adr copyIl dibattito sulle ADR (Alternative Dispute Resolution), nate inizialmente come tecnica volontaria di soluzione delle controversie dei consumatori e quindi come modo di favorire l’accesso alla giustizia, ad una giustizia semplice, poco onerosa, ma pur sempre corretta, imparziale, tecnicamente precisa e per l’appunto “giusta” sta investendo sempre di più anche l’amministrazione della giustizia ordinaria.


La tutela dei consumatori, nell’ottica di un efficiente funzionamento del mercato concorrenziale, richiede, accanto a norme protettive di diritto sostanziale, procedure di soluzione delle controversie con i professionisti che rendano agevole ed effettiva la realizzazione di tale finalità protettiva.


Grazie anche all’impulso della normativa europea, si sono sviluppati alcuni strumenti alternativi di soluzioni delle liti (ADR) caratterizzati o dall’essere improntati a meccanismi di mediazione/conciliazione, volti ad assistere le parti al fine di una composizione amichevole, oppure da procedimenti regolamentati che portano ad una decisione non vincolante e quindi non preclusiva del ricorso al giudice ordinario (ad es. l’Arbitro Bancario Finanziario).


Nel D.Lgs.130/2015, di recepimento della direttiva europea 11/2013, è stata effettuata da parte del legislatore Italiano una significativa scelta e cioè annoverare tra le procedure ADR anche le negoziazioni paritetiche riformando in maniera completa l’originario art.141 del codice del consumo (D.Lgs.206/05). Tale orientamento è in netto contrasto rispetto alle scelte pregresse del legislatore, univoco nell’escludere le NP dall’ambito di applicazione della disciplina della mediazione civile e commerciale (art.2, comma 2°, D.Lgs.28/10).
Per definire le negoziazioni paritetiche come procedure di risoluzione alternativa delle controversie tra consumatori e grandi imprese di servizi è necessario conoscere come esse sono strutturate, le modalità di composizione della lite e le procedure concordate per la risoluzione.


Alla base della NP vi è la sottoscrizione di protocolli di intesa tra le principali associazioni dei consumatori a livello nazionale e tali aziende le quali si impegnano a partecipare ad una procedura affidata ad una commissione “paritetica” composta dai rispettivi rappresentanti, per giungere – grazie ad una negoziazione diretta – ad una soluzione della lite.
Nella nascita temporale della NP le regole generali sono rimaste invariate ma la formazione discendente dal D.Lgs.130 ha posto una serie di imbracature normative che hanno incanalato la NP in forme più o meno rigide di regolamentazione, a partire dal riconoscimento degli organismi ADR da parte delle Autorità di settore, ai termini di conclusione della negoziazione e al riconoscimento dello status di negoziatore ed alla sua formazione.


Le questioni di natura procedurale restano ai margini del dibattito attuale, tutto teso a dare legittimità giuridica alle NP ma sarà sicuramente, nel tempo e nell’applicazione concreta dello strumento negoziale, oggetto di vivace interesse da parte della dottrina anche per la particolare duttilità dello strumento e della diffusione sempre più penetrante dell’applicazione alle forme di rapporto tra i consumatori e l’impresa aderente.


Le ragioni della diffusione delle negoziazioni paritetiche sono da ricollegare ad una serie di elementi che attengono non solo a questioni giuridiche, quanto piuttosto a scelte strategiche: da un lato vi è la gratuità delle procedure, che costituisce un forte incentivo, specie per le controversie di consumo caratterizzate da un modico valore; dall’altro, le procedure paritetiche garantiscono sempre, in ragione della sottoscrizione del protocollo d’intesa, l’adesione dell’impresa alla procedura nonché alla decisione assunta all’esito della stessa.


Questo secondo elemento, insieme all’obbligatorietà della conciliazione come presupposto della procedibilità della domanda giudiziale (ad esempio nei settori TLC e Energia e Gas dal 1 gennaio 2017), sarà un’ulteriore carta da giocare per la diffusione della NP tenendo presente che la dottrina e la giurisprudenza prevalente hanno sottolineato la necessità dell’effettività del primo incontro di conciliazione/mediazione.


A supporto di tale necessità la stessa Commissione di studio per l’elaborazione di ipotesi di organica disciplina e riforma degli strumenti di degiurisdizionalizzazione, con particolare riguardo alla mediazione, alla negoziazione assistita e all’arbitrato presieduta dal Prof. Avv. Guido ALPA, ha ritenuto necessario indicare che è necessario “L'intervento di modifica in quanto mira a risolvere i contrasti interpretativi maturati in giurisprudenza e superare le incongruenze rivelate dall'esperienza sin qui svolta.


Innanzitutto è apparso fondamentale eliminare incertezze e dinamiche alterate che nascono dal cosiddetto primo incontro in mediazione recependo la giurisprudenza maggioritaria che si è formata in materia. In grandissima maggioranza i giudici di merito hanno ritenuto che l'incontro sulla mediazione, anche per i casi di mediazione obbligatoria, debba essere effettivo e non limitarsi ad una fase preliminare informativa.


Ritenere che l'ordine del giudice sia osservato quando i difensori si rechino dal mediatore e, ricevuti i suoi chiarimenti su funzione e modalità della mediazione (chiarimenti per i quali i regolamenti degli organismi prevedono tutti un tempo molto limitato), possano dichiarare il
rifiuto di procedere oltre, pare in effetti una conclusione irrazionale e soprattutto non conforme ad una lettura sistematica e teleologica della normativa. L'art. 8 infatti prevede che, durante il primo incontro, il mediatore verifichi se vi è la possibilità di svolgere la mediazione (con riferimento a eventuali situazioni preliminari che possano ostacolare l’esperimento di mediazione) e non la volontà delle parti di farlo”.


Da ciò discende che il tentativo di conciliazione nelle ADR, come nella mediazione, dovrà essere effettivo e non solo tentato con dirette conseguenze sulla procedibilità della domanda giudiziaria susseguente ad una conciliazione non positiva.  In questo senso la NP è sicuramente coerente con l’effettività del tentativo di conciliazione essendo basata su di un protocollo di conciliazione che per sua natura obbliga le parti al tavolo di conciliazione; di converso questo elemento di sicura partecipazione è del tutto presuntivo nelle altre forme previste di organismi di conciliazione in ciò inficiando la stessa condizione di procedibilità giudiziale della domanda (si pensi ai Corecom o alla procedura di conciliazione on line dell’AU o alle camere di conciliazioni delle CCIAA).


La spinta della NP ad incrementare la sua applicazione consta di due grandi ordini di fattori: il primo è lo sviluppo di una cultura consumerista nella società italiana che a tutt’oggi fa fatica a farsi strada sia per ragioni, per così dire, endogene di crescita del movimento associazionistico sia per la sfiducia che pervade la popolazione sull’uso di strumenti alternativi di giustizia per risolvere le proprie piccole controversie con l’Impresa fornitrice di servizi; il secondo è rappresentato dall’asimmetria informativa (anzi direi sociale) tra il cittadino e l’istituzione nel riconoscimento dell’effettività della tutela dei suoi diritti che stenta ad essere pervasiva e che invece diffondendosi permetterebbe al cittadino consumatore di sentirsi centro degli interessi collettivi e partecipe dello sviluppo sostenibile ed equo del Paese.

Ovidio Marzaioli

segretario generale Consumers' Forum

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