – specie per le fasce di reddito più basse e per i giovani – si orienta verso sistemi basati sulla flessibilità e sulla condivisione di risorse, tipici della “sharing economy”. L’Autorità si propone di far emergere questo mercato, affinché domanda e offerta di servizi possano incontrarsi in modo trasparente e nel rispetto delle regole applicabili alla attività economica d’impresa.

 

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