Restano ancora una serie di problemi che la nuova legge lascia irrisolti: non si modifica la disciplina della prescrizione, né la normativa penale sul falso in bilancio o sull’autoriciclaggio e non si introduce il reato per il voto di scambio.
Il nuovo testo frammenta inoltre le disposizioni di diritto penale sulla concussione e la corruzione, rischiando di dare adito ad ambiguità nella pratica e di limitare ulteriormente la discrezionalità dell’azione penale. Sono poi ancora insufficienti le nuove disposizioni sulla corruzione nel settore privato e sulla tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti.
Conflitto di interesse, non sono in essere specifici dispositivi di verifica. L’introduzione di codici di comportamento per le cariche elettive, insieme a disposizioni regolamentari sulle sanzioni applicabili in caso di violazione, permetterebbe di innalzare gli standard di integrità e responsabilità e di prevedere sanzioni non penali per una più ampia gamma di comportamenti non etici dannosi per l’interesse pubblico. Successivamente all’adozione della legge anticorruzione, il Governo ha emanato il decreto legislativo del 14 marzo 2013 sugli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni che incombono alle pubbliche amministrazioni, in forza del quale i titolari di cariche elettive e di Governo, e loro familiari fino al secondo grado, hanno l’obbligo di rendere pubblica la propria situazione patrimoniale. Ma il quadro giuridico non è chiaro rispetto ad un dispositivo di verifica professionale indipendente e a un corrispondente sistema di sanzioni dissuasive da far scattare in caso di violazione delle norme sulle dichiarazioni patrimoniali e sul conflitto di interessi da parte dei pubblici ufficiali a livello centrale, regionale e locale. Non è del tutto chiaro in che modo violazioni gravi di queste norme facciano scattare sanzioni adeguate, come il licenziamento, né in che modo le decisioni adottate in violazione di queste norme siano abrogate e il danno venga risarcito. Il GRECO ha sottolineato che “la problematica dei conflitti di interesse è una questione estremamente controversa in Italia e merita di essere verificata attentamente al fine di preservare la credibilità del sistema”.
Finanziamento ai partiti. A dicembre 2013 il governo ha varato un decreto legge che prevede l’abolizione graduale, entro 3 anni del finanziamento pubblico ai partiti, sostituendolo con contribuzioni volontarie dei cittadini detraibili dalle tasse. Il decreto legge, che detta una serie di orientamenti per definire procedure rigorose su trasparenza, statuti e bilanci dei partiti, lascia però irrisolte alcune questioni poste dal GRECO riguardo al rigore dei dispositivi di controllo interno, alle soglie delle donazioni private e effetto dissuasivo delle sanzioni. Più di recente, alla Corte dei conti è stato affidato il compito di controllare il finanziamento dei gruppi politici regionali. Negli ultimi anni una serie di casi di corruzione ha portato alle dimissioni di leader e alte cariche di partito; molti di questi riguardavano il presunto uso illecito dei fondi del partito. Più di 30 deputati della precedente legislatura sono stati o sono attualmente indagati per reati collegati alla corruzione o per finanziamento illecito ai partiti: in alcuni casi le indagini o i procedimenti giudiziari sono ancora in corso, mentre in altri è stata emessa una condanna di primo grado. Alcuni processi si sono estinti per prescrizione o perché il reato è stato depenalizzato. A volte la prescrizione è subentrata prima che i giudici potessero giungere a una sentenza definitiva .
Termini di prescrizione. La questione della prescrizione è un problema particolarmente serio ai fini delle indagini e dell’accertamento dei casi di corruzione in Italia. I termini di prescrizione previsti dalla disciplina italiana, sommati alla lunghezza dei processi e all’esistenza di un termine assoluto che non può essere interrotto o sospeso, hanno determinato e determinano tuttora l’estinzione di un gran numero di procedimenti. La revisione della normativa che regola attualmente la prescrizione rientra tra le raccomandazioni specifiche per paese che il Consiglio ha rivolto all’Italia a luglio 2013, quale fattore importante per rafforzare il quadro giuridico di contrasto della corruzione. Secondo uno studio di Transparency International del 2010 su come i termini di prescrizione influenzano le azioni giudiziarie relative ai casi di corruzione nell’Unione Europea, tra il 2005 e il 2010 circa un procedimento su 10 per reati di corruzione si è estinto per scadenza dei termini di prescrizione. Da allora la situazione non sembra essere migliorata, nonostante le preoccupazioni ripetutamente espresse dal GRECO e dall’OCSE tra il 2009 e il 2013. Secondo uno studio del 2010, i procedimenti penali estinti in Italia per scadenza dei termini di prescrizione sono stati circa l’11,14% nel
2007 e il 10,16% nel 2008. Nello stesso periodo la media negli altri Stati membri dell’UE menzionati dallo studio andava dallo 0,1 al 2%. Secondo i dati OCSE, dal 2011 si sono estinti per scadenza dei termini di prescrizione 30 procedimenti per corruzione transnazionale su 47 (ovvero oltre il 62%). Un impedimento alquanto preoccupante, contenuto nella normativa vigente, consiste nel fatto che i termini di prescrizione decorrono anche dopo la sentenza di condanna di primo grado (cioè fino alla sentenza definitiva): data la lunghezza dei procedimenti giudiziari, questo ha determinato situazioni di prescrizione anche dopo sentenze di condanna di primo grado.
La legge anticorruzione ha lasciato invariata la disciplina sulla prescrizione e il Ministero della Giustizia ha incaricato un gruppo di lavoro (la Commissione Fiorella) di studiare la questione e individuare le opzioni di riforma della disciplina della prescrizione. La commissione ha studiato l’impatto della prescrizione su una serie di cause tra il 2005 e il 2010 (studio condotto sulle principali procure italiane e pubblicato ad aprile 2013): si registra un lieve calo, inferiore al 3%, del tasso di prescrizione per i casi di corruzione (tasso ritenuto normale, giustificato in parte alla luce del principio di legalità). Secondo il GRECO il rischio di prescrizione per i reati di corruzione aumenta in realtà per effetto del metodo di calcolo dei termini di prescrizione combinato a altri fattori (ritardi e arretrati dei procedimenti penali, complessità dei casi di corruzione). Inasprire le sanzioni per determinati reati di corruzione non è di per sé una soluzione idonea; per affrontare il problema il GRECO auspica l’adozione di un piano con tempi e opzioni ben definiti.
Italia non riconosce le lobby. In Italia il lobbying, termine con cui si definiscono le attività di gruppi organizzati o dei loro rappresentanti volte ad influenzare le decisioni pubbliche, è un fenomeno estremamente diffuso ma al tempo stesso difficile da conoscere: tutti sanno che esiste, ma continua ad essere difficile, se non impossibile, affermare con precisione chi svolge tali attività, nei confronti di chi, con quali mezzi ed obiettivi.
La mancanza di trasparenza sul processo decisionale e su chi lo influenza, ha portato alla sovrapposizione nell’immaginario collettivo dei concetti di lobbying e di corruzione, quasi fossero sinonimi, e la professione del lobbista viene dipinta come il mero tentativo di alcuni soggetti più influenti e ricchi (case farmaceutiche e banche, solo per citarne alcuni) di aumentare la propria influenza politica. Anche i media, purtroppo, hanno contribuito spesso a promuovere quest’immagine oscura dei lobbisti, associandoli spesso a faccendieri o massoni, o trattando il lobbying sempre in relazione a scandali di corruzione.
Il Report Lobbying e democrazia, pubblicato da Transparency International Italia, mira ad esaminare il fenomeno in Italia per valutare il livello di accesso da parte dei cittadini alle informazioni sui gruppi di pressione (trasparenza), l’adeguatezza degli standard e comportamenti etici dei lobbisti e dei decisori pubblici (integrità) e l’eguaglianza di rappresentanza e partecipazione nel processo decisionale (parità di accesso). I risultati confermano l’assoluta debolezza del settore del lobbying in Italia: il livello di trasparenza si attesta ad uno scarso 11%; un po’ più elevata, ma comunque troppo bassa, è la percentuale di integrità, che raggiunge il 27%; infine la parità nelle opportunità di accesso ai processi decisionali pubblici riceve un punteggio di 22 su 100. Il voto complessivo assegnato al nostro paese è pari a 20 su 100.

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