La soluzione delle cosiddette small claim resta uno strumento sconosciuto al 60% di consumatori. Nonostante questo decollo al rallentatore, il numero di domande è cresciuto oltre le 32.400 nel 2018. Sergio Veroli, presidente di Consumers’ Forum, fa il punto. Treni in ritardo, pacchi non consegnati, bollette di luce o gas esagerate. Piccoli problemi quotidiani per cui c'è, in Italia, una soluzione: la conciliazione paritetica. Cioè ci si può rivolgere a un'associazione dei consumatori che assiste e rappresenta l'utente nei confronti dell'azienda responsabile del disagio. Uno strumento veloce ed efficace, che, però, è sconosciuto a 6 italiani su dieci. Tanto che, nella maggior parte dei casi, vince il vecchio fai-da-te. Nonostante questo decollo al rallentatore, il numero di domande di conciliazione è cresciuto a oltre 32.400 nel 2018 (erano 27.680 circa nel 2017 e 21.600 nel 2014).

A fare il punto sulla conciliazione, che, facilitando la risoluzione di tante piccole controversie di consumo (le cosiddette small claim), contribuisce ad alleggerire le aule dei tribunali, è stato un convegno organizzato dal Consumers' Forum, associazione che da 20 anni riunisce alcune tra le maggiori e più rappresentative associazioni dei consumatori riconosciute dal Cncu (Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti del ministero dello sviluppo economico) e alcune tra le maggiori imprese italiane (e loro associazioni di categoria), tra cui i big player nella telefonia, nei trasporti, nell'energia, nelle banche e nei servizi postali. In questa occasione sono stati presentati sia il VI report Consumers' Forum sull'utilizzo delle conciliazioni sia un'indagine di Ipsos sul grado di conoscenza degli italiani.

«Un diritto che non si conosce, non esiste!», commenta Sergio Veroli, presidente di Consumers' Forum. «Molti ancora ignorano cosa sia una conciliazione paritetica. La conciliazione paritetica, pur essendo uno strumento di risoluzione stragiudiziale delle controversie di consumo molto utile poiché gratuito per il consumatore, efficace e rapido, non è ancora sufficientemente conosciuta dai cittadini», spiega Veroli a ItaliaOggi Sette, aggiungendo che «Consumers' Forum ha realizzato una campagna di comunicazione e un sito dedicato ( www.conciliazioniparitetiche.it ) per promuoverle e farle conoscere ai cittadini».

Spulciando tra i dati delle domande di conciliazione, telecomunicazioni, trasporti e servizi postali hanno la maglia nera per i problemi con gli utenti. Basti pensare che, solo nei confronti degli operatori di tlc sono state inviate lo scorso anno più di 27.400 domande, di cui il 96% concluse con esito positivo per il consumatore. Come mai? «È anche una questione statistica. Nel senso che mediamente oggi ognuno di noi ha almeno un telefonino e un allaccio alla linea telefonica e internet a casa. Non solo», dice Veroli, «c'è un trend in fortissimo aumento di ordini in internet (commercio elettronico) e di conseguenza di consegne postali dei prodotti ordinati. Tutti noi viaggiamo e ci spostiamo sempre più facilmente (treni/aerei). Perciò i numeri sono di per sé elevatissimi quanto ad acquisti di questi prodotti e servizi (telefonia, posta e trasporti). E va da sé che in questi settori i gestori non sempre riescono ad assicurare la massima attenzione al consumatore, evitando a monte che nascano delle controversie di consumo. Il senso dello strumento di conciliazioni paritetiche è proprio questo. È il frutto del dialogo costruttivo tra grandi settori e le rappresentanze dei consumatori per dare modo ai cittadini di risolvere anche le piccole controversie di consumo, senza rinunciare a far valere i propri diritti in caso di violazione da parte dei big player del mercato. Anche le imprese hanno interesse a mantenere un cliente fidelizzato. Perciò un consumatore soddisfatto, in caso di controversie risolte a suo favore, è un consumatore che non sceglie di andarsene dai competitor. Perciò possiamo ribadire come la conciliazione paritetica alla fine sia uno strumento win win, sia per le associazioni dei consumatori (e per i consumatori che rappresentano) sia per le imprese che la utilizzano».

A conferma di ciò, c'è un alto livello di soddisfazione per la soluzione delle controversie (si va dal 73% nei casi di contenzioso con fornitori di telefonia mobile al 66% nel settore trasporti, stando all'indagine Ipsos). Tuttavia a prevalere è il fai-da-te. Da un lato, il 32% del campione ha sentito parlare della conciliazione, ma non saprebbe spiegare di cosa si tratta, mentre solo il 6% la conosce bene e il 2% la conosce e se ne è avvalso. Il consumatore non si sente completamente protetto nei suoi diritti. Tende a pensare che comunque la legge sia dalla parte delle aziende. E nel contenzioso è insomma il consumatore stesso a contattare direttamente l'azienda o il fornitore (quando addirittura non preferisce lasciar perdere). Alle associazioni di consumatori ci si rivolge con una frequenza compresa fra il 4 e l'8% dei contenziosi. Non sembra però un problema di affidabilità delle associazioni di consumatori, dice l'indagine. Solo l'8% dice che non si fida, mentre il 43% non ha pensato a rivolgersi a un'associazione nella gestione di un contenzioso e il 25% dice che ne ha sentito parlare ma non ne conosce bene nessuna. Come si spiega questa diffidenza? «Il dato che emerge chiaramente anche dalla Consumer Survey che Ipsos ha realizzato pochi giorni fa per Consumers' Forum», risponde il presidente Veroli, «è quello della disintermediazione del cittadino, che negli ultimi anni ha interessato tutti i settori a partire dalla politica (il cittadino «elettore»), per passare ai sindacati (il cittadino «lavoratore») fino ad arrivare al consumerismo (il cittadino «consumatore»). È una questione culturale. Oggi più che mai si è accorciata la filiera di comunicazione tra i consumatori e le imprese, anche grazie alla rete e ai social. Oltre a questo c'è anche una questione specifica riguardante le cosiddette small claim, le controversie di consumo di piccola entità, dalle bollette telefoniche a quelle energetiche, ai sovraccosti degli estratti conto delle banche, ai disservizi postali o dei trasporti. Mediamente i consumatori, vista la piccola entità economica del disagio subito, tendono a lasciare perdere proprio perché pensano sia spropositato l'impegno di tempo, energia e soldi per fare valere i propri diritti. Oppure chiamano direttamente i call center delle imprese per lamentarsi e cercare soddisfazione. Semplicemente», aggiunge Veroli, «non conoscono a sufficienza gli strumenti come la conciliazione paritetica e hanno una percezione non precisa del ruolo delle associazioni dei consumatori. Anche questa è una questione culturale su cui il mondo del consumerismo dovrebbe riflettere e lavorare in maniera più unitaria ed efficace per raggiungere i cittadini».

Ma c'è uno spiraglio di positività: dall'indagine Ipsos (condotta su un campione di oltre 700 interviste) emerge anche, come indicazione positiva su cui lavorare, che un cittadino su tre è associato alle Associazioni dei consumatori. «Le premesse per lavorare bene ci sono, lato associazioni», dice Veroli che poi spiega come «in Italia le Associazioni dei consumatori riconosciute dal Cncu sono venti e diffuse su tutto il territorio nazionale». Poche, tante, per rappresentare milioni di consumatori? «Il dato, a mio parere, non è da leggersi in questo senso. La mia riflessione e il mio auspicio è di vederle lavorare sempre più unite e autorevoli sui molteplici temi che riguardano i consumatori come sfide del futuro. Dall'energia alla sicurezza alimentare, dal settore bancario e finanziario ai trasporti, dal digitale ai farmaci, solo per citarne alcuni».

https://www.italiaoggi.it/news/la-conciliazione-non-fa-boom-prevale-il-fai-da-te-2360888

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