La questione dell’accesso ai farmaci si intreccia con l’idea, sollevata a livello europeo, di un prezzo unico per contrastare (almeno in Europa) la disomogeneità dei costi. Eclatante il caso scoppiato di recente del nuovo farmaco anti-epatite C, il Sofosbuvir, venduto dalla società farmaceutica Gilead a prezzi esorbitanti: si parla di cifre che si aggirano tra i 50.000 e i 60.000 euro per 12 settimane di trattamento a paziente.
In Italia, dopo lunghe e serrate contrattazioni fra la Gilead e l’Agenzia italiana del farmaco, il Sofosbuvir è stato reso rimborsabile dallo Stato per alcune tipologie di pazienti HCV-infetti iscritti in lista per trapianto epatico affetti da epatocarcinoma su cirrosi compensata (MELD<15). Sono ancora in corso trattative tra l’Aifa e l’azienda sul costo a carico dello Stato che dovrebbe oscillare tra i 600 e i 700 milioni di euro. La rimborsabilità dovrebbe essere garantita a circa 30mila dei 400mila pazienti affetti dal virus Hcv. Si tratta dei casi più gravi di persone affette da cirrosi epatica, coinfezione con Hiv, carcinoma epatico o in attesa di trapianto del fegato.
Ma quello citato non è un caso isolato: livelli di prezzi così elevati e la conseguente difficoltà di accesso si registrano anche per il Kadcyla®, utilizzato nel trattamento del carcinoma mammario, e per il Nexavar®, utilizzato nel trattamento del cancro del rene e del fegato. E allora da più parti ci si chiede: possiamo immaginare meccanismi di finanziamento e incentivi finanziari che non siano legati a diritti esclusivi e monopoli? È possibile imporre massimali di prezzo per i farmaci così come si è riusciti a fare con le tariffe di roaming? Certo la soluzione del prezzo unico europeo risolverebbe il problema, ponendo fine alla contrattazione da parte delle aziende farmaceutiche che cercano di strappare un costo maggiore nei paesi ad alta prevalenza di pazienti che necessitano di quel determinato farmaco. Ad esempio, nel caso del Sofosbuvir, l’Egitto è riuscito ad ottenere sconti vicini al 90%, vista la scarsa prevalenza di epatite C.
La discussione non è certo delle più semplici e la soluzione non è a portata di mano. In una recente intervista all’Adnkronos Salute il direttore esecutivo dell’Agenzia europea dei medicinali (Ema), Guido Rasi, ha spiegato che “arrivare a un prezzo unico europeo sarebbe bello, ma è un’impresa politica gigantesca, come quella portata avanti in diversi anni per arrivare alla moneta unica”. Un tentativo importante, che è già in atto, è quello di dare all’Ema la possibilità di contribuire alla valutazione del profilo di costo-efficacia di un farmaco, oltre che di quello beneficio-rischio. Attualmente l’Ema non è responsabile delle questioni di prezzo o di rimborso, né prende decisioni sulla disponibilità di determinati medicinali nei Paesi europei. Questi temi vengono gestiti a livello nazionale nei singoli Stati membri, dove gli organi di Health Technology Assessment (analisi delle implicazioni medico-cliniche, sociali ed economiche di un farmaco o di una tecnologia) svolgono le proprie valutazioni sui prodotti che hanno ottenuto un’autorizzazione all’immissione in commercio dall’Ema stessa. Questi organismi emanano raccomandazioni su farmaci e altri strumenti sanitari che possono essere pagati o rimborsati dal sistema sanitario in un determinato Paese. Alcuni organismi di Hta si occupano anche del costo dei farmaci, in conformità con la legislazione nazionale. Se si arrivasse a dare all’Ema funzioni di valutazioni di Health Technology Assessment “si faciliterebbe indirettamente il lavoro che i singoli Stati devono fare per fissare il prezzo di un medicinale”. In questo modo, si innescherebbe un circolo virtuoso, che porterebbe a “considerare i 500 milioni di cittadini europei come un tutt’uno” e, di conseguenza, i prezzi sarebbero molto armonizzati tra loro. Soprattutto per quelle malattie con un’epidemiologia europea omogenea. Pare che su questo punto ci sia un certo consenso e da alcune parti una esplicita richiesta, ma quello che serve è un vero e proprio “atto politico o un’interpretazione diversa dell’attuale legislazione”.

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