Periodicamente esplode sulla stampa il problema, purtroppo non ancora risolto, dei farmaci (spesso salvavita) introvabili: sebbene il nostro Paese sia dotato di un sistema sanitario pubblico tra i più avanzati al mondo, può succedere che un cittadino vada in farmacia per acquistare un medicinale essenziale alla cura della propria malattia e torni a casa a mani vuote perché quel farmaco non è disponibile. E qual è la giustificazione a tutto questo? L’esportazione parallela in mercati più redditizi, dove tali farmaci vengono venduti ad un prezzo maggiore. Come se si parlasse di un qualsiasi prodotto commerciale. La questione, invece, è ben più profonda e riguarda la violazione di uno dei diritti fondamentali dell’uomo, sancito dalla nostra Costituzione all’art. 32: il diritto alla salute e alla cura. Le regole del mercato, purtroppo, stanno piegando questi diritti fondamentali: l’esportazione parallela, infatti, è una pratica prevista dalla normativa europea applicata quando il mercato estero offre condizioni di vendita sensibilmente più vantaggiose di quelle presenti sul mercato interno.
Ma così si creano situazioni di emergenza che, in alcuni casi, diventano di dominio pubblico: guardando a casa nostra, di recente è scoppiato il caso di una cittadina di Lecce, affetta da carcinoma mammario, che non è riuscita ad acquistare l’Alkeran (farmaco insostituibile, poiché non ha un corrispondente generico con lo stesso principio attivo). E ci sono stati altri casi ancora più “curiosi” di farmaci introvabili, riapparsi dopo un po’ sul mercato con prezzi fino a 10 volte superiori. È il caso, ad esempio, di alcuni farmaci citostatici della Aspen Pharma (compresse da 2 mg di Leukeran e di Alkeran e da 50 mg di Purinethol): farmaci di classe A che tra febbraio e marzo 2014 risultavano introvabili. Dopo che l’Aifa ne ha rinegoziato il prezzo, i tre medicinali sono tornati in vendita ad un costo notevolmente maggiorato: Leukeran è passato da 7,14 euro a 90,20 a confezione, Alkeran da 5,23 euro a 85,83 a confezione e Purinethol è passato da 15,98 euro a 90,35.
Grazie alla mobilitazione di diverse associazioni dei consumatori e dei malati si è scoperto che attualmente i farmaci difficilmente reperibili su tutto il territorio nazionale sono circa 800, di tutte le tipologie: antibiotici, antiepilettici, antitumorali, antidepressivi, medicinali per l’ipertensione essenziale e per il morbo di Parkinson. Purtroppo molti di questi farmaci sono di fascia A, quindi completamente gratuiti per i pazienti (se fosse possibile trovarli) e senza un’alternativa in commercio.
È chiaro che la vicenda è complessa e che non può
essere risolta a livello nazionale, ma ha bisogno del coinvolgimento dell’Europa: è stato avviato un confronto con tutti gli attori della filiera del mercato farmaceutico affinché si assumano anche loro la responsabilità di questa problematica, impegnandosi ad affrontarla con un’azione congiunta ed efficace, senza scaricarla sulle spalle delle persone malate. Fondamentale è il richiamo alle autorità di regolazione, affinché garantiscano che farmaci essenziali e non sostituibili siano detenuti da grossisti e farmacie in tutto il territorio nazionale.
Alla base di tutto c’è la necessità di affermare, una volta per tutte, che le logiche del mercato non possono oltrepassare un limite fondamentale, che è quello della salute. E poi c’è l’innovazione, che in campo farmaceutico può avere un ruolo molto importante anche nella dinamica dei prezzi: superando gli abusi dei diritti di monopolio e di brevetto, anche i farmaci più innovativi possono avere prezzi competitivi. Bisogna quindi ridiscutere anche il modello di ricerca e sviluppo necessario per l’innovazione in campo medico.

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