Il servizio di auto con conducente tramite “App” si trova al centro di una discussione che sta coinvolgendo tutti i paesi e, tra sentenze a favore e proteste colossali, la partita è ancora aperta. Il nodo da scio gliere è: Uber è una piattaforma tecnologica o offre un servizio di trasporto? La risposta non è semplice poiché in ballo ci sono regole e divieti, ma è eviden te che ostacolare il progresso tecnologico è missione impossibile oltre che controproducente. Mentre gli Stati non sanno che pesci prendere e, probabilmen te, attendono indicazioni da Bruxelles (almeno per quanto riguarda l’UE), i tribunali si sbizzarriscono in svariate sentenze che hanno dato vita all’attuale groviglio giudiziario da cui presto bisognerà uscire. Probabilmente presto sarà la Commissione Europea a mettere fine a questa situazione di limbo legislativo, fissando regole che saranno valide per Uber e (si spera) anche per altri servizi innovativi, come Airbnb, che si stanno diffondendo nel settore della ricettività. Il punto è: se sono nati questi servizi vuol dire che c’è spazio per un’offerta nuova e più competitiva. A tutto vantaggio dei consumatori. Eppure, a causa della forza della categoria dei tassisti o della mancanza di coraggio di alcuni paesi, l’App ha già subito diversi divieti. Attualmente negli Stati Uniti Uber è legale in 47 Stati su 50, mentre in Europa il servizio è ufficialmente disponibile in poche città: la capitale più “uberizzata” è Londra, mentre a Berlino, Parigi, Madrid e Roma il servizio sta incontrando forti resistenze.

Di recente l’Alta corte di Londra ha stabilito che Uber non viola la legge inglese poiché l’applicazione usata per chiamare un’auto con conducente privato non funziona come un tassametro, riservato ai soli taxi ufficiali. In Germania, Uber è stato vietato nei principali Land, da Berlino ad Amburgo. A Francoforte, a settembre 2014 i tassisti locali sono riusciti a ottenere dal tribunale il bando di Uber a livello nazionale. In Francia c’è stata una situazione paradossale che vedeva i giudici a favore di Uber e il governo contrario. A luglio Uber ha sospeso l’applicazione su tutto il territorio francese dopo giorni di violente proteste da parte dei tassisti regolari e alla fine la Corte Costituzionale ha confermato il divieto sul territorio nazionale di uti lizzare UberPop. In Spagna Uber ha sospeso il servizio in attesa di una legge, che dovrebbe essere favorevole.

In Italia hanno preso una posizione di apertura verso Uber sia l’Antitrust che l’Autorità dei trasporti. L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, rispondendo a un quesito del Ministero dell’Interno su richiesta del Consiglio di Stato, ha sollecitato un intervento del legislatore verso una regolamentazione, meno invasiva possibile, di Uber e delle App digitali nel trasporto urbano che stanno portando nuovi protagonisti, nuovi autisti, nuove forme di mobilità ma anche numerosi ambiti di scontro, legati all’assenza di una legislazione specifica. L’auspicio è “che il legislatore intervenga con la massima sollecitudine al fine di regolamentare – nel modo meno invasivo possibile – queste nuove forme di trasporto non di linea, in modo da consentire un ampliamento delle modalità di offerta del servizio a vantaggio del consumatore”. Le regole dovrebbero garantire la concorrenza, la si curezza stradale e l’incolumità dei passeggeri, definendo un “terzo genere” di autisti oltre a quelli dei taxi e degli Ncc. L’Antitrust sottolinea i benefici con correnziali derivanti da una generale affermazione delle nuove piattaforme di comunicazione fra domanda e offerta di servizi di mobilità non di linea.  Questi strumenti, inoltre, consentono una maggiore facilità di fruizione del servizio di mobilità, una migliore copertura di una domanda spesso insoddisfatta, una conseguente riduzione dei costi per l’utenza, e disincentivando l’uso del mezzo privato, un decongestionamento del traffico urbano.

Rispetto ai servizi UberBlack e UberVan che si diffe renziano tra loro per la diversa tipologia di veicoli utilizzati – le berline fino a 4 posti il primo e i mini-bus o monovolume da 5 posti in su l’altro – l’Antitrust ribadisce “la legittimità, in assenza di alcuna disciplina normativa, della piattaforma, trattandosi di servizi di trasporto privato non di linea, come riconosciuto an che dal Consiglio di Stato”. La stessa Autorità giudica “di fatto inapplicabili” gli obblighi stabiliti dalla legge vigente  (n.21/92), ritenendo che “una piattaforma digitale che mette in collegamento tramite smartphone la domanda e l’offerta di servizi prestati da operatori Ncc non può infatti per definizione rispettare una norma che impone agli autisti l’acquisizione del servizio dalla rimessa e il ritorno in rimessa a fine viaggio”.

Per quanto riguarda invece UberPop, svolto da autisti non professionisti, l’Antitrust “auspica l’adozione di una regolamentazione minima di questo tipo di ser vizi, alla luce dell’esigenza di contemperare interessi meritevoli di tutela: concorrenza, sicurezza stradale e incolumità dei passeggeri, anche definendo un “terzo genere” di fornitori di servizi di mobilità non di linea (in aggiunta ai taxi ed agli NCC), ovvero piattaforme on line che connettono i passeggeri con autisti non professionisti”.

Sulla stessa linea la posizione espressa dal presidente dell’Autorità di Regolazione dei Trasporti Andrea Camanzi nella sua Relazione annuale presentata a luglio: nel settore taxi, NCC e piattaforme di servizi tec nologici per la mobilità servono riforme legislative, non aule di tribunale. “Auspichiamo che il legislatore si faccia quanto prima carico delle necessarie riforme nel convincimento che problemi di policy come questo non possano essere risolti nelle aule di tribunale”.

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