Si sono fatti grandi passi avanti verso la creazione di un'unione bancaria europea. Al centro c'è il nuovo sistema di supervisione che, a partire da settembre 2014, dovrebbe dare alla Banca Centrale Europea i poteri di controllare oltre 150 fra le più grandi banche europee. Nel mese di aprile si è raggiunto l'accordo con gli Stati membri e il 12 settembre scorso il sistema di supervisione è stato approvato dal Parlamento Europeo in procedura di codecisione. Gli eurodeputati e hanno negoziato misure per garantire che il supervisore sia democraticamente responsabile e trasparente, trasferendo notevoli poteri di vigilanza bancaria dal livello nazionale a quello comunitario: l'Autorità bancaria europea sarà un organo trasparente dal momento che nascerà da una branca della Banca Centrale Europea, ma sarà totalmente scollegata dalle funzioni di politica monetaria. Avrà il compito di sviluppare pratiche di vigilanza che le autorità di vigilanza bancaria nazionali dovrebbero poi rispettare. L'autorità di vigilanza dovrà attenersi alle regole di un "single rulebook" che verranno stilate da EBA (Autorità Bancaria Europea), ESMA (Autorità Europea degli strumenti finanziari e dei mercati) e EIOPA (Autorità Europea delle assicurazioni e delle pensioni).
Il sistema, che sarà obbligatorio per tutti i paesi della zona euro, sarà aperto anche a tutti gli altri paesi dell'Unione Europea che potranno parteciparvi alla pari dei primi. Il Parlamento Europeo avrà ampio accesso ad una serie di informazioni, attraverso la ricezione di un rapporto completo delle riunioni del Comitato di Supervisione, incluso un elenco commentato delle decisioni assunte. I deputati europei potranno inoltre investigare su possibili errori da parte del supervisore e porre domande dirette all''autorità di vigilanza per iscritto e ricevere rapidamente una risposta.
Uno pilastri di questo sistema sarà il meccanismo unico di risoluzione delle crisi che stabilisce quando e come una banca in difficoltà debba fare default, e affida alla Commissione Europea il potere di decidere quando far scattare il "fallimento". Nel caso in cui una banca soggetta alla vigilanza dovesse trovarsi in gravi difficoltà, il meccanismo unico di risoluzione delle crisi permetterebbe di gestire la sua crisi in modo efficiente, riducendo al minimo i costi per i contribuenti e l'economia reale. Dopo l'accordo raggiunto dal Consiglio dei ministri delle Finanze dell'UE il 27 giugno scorso, sono iniziati i negoziati tra Consiglio e Parlamento europeo per l'ok definitivo. Ecco come dovrebbe funzionare il meccanismo unico di risoluzione delle crisi:

  • La BCE individua le banche della zona euro, o quelle stabilite in uno Stato membro che partecipa all'unione bancaria, che versano in gravi difficoltà finanziarie e per le quali è necessaria una misura di risoluzione della crisi.
  • Un Comitato unico di risoluzione delle crisi composto da rappresentanti della BCE, della Commissione europea e delle autorità nazionali pertinenti, prepara la risoluzione della crisi della banca, attraverso ampi poteri di analisi e definizione del metodo di risoluzione, strumenti da utilizzare e modalità di coinvolgimento del Fondo europeo di risoluzione.
  • In base alla raccomandazione del Comitato, o di propria iniziativa, la Commissione decide se e quando avviare la risoluzione della crisi di una banca e definisce un quadro per l'uso degli strumenti di risoluzione della crisi e del Fondo. Sotto la vigilanza del Comitato, le autorità nazionali di risoluzione delle crisi attuano il piano di risoluzione.
  • Il Comitato monitora l'attuazione da parte delle autorità nazionali di risoluzione delle crisi; nel caso in cui un'autorità nazionale non si conformi alla sua decisione, il Comitato potrebbe applicare direttamente provvedimenti esecutivi alle banche in difficoltà.
  • Dovrebbe essere creato un Fondo unico di risoluzione delle crisi bancarie, posto sotto il controllo del Meccanismo unico di risoluzione delle crisi, che garantirebbe la disponibilità di finanziamenti a medio termine durante la ristrutturazione della banca. Il Fondo sarebbe alimentato da contributi del settore bancario, sostituendo i fondi nazionali di risoluzione delle crisi bancarie degli Stati membri della zona euro e degli Stati membri che partecipano all'unione bancaria istituiti dal progetto di direttiva relativa al risanamento e alla risoluzione delle crisi nel settore bancario.

Secondo il Presidente della Commissione José Manuel Barroso "ci sono ormai di tutti gli elementi necessari per istituire un'unione bancaria che permetta di consolidare le basi del settore, ripristinare la fiducia e ovviare alla frammentazione dei mercati finanziari". "Non possiamo eliminare i rischi di fallimenti bancari ma, grazie al meccanismo unico di risoluzione delle crisi e al Fondo unico di risoluzione delle crisi, in futuro l'onere delle perdite dovrebbe ricadere sulle banche, e non sui contribuenti europei".

Michel Barnier, Commissario per il Mercato interno e i servizi, ha dichiarato: "L'esperienza insegna che le crisi bancarie possono dilagare rapidamente al di là dei confini, innescando una spirale di sfiducia in tutta la zona euro, e che il crollo di una grande banca transfrontaliera può creare una situazione complessa e fonte di confusione. Abbiamo bisogno di un sistema che possa prendere decisioni in modo rapido ed efficiente, che non faccia sorgere dubbi circa l'incidenza sulle finanze pubbliche e le cui regole siano fonte di certezza sul mercato. Questo è il senso della proposta sul Meccanismo unico di risoluzione delle crisi: garantendo che la vigilanza e la risoluzione delle crisi siano allineate a livello centrale, con il coinvolgimento di tutti i soggetti nazionali pertinenti, e sostenute da adeguate modalità di finanziamento della risoluzione delle crisi, il Meccanismo consentirà di gestire le crisi bancarie in modo più efficiente nell'Unione bancaria e contribuirà a spezzare il legame tra crisi del debito sovrano e banche in difficoltà".

Ad aprile 2013 è stato raggiunto l'accordo definitivo sul riesame della direttiva sui requisiti patrimoniali, Basilea 3. Con l'espressione Basilea 3 si indica un insieme di provvedimenti approvati dal Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria dopo la crisi finanziaria del 2007-2008 con l'intento di perfezionare la preesistente regolamentazione prudenziale del settore bancario, l'efficacia dell'azione di vigilanza e la capacità degli intermediari di gestire i rischi che assumono. Le regole di Basilea sono state disegnate per stabilizzare il mondo finanziario, imponendo ai suoi protagonisti delle corrette pratiche in termini di capitalizzazione, di gestione del rischio e di liquidità, condizionano fortemente i loro impieghi verso l'economia reale e quindi anche aziende e cittadini. Alle banche Basilea 3 chiede garanzie su capitale e liquidità.
Vengono imposte delle soglie minime di capitale per evitare che shock finanziari mettano le banche in ginocchio (riflettendosi sull'intero sistema). Il common equity, ossia le azioni ordinarie più le riserve dunque la componente di massima qualità del patrimonio di una banca, deve essere pari ad almeno il 4,5% degli attivi ponderati per il rischio, ossia dei prestiti effettuati per un coefficiente che cambia a seconda della loro rischiosità. Un prestito a un'impresa è, infatti, in genere più rischioso di un prestito a uno Stato o a una famiglia. Lo scopo della regola è quello di fare in modo che, se alcuni prestiti della banca cadono in sofferenza o non vengono restituiti, l'istituto abbia del capitale sempre libero per far fronte alle perdite. A questa quota del 4,5% si aggiunge una quota del 2,5%, il cosiddetto cuscinetto di protezione (ne è previsto ancora un altro cuscinetto dello 0-2,5% del capitale).

C'è poi la parte sulla liquidità. Il nuovo quadro normativo prevede un liquidity coverage ratio (LCR) capace di coprire la liquidità della banca per 30 giorni, affinché l'istituto risulti più solido. Al fine di garantire un adeguato flusso di credito alle PMI nel difficile contesto economico attuale, le nuove regole introdurranno una riduzione dei requisiti patrimoniali per le esposizioni delle banche verso le PMI mediante l'applicazione di un fattore di sostegno dello 0,76. Ciò fornirà agli enti creditizi un incentivo adeguato ad aumentare la disponibilità di credito per le PMI. Le nuove regole comunque avranno un'applicazione graduale (entreranno in vigore il 1° gennaio 2014) fino al 2019 con l'obiettivo di mitigarne gli effetti sull'economia reale. Le conseguenze di queste regole, che spaziano anche alla gestione interna del rischio, a norme sulla separazione tra trading proprietario e attività di banca commerciale, alla catalogazione dei veicoli fuori bilancio, possono essere molto forti. Ad esempio un'applicazione soft potrebbe andare a sfavore delle banche italiane e degli istituti che si sono di recente rafforzati contro situazioni avverse nei mercati, mentre banche "meno virtuose" potrebbero trarne un vantaggio competitivo. Ci sono questioni ancora aperte a livello internazionale: la definizione delle discrezionalità nazionali; la necessità di standard tecnici e regolamentari che assicurino un piano di gioco livellato; l'individuazione dei tempi di implementazione lasciati alle banche dopo l'approvazione definitiva del pacchetto e la sua contestualizzazione nel più ampio obiettivo dell'Unione Bancaria.

 

L'11 gennaio 2013 l'EBA e l'ESMA hanno formulato una serie di raccomandazioni per affrontare le attuali carenze e insufficienze individuate nel processo di definizione del tasso Euribor. La definizione dell'Euribor, secondo le autorità, non è abbastanza chiara in quanto basata su termini ambigui.

I tassi che vengono quotati non sono sufficientemente valutati sulla base dell'evidenza proveniente dalle transazioni reali. I parametri dell'Euribor dovrebbero riferirsi alle transazioni maggiori di sottostante e i tassi dovrebbero scalare dagli attuali 15 (1-3 settimane e 1-12 mesi) a non più di 7 (1 e 2 settimane, 1, 3, 6, 9 e 12 mesi).

Le due istituzioni europee hanno proposto una rivisitazione della gestione e dell'amministrazione e avanzano alcune chiare raccomandazioni all' Euribor- European Banking Federation (EEBF) per migliorarne la governance e la trasparenza nel processo di fissazione del rating.

Dieci le raccomandazioni indicate delle 2 autorità:

  1. Miglioramento della governance e aumento d'indipendenza del comitato direttivo dell'Euribor dal settore bancario, da attuarsi tramite la diversificazione dei suoi membri;
  2. Il Comitato direttivo dovrà tenere riunioni più regolari e pubblicare prontamente il verbale;
  3. I riferimenti per l'Euribor dovranno concentrarsi sulle scadenze più usate e con il più alto volume annesso alle operazioni sottostanti. Questo porterà a una riduzione del numero di Euribor fissati, dagli attuali 15 (1-3 settimane e 1-12 mesi) a non più di 7 (1 e 2 settimane, 1, 3, 6, 9 e 12 mesi);
  4. La definizione di Euribor dovrà essere più chiara, ossia andranno definit dire le definizioni di dettaglio banca principale e di transazioni interbancarie;
  5. EEBF dovrà assumersi la responsabilità per la qualità dei dati che verranno forniti dalle banche del gruppo e, successivamente, raccolti, calcolati e distribuiti;
  6. Il governo EEBF e il codice di condotta dovrà essere migliorato e rafforzato, in particolare per quanto riguarda l'identificazione e la gestione dei conflitti di interesse;
  7. EEBF dovrà eseguire audit interni cui seguirà un audit esterno con la comunicazione al pubblico dei risultati;
  8. EEBF dovrà definire chiaramente le sue aspettative minime per quanto riguarda le procedure interne e dei controlli oggetto di applicazione da parte dell'agente di calcolo;
  9. L'agente di calcolo deve avere un proprio codice di condotta relativo al tasso di riferimento di impostazione, eseguire audit interni ed essere oggetto di una revisione annuale EEBF;
  10. Sia EEBF sia l'agente di calcolo dovranno tenere registrazione completa di tutte le richieste.
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