Privacy e Internet of things: la grande sfida del domani

La tecnologia corre veloce ma l’impianto normativo per la tutela dei diritti dei cittadini-consumatori viaggia a velocità molto ridotta. Potrebbe essere questa la sintesi di quanto emerso dal dibattito che si è svolto durante l’annuale  meeting  tra le  associazioni partner di Consumers’ Forum e le Authority nazionali. In particolare, la privacy, ossia la tutela dei dati personali  sensibili,  sembra  rappresentare la vera sfida del futuro soprattutto alla luce dell’evoluzione del cosiddetto “Internet of Things” (Internet delle cose), ossia della possibilità di collegare gli oggetti di uso quotidiano alla rete, dialogando con l’utente e tra loro. Il pericolo più grande è quello di arrivare ad una totale perdita di controllo sulle informazioni personali cedute per poter usufruire dei servizi digitali delle varie piattaforme.

Nel VIII Rapporto Consumerism 2015 si legge chiaramente che “Sebbene le nuove tecnologie garantiscano una semplificazione delle attività quotidiane, occorre scongiurare il pericolo che un uso spregiudicato dei dati personali alimenti un “mercato” digitale, basato sullo sfruttamento commerciale delle informazioni individuali”. A questo proposito, la Vice Presidente dell’Autorità Garante per la protezione dei dati personali, Augusta Iannini, ha sottolineato come sia fondamentale “trovare un bilanciamento tra gli interessi delle imprese fornitrici dei servizi e quelli dei consumatori. L’informazione di questi ultimi sui loro diritti deve essere condotta nel modo più semplice possibile. Dal lato delle imprese, occorre invece fare in modo di trovare il modo di aprire tavoli di discussione portando avanti una sorta di attività consulenziale, prima ancora che sanzionatoria”.

Nel corso degli ultimi 15 anni, il numero delle persone collegate a Internet è aumentato esponenzialmente passando da 400 milioni di persone connesse nel 2000 a 3,2 miliardi di oggi. A questo si accompagna una crescita vertiginosa del fatturato complessivo registrato dalle cosiddette “over the top”, ossia Amazon, Apple, Google, Facebook,  che  è  passato  dai  “soli” 28,7 miliardi di dollari nel 2005, ai 350 miliardi dello scorso anno. Ciò vuol dire che i dati personali in possesso di questi colossi rappresentino una fonte di guadagno immensa. “Ma questo spesso sfugge ai consumatori”, precisa ancora Iannini “Occorre perciò far comprendere che i dati personali hanno un valore economico per le imprese a cui vengono ceduti e, di conseguenza, è importantissimo sapere per quali usi questi dati vengono utilizzati. La profilazione dell’utente va bene ma il servizio offerto deve essere pari alle aspettative attese”.

 

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